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ITALIA

"Grossi pezzi dello Stato implicati, basta omertà"

Borsellino, tre poliziotti rinviati a giudizio. La figlia del magistrato: "Chi sa la verità parli"

Sono accusati di calunnia in concorso con l'aggravante di aver agevolato con la loro condotta Cosa nostra. Secondo la procura nissena, avrebbero manovrato le dichiarazioni rese dal falso pentito Vincenzo Scarantino, costringendolo a fare nomi e cognomi di persone innocenti in merito all'attentato in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta

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Sono stati rinviati a giudizio i tre poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei accusati di aver depistato le indagini sulla strage di via d'Amelio. La prima udienza del processo, davanti al tribunale collegiale, è stata fissata per il 5 novembre. Lo ha deciso il Gup di Caltanissetta Graziella Luparello che ha accolto la richiesta avanzata dal procuratore Amedeo Bertone e dal Pm Stefano Luciani.

I tre imputati sono accusati di calunnia in concorso con l'aggravante di aver agevolato con la loro condotta Cosa nostra. I tre - secondo la procura nissena - avrebbero manovrato le dichiarazioni rese dal falso pentito Vincenzo Scarantino, costringendolo a fare nomi e cognomi di persone innocenti in merito all'attentato in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.

I tre poliziotti facevano parte del pool investigativo che indagò sulle stragi mafiose del '92 di via D'Amelio e di Capaci. Il pool era coordinato da Arnaldo La Barbera (morto nel 2002). Gli investigatori, secondo l'accusa, avrebbero costruito a tavolino  "falsi pentiti" come Vincenzo Scarantino e, anche con minacce,  li avrebbero indotti a mentire e a incolpare dell'eccidio persone innocenti. Da qui l'accusa per tutti e tre di calunnia in concorso coi finiti collaboratori di giustizia ai danni di chi venne tirato in ballo ingiustamente nell'indagine. In sette vennero condannati all'ergastolo sulla base delle
dichiarazioni dei pentiti creati a tavolino dal pool di inquirenti. Solo le nuove indagini aperte dalla Procura di
Caltanissetta grazie alla collaborazione del boss Gaspare Spatuzza hanno consentito di riscrivere il capitolo della fase
esecutiva dell'attentato inquinato dalle false ricostruzioni. I sette condannati sono stati assolti nel giudizio di revisione e
oggi, come parti offese della calunnia, sono parte civile nel procedimento ai tre investigatori. Ai poliziotti la Procura di
Caltanissetta - le indagini sono state coordinate dal pm Stefano Luciani - ha contestato anche l';aggravante dell'avere favorito Cosa nostra. Il depistaggio dell'inchiesta avrebbe di fatto consentito a esponenti mafiosi realmente implicati
nell'attentato di restare fuori dall'indagine e avrebbe rafforzato l'intera organizzazione criminale. Il gip ha fissato la data del processo ai tre poliziotti che si troveranno davanti al tribunale il 5 novembre.

La figlia del magistrato: chi sa la verità parli 
"La verità si saprà soltanto se chi sa parlerà e uscirà dall'omertà". Così Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso in via D'Amelio ha commentato la decisione del gip di Caltanissetta di rinviare a giudizio per calunnia aggravata i tre poliziotti implicati nel depistaggio delle indagini sull'attentato al padre. Fiammetta Borsellino e i suoi due fratelli si sono costituiti parte civile nell'udienza preliminare appena conclusa.

Grossi pezzi dello Stato implicati, basta omertà
 "La verità verrà fuori solo se loro parlano e rompono questo muro di omertà. Questo è un inizio, nella consapevolezza che ci sono grossi pezzi dello Stato implicati in questa vicenda. Lo stesso Pm Stefano Luciani lo ha ribadito, scandalizzato, chiedendosi come queste persone ricoprano ancora incarichi e non siano state sospese dal servizio. Gli illeciti sono evidenti", ha detto Fiammetta Borsellino. "Come è possibile che i magistrati non si siano accorti - ha concluso  - di quello che stava accadendo?". 

I pm non videro 'falsa verità "
"Le tesi investigative proposte sono state accettate da schiere di magistrati, sia giudicanti che inquirenti. Questi ultimi, peraltro, avendo il coordinamento delle indagini, avrebbero dovuto coordinare e controllare il lavoro delle forze dell'ordine. Non si capisce come mai non si siano accorti di nulla". La figlia del giudice Borsellino si riferisce ai magistrati che presero per buona la ricostruzione dell'eccidiio poi rivelatasi falsa e costata la condanna di sette innocenti.
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