ITALIA
Bolzano
Crisi Made in Italy: protesta della Coldiretti sull'autostrada del Brennero
L'organizzazione degli imprenditori agricoli lamenta la chiusura di oltre 172.mila stalle e fattorie dall'inizio della crisi a oggi, con la perdita del lavoro per centinaia di agricoltori e l'immissione dall'estero di prodotti spacciati per italiani. "Così si mette a rischio la sicurezza dei consumatori e la tutela dell'ambiente, serve un cambio di rotta delle poltiche europee", affermano i manifestanti.
Roma
La Coldiretti lancia un grido d'allarme per richiamare l'attenzione sulla crisi economica che sta fiaccando pesantemente la produzione agricola e ortofrutticola nostrana. Mentre a Bruxelles i giovani dell’organizzazione si sono attivati per chiedere un’inversione di rotta delle politiche europee sul mercato agroalimentare, in provincia di Bolzano è in corso un presidio nell’area di parcheggio Brennero, per protestare contro l’immissione nel nostro Paese di prodotti spacciati per italiani, ma che in realtà non lo sono.
Sulla carreggiata sud dell’A22 migliaia di agricoltori, giunti da più parti del Paese, stanno bloccando il traffico "per fermare i traffici di una Europa che chiude le frontiere ai profughi e le spalanca alle schifezze alimentari”, spiegano gli organizzatori. Infatti i manifestanti stanno letteralmente fermando camion e tir per controllare che non vi siano merci trasportate e “smascherare il finto made in Italy”.
Il presidio è l’occasione per presentare un dossier, realizzato dalla stessa Coldiretti, che illustra i drammatici effetti sull’economia, sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale. “Oggi sono meno di 750mila le aziende agricole sopravvissute in Italia – si legge nel documento - ma se l'abbandono continuerà a questo ritmo, in 33 anni non ci sarà piu' agricoltura lungo la Penisola, con conseguenze devastanti sull'economia e sull'occupazione e sull'immagine del Made in Italy nel mondo”.
Dall'inizio della crisi – affermano i manifestanti - sono state chiuse in Italia oltre 172.000 stalle e fattorie, ad un ritmo di oltre 60 al giorno. Le conseguenze di ciò sono duplici: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo, ma spacciato come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente.
“Le aziende italiane subiscono anche una concorrenza sleale dall’estero – sottolinea la Coldiretti – molte sono costrette a importare il 40 per cento del latte e della carne, il 50 per cento del grano tenero destinato al pane, il 40 per cento del grano duro destinato alla pasta, il 20 per cento del mais e l’80 della soia”. Altro paradosso è che il nostro Paese si classifica attualmente come principale importatore mondiale di prodotti di cui sarebbe in realtà autosufficiente, dall’olio d’oliva all’ortofrutta, con il frutteto italiano che si è ridotto di un terzo (-33 per cento) negli ultimi quindici anni, con la conseguente scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti.
"Rischiamo di perdere un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che faccia bene all'economia all'ambiente e alla salute - afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - l'invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive. Bisogna perciò cambiare verso anche in agricoltura – ribadisce - dove la chiusura di un'azienda significa maggiori rischi sulla qualità degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all'incuria e alla cementificazione"
Sulla carreggiata sud dell’A22 migliaia di agricoltori, giunti da più parti del Paese, stanno bloccando il traffico "per fermare i traffici di una Europa che chiude le frontiere ai profughi e le spalanca alle schifezze alimentari”, spiegano gli organizzatori. Infatti i manifestanti stanno letteralmente fermando camion e tir per controllare che non vi siano merci trasportate e “smascherare il finto made in Italy”.
#Brennero, #Coldiretti:chiuse 60stalle al giorno,a questo ritmo tra 33anni addio agricoltura italiana #bastaschifezze pic.twitter.com/VamwiY5hKx
— Coldiretti (@coldiretti) 7 Settembre 2015
Il presidio è l’occasione per presentare un dossier, realizzato dalla stessa Coldiretti, che illustra i drammatici effetti sull’economia, sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale. “Oggi sono meno di 750mila le aziende agricole sopravvissute in Italia – si legge nel documento - ma se l'abbandono continuerà a questo ritmo, in 33 anni non ci sarà piu' agricoltura lungo la Penisola, con conseguenze devastanti sull'economia e sull'occupazione e sull'immagine del Made in Italy nel mondo”.
Dall'inizio della crisi – affermano i manifestanti - sono state chiuse in Italia oltre 172.000 stalle e fattorie, ad un ritmo di oltre 60 al giorno. Le conseguenze di ciò sono duplici: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo, ma spacciato come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente.
“Le aziende italiane subiscono anche una concorrenza sleale dall’estero – sottolinea la Coldiretti – molte sono costrette a importare il 40 per cento del latte e della carne, il 50 per cento del grano tenero destinato al pane, il 40 per cento del grano duro destinato alla pasta, il 20 per cento del mais e l’80 della soia”. Altro paradosso è che il nostro Paese si classifica attualmente come principale importatore mondiale di prodotti di cui sarebbe in realtà autosufficiente, dall’olio d’oliva all’ortofrutta, con il frutteto italiano che si è ridotto di un terzo (-33 per cento) negli ultimi quindici anni, con la conseguente scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti.
"Rischiamo di perdere un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che faccia bene all'economia all'ambiente e alla salute - afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - l'invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive. Bisogna perciò cambiare verso anche in agricoltura – ribadisce - dove la chiusura di un'azienda significa maggiori rischi sulla qualità degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all'incuria e alla cementificazione"