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ITALIA

Processo bis in Corte d'Assise

Processo Cucchi, pm: "I Carabinieri avevano una relazione pre-autopsia tenuta segreta"

l pm Giovanni Musarò nel corso dell'udienza ai cinque carabinieri imputati a Roma chiede che vengano revocate dal processo attuale le testimonianze dei vecchi periti

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"Il 30 ottobre 2009 era stata fatta una relazione preliminare sui primi risultati dell'autopsia di Cucchi tenuta segreta ma di cui il Comando Provinciale e il Gruppo Roma sapevano". Lo ha detto il pm Giovanni Musarò nel corso del processo sulla morte di Stefano Cucchi. In quel documento preliminare si sottolineava che "la lesività delle ferite allo stato non consentiva di accertare con esattezza le cause della morte". 

La data della relazione indica che si tratterebbe di un documento precedente all'esame medico legale chiesto dalla procura dopo la morte del giovane. Il pm Giovanni Musarò nel corso dell'udienza ai cinque carabinieri imputati a Roma chiede che vengano revocate dal processo attuale le testimonianze dei vecchi periti.

La prima consulenza medico legale su Stefano Cucchi "è stata farlocca, le testimonianze di consulenti e periti dell'altro processo introdurrebbero un vizio nel processo attuale", sottolinea Musarò.

"Il precedente processo è stato giocato con un mazzo di carte truccate, ora il mazzo è nuovo", ma la credibilità di quei testi "è irreparabilmente inficiata", sottolinea l'accusa.

"Se il medico nel 2009 non poteva sapere il motivo della morte di Cucchi, allora come è possibile che i carabinieri già lo sapessero?" ha sottolineato Musarò in aula.

"Non so dirvi per quale ragione la predetta relazione preliminare non fu messa a disposizione delle altre parti fin dall'inizio delle operazioni", ha detto il dottor Dino Mario Tancredi nel corso della sua audizione come persona informata sui fatti in relazione all'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. La deposizione risale allo scorso 6 marzo come si desume dal verbale.

Tancredi ha anche spiegato che "la relazione preliminare contiene un parere preliminare che è del tutto orientativo perché è poi necessario compiere gli approfondimenti e le valutazioni del caso. Per questo il pubblico ministero ci concesse 60 giorni".

In merito alla relazione definitiva del 2010, Tancredi ha aggiunto che "per pervenire a delle conclusioni io successivamente fui affiancato da una serie di specialisti. Scrivere la relazione in 5 mesi non fu facile perché c'erano tantissimi aspetti da valutare e una enorme mole di documenti. Le operazioni per la consulenza collegiale iniziarono il 9 novembre 2009".

"Circa la causa della morte, allo stato degli atti essa appare riconducibile ad insufficienza cardiocircolatoria acuta, mentre la definizione dei mezzi produttori della medesima necessita di ancor più approfondito esame", si legge nelle conclusioni della relazione medico legale preliminare depositata in Procura il 30 ottobre del 2009 sulla salma di Stefano Cucchi dal medico Mario Tancredi e depositata oggi nell'ambito del processo bis.

Periti: plausibile cura avrebbe potuto evitare la morte
La nuova perizia affidata dalla seconda Corte d'assise d'appello di Roma non rintraccia nella malnutrizione la causa del decesso ma sposa l'ipotesi che una cura adeguata avrebbe potuto salvarlo. La nuova perizia rigetta di fatto le conclusioni del precedente esame che aveva sancito che Cucchi morì di fatto di fame (inanizione). Per i nuovi periti la causa del "decesso fu una morte cardiaca su base aritmica". Tuttavia osservano i periti "l'ipotesi che una diversa 'cura' (alimentazione adeguata, monitoraggio cardiaco), in particolare se messa in atto fin dai primi giorni di ricovero, avrebbe potuto evitare il decesso, impendendo il verificarsi dell'arresto cardiaco, è ipotesi plausibile e supportata dai dati scientifici disponibili".

I periti Anna Aprile e Alois Saller sottolineano che "Cucchi all'atto del ricovero era in condizioni di nutrizione molto scadenti che lo rendevano predisposto a sviluppare eventi aritmici fatali" ma tali condizioni "non erano tali da richiedere il ricovero in reparto di terapia intensiva". In ogni caso evidenziano che i medici sottovalutarono "due indicatori di criticità che non sono stati adeguatamente valutati". Inoltre i periti si soffermano sull'analisi dei dati necroscopici notando che si esclude "la sussistenza di lesività traumatiche intrinsecamente idonee a causare la morte". Tale giudizio, conforme a quello formulato dai periti di primo grado e dai consulenti tecnici del PM, si fonda sulla valutazione delle caratteristiche morfologiche delle lesioni e della frattura ossea recente localizzata all'osso sacrale che vengono giudicate prive di "idoneità letifera", ovvero mortali.
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