ITALIA
8 marzo. Donne e lavoro: storie di passione e tenacia
In occasione della Festa delle donne, Rainews ha dato voce alle donne che lavorano. Con passione, dedizione e grande determinazione. Ma il "gender gap", come attesta l'ultima ricerca del World Economic Forum, c'è ancora. E l'8 marzo le donne hanno indetto uno sciopero simbolico dal lavoro
Valeria Cento, "lasci il segno". Eppure le giovani ricercatrici lavorano con passione e assiduità a fronte di assegni di ricerca rinnovati di anno in anno, e con la consapevolezza di quanto sia difficile, per non dire impossibile, intraprendere la carriera universitaria. A spingerle è l'amore per il loro lavoro.
Oggi le donne sono presenti in tutti i settori lavorativi, ma scontano ancora un gap di genere per quanto riguarda stipendi e soprattutto possibilità di carriera. Perchè conciliare il tempo del lavoro con quello della famiglia e dei figli resta un nodo, in una società in cui i servizi per le madri lavoratrici sono carenti, e in un contesto culturale che vede ancora le donne relegate nel ruolo tradizionale di madri e figlie. Uno stereotipo che viene ancora insegnato fin dai primi anni. I genitori italiani secondo un'analisi Ocse preferiscono inidirizzare i figli maschi verso percorsi universitari tecnico-matematici (cosiddetti Stem) piuttosto che le figlie, se pur dotate in quei campi. Ed è una caratteristica tutta femminile dare il massimo in tutti gli ambiti che la società e la cultura assegnano alle donne, nel posto di lavoro e tra le mura domestiche. Un'ansia da perfezione, come la definisce una delle nostre intervistate, Lisa Bueti di Legambiente, che consiglia di non stressarsi ma di accettare di fare bene una cosa per volta.
Rainews quest'anno ha scelto di raccontare le donne nel loro posto di lavoro. Per tutte l'impegno, la passione, la determinazione sono la chiave per realizzare i propri sogni. Quella che le porta anche a reinventarsi una professione, come l'avvocata Maria Luisa Spina che decide di dedicarsi alla creazione delle borse, o la farmacista Maria Luisa Rocchi che ormai si dedica alle composizioni floreali. Pronte a sfidare gli uomini in settori tradizionalmente loro, come l'enocoltura, lo sviluppo software. Donne che si interrogano sui loro ruoli di manager familiari e di madri, ben consapevoli che proprio la loro differenza di genere le rende capaci di vestire contemporaneamente i panni della lavoratrice efficentissima e della madre attenta e amorevole.
Cosa dicono le ricerche
Oggi le donne hanno fatto grandi passi avanti in molti settori. In media nei Paesi Ocse il 48 per cento delle giovani adulte tra in 25 e i 35 anni ha un titolo di studio superiore ai coetanei maschi. Dal 1980 ad oggi la media delle lavoratrici è aumentata dal 39 al 45 per cento. Eppure in tutto il mondo il genere ha ancora un'influenza in ambito lavorativo, a favore dell'uomo. Pensate che in America le selezioni per i direttori d'orchestra vengono fatte al buio, per non riconoscere il sesso del candidato.
Secondo una recente ricerca del World Economic Forum la parità nelle opportunità economiche non è stata raggiunta in nessun Paese. La Norvegia è l'unico Paese europeo vicino al gender balanced zone, grazie a una legge che ha imposto una quota del 40 per cento di rappresentanza di ciascun genere per le società quotate. In Italia dal 2006 ad oggi il tasso di occupazione femminile è aumentato del 2 per cento, un terzo della media europea. Situazione che peggiora al Sud, dove solo il 31 per cento delle donne ha un'occupazione, a fronte di un tasso di fecondità inferiore alla media dei paesi sviluppati, a significare forse che il lavoro favorisce la natalità. Ma una donna su quattro lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio: una scelta a volte coatta, perché le aziende lasciano a casa le lavoratrici divise tra famiglia e occupazione. Secondo uno studio della Kpmg nel mondo ci sarebbero quasi 100 milioni di donne qualificate, molte ex manager, che hanno lasciato il lavoro per la famiglia e che potrebbero a un certo punto fare il percorso di ritorno, superata la fase dei figli piccoli.
Sempre il Report del WEF, racconta che le donne lavorano 50 minuti più degli uomini ogni giorno, ma guadagnano meno. E se nel nostro Paese la legge sulle cosiddette quote rosa del 2011 ha portato senza dubbio dei risultati, tanto che la presenza femminile nei cda è passata dal 5 al 27 per cento, la strada verso la parità e il cambiamento è ancora molto lenta.
L'8 marzo in piazza
Eppure quest'anno non è il lavoro a spingere le donne a manifestare, o almeno non soltanto i temi delle pari opportunità. Lo sciopero indetto per l'8 marzo le porta in piazza per dire no al femminicidio. La battaglia di associazioni come Non una di meno, che prende il nome dalle proteste in Argentina dopo l'omicidio di Lucia Perez, fa intravedere una fase nuova del femminismo. Qualche giorno fa docenti universitarie, intellettuali ed attiviste, hanno firmato un appello sul Guardian in cui auspicano un "nuovo e più ampio movimento femminista". Perché la violenza contro le donne ha molte facce: violenza domestica ma anche "del mercato, del debito, dello stato e dei rapporti capitalistici di proprietà; la violenza di politiche che discriminano le lesbiche", quella contro i migranti "la violenza istituzionale contro i corpi delle donne attraverso il divieto di aborto e il mancato accesso a cure sanitarie e interruzioni di gravidanza gratuite".
di Alessandra Solarino
Poche settimane fa 17 giovani ricercatori, tutti sotto i 40 anni, sono stati premiati dall'assise internazionale sulle infezioni di Seattle. In due minuti hanno illustrato i risultati di anni di ricerca sui virus. Ad ascoltarli la premio Nobel Francoise Barrè-Sinoussi, a cui si deve la scoperta del virus dell'Hiv, che li ha incoraggiati ad andare avanti. Su 17 premiati 11 sono donne. Perché "se vali e non ti arrendi" come ci ha detto una delle premiate,
Oggi le donne sono presenti in tutti i settori lavorativi, ma scontano ancora un gap di genere per quanto riguarda stipendi e soprattutto possibilità di carriera. Perchè conciliare il tempo del lavoro con quello della famiglia e dei figli resta un nodo, in una società in cui i servizi per le madri lavoratrici sono carenti, e in un contesto culturale che vede ancora le donne relegate nel ruolo tradizionale di madri e figlie. Uno stereotipo che viene ancora insegnato fin dai primi anni. I genitori italiani secondo un'analisi Ocse preferiscono inidirizzare i figli maschi verso percorsi universitari tecnico-matematici (cosiddetti Stem) piuttosto che le figlie, se pur dotate in quei campi. Ed è una caratteristica tutta femminile dare il massimo in tutti gli ambiti che la società e la cultura assegnano alle donne, nel posto di lavoro e tra le mura domestiche. Un'ansia da perfezione, come la definisce una delle nostre intervistate, Lisa Bueti di Legambiente, che consiglia di non stressarsi ma di accettare di fare bene una cosa per volta.
Rainews quest'anno ha scelto di raccontare le donne nel loro posto di lavoro. Per tutte l'impegno, la passione, la determinazione sono la chiave per realizzare i propri sogni. Quella che le porta anche a reinventarsi una professione, come l'avvocata Maria Luisa Spina che decide di dedicarsi alla creazione delle borse, o la farmacista Maria Luisa Rocchi che ormai si dedica alle composizioni floreali. Pronte a sfidare gli uomini in settori tradizionalmente loro, come l'enocoltura, lo sviluppo software. Donne che si interrogano sui loro ruoli di manager familiari e di madri, ben consapevoli che proprio la loro differenza di genere le rende capaci di vestire contemporaneamente i panni della lavoratrice efficentissima e della madre attenta e amorevole.
Cosa dicono le ricerche
Oggi le donne hanno fatto grandi passi avanti in molti settori. In media nei Paesi Ocse il 48 per cento delle giovani adulte tra in 25 e i 35 anni ha un titolo di studio superiore ai coetanei maschi. Dal 1980 ad oggi la media delle lavoratrici è aumentata dal 39 al 45 per cento. Eppure in tutto il mondo il genere ha ancora un'influenza in ambito lavorativo, a favore dell'uomo. Pensate che in America le selezioni per i direttori d'orchestra vengono fatte al buio, per non riconoscere il sesso del candidato.
Secondo una recente ricerca del World Economic Forum la parità nelle opportunità economiche non è stata raggiunta in nessun Paese. La Norvegia è l'unico Paese europeo vicino al gender balanced zone, grazie a una legge che ha imposto una quota del 40 per cento di rappresentanza di ciascun genere per le società quotate. In Italia dal 2006 ad oggi il tasso di occupazione femminile è aumentato del 2 per cento, un terzo della media europea. Situazione che peggiora al Sud, dove solo il 31 per cento delle donne ha un'occupazione, a fronte di un tasso di fecondità inferiore alla media dei paesi sviluppati, a significare forse che il lavoro favorisce la natalità. Ma una donna su quattro lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio: una scelta a volte coatta, perché le aziende lasciano a casa le lavoratrici divise tra famiglia e occupazione. Secondo uno studio della Kpmg nel mondo ci sarebbero quasi 100 milioni di donne qualificate, molte ex manager, che hanno lasciato il lavoro per la famiglia e che potrebbero a un certo punto fare il percorso di ritorno, superata la fase dei figli piccoli.
Sempre il Report del WEF, racconta che le donne lavorano 50 minuti più degli uomini ogni giorno, ma guadagnano meno. E se nel nostro Paese la legge sulle cosiddette quote rosa del 2011 ha portato senza dubbio dei risultati, tanto che la presenza femminile nei cda è passata dal 5 al 27 per cento, la strada verso la parità e il cambiamento è ancora molto lenta.
L'8 marzo in piazza
Eppure quest'anno non è il lavoro a spingere le donne a manifestare, o almeno non soltanto i temi delle pari opportunità. Lo sciopero indetto per l'8 marzo le porta in piazza per dire no al femminicidio. La battaglia di associazioni come Non una di meno, che prende il nome dalle proteste in Argentina dopo l'omicidio di Lucia Perez, fa intravedere una fase nuova del femminismo. Qualche giorno fa docenti universitarie, intellettuali ed attiviste, hanno firmato un appello sul Guardian in cui auspicano un "nuovo e più ampio movimento femminista". Perché la violenza contro le donne ha molte facce: violenza domestica ma anche "del mercato, del debito, dello stato e dei rapporti capitalistici di proprietà; la violenza di politiche che discriminano le lesbiche", quella contro i migranti "la violenza istituzionale contro i corpi delle donne attraverso il divieto di aborto e il mancato accesso a cure sanitarie e interruzioni di gravidanza gratuite".