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POLITICA

Roma

Dimissioni Marino, lo sfogo dell'ex sindaco: "Per cacciarmi mi avrebbero messo cocaina in tasca"

In serata Marino ha deciso di lasciare l'incarico, "Il sistema corruttivo senza di me avrebbe travolto Pd e Campidoglio". Prima il passo indietro dei tre assessori Causi, Esposito e Di Liegro . Primo giorno da sindaco dimissionario in Campidoglio, "Sto bene"

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Dopo una lunghissima giornata di pressing e polemiche, dopo il passo indietro dei tre assessori Causi, Esposito e Di Liegro il sindaco Marino in serata ha deciso di lasciare l'incarico. "Mi dimetto. Dal lavoro che ho impostato passa il futuro della città" ha spiegato in un lungo messaggio. "Non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l'intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio". Il sindaco si è poi sfogato in un'intervista a La Stampa: "Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca". Rivela: dieci consiglieri su diciannove del Pd erano contrari alle mie dimissioni. Rivendica di aver "rotto le uova nel paniere del consociativismo politico", ricorda che "Roma sarà parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari" e ora si augura che "chi verrà dopo di me non riporti Roma indietro".

Marino stamattina è arrivato in Campidoglio per l'assemblea capitolina che però non si è svolta per la mancanza del numero legale. "Sto bene, sto andando a celebrare un matrimonio" l'unico commento dell'ex sindaco.

Il totonomi
Intanto si guarda ai possibili nomi per il dopo Marino. "La Meloni mi piacerebbe se si candidasse, ma non esiste una sola candidatura" ha dichiarato il leader della Lega Matteo Salvini ad Agorà. "La Lega correrà per la prima volta a sindaco di Roma. Marino ormai era una macchietta". Ed è già partito il totonomi: dal prefetto Gabrielli che ha però già ribadito il suo no al vicepresidente della Camera Roberto Giachetti.

20 giorni per ripensarci
L’ex primo cittadino ha sottolineato che il suo passo indietro non equivale a un’ammissione di colpa. "Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione – afferma Marino - Sin dall'inizio c'è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest'aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l'intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un'astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche". 



La polemica sulle spese
Marino è stato investito dalla polemica sulle spese sostenute con la carta di credito del Comune di Roma: il sindaco ha risposto annunciando di voler pagare di tasca propria e di rinunciare alla carta di credito intestata al Campidoglio. Durante la giunta ha infatti annunciato che pagherà i 20mila euro spesi per rappresentanza in questi due anni. "Li ho spesi nell'interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome", ha detto.

Opposizione all'attacco
Le spese di rappresentanza del sindaco sono finite nel mirino di Fratelli D'Italia e Movimento 5 Stelle, che hanno presentato esposti per peculato. La Procura ha quindi aperto un fascicolo ma senza ipotesi di reato né iscritti. Nell'esposto di FdI si parla di cene "alcune delle quali - è detto nell'atto - probabilmente non istituzionali", e di spese "di tintoria per il lavaggio dei capi indossati in occasione di visite di Stato e ufficiali (997 euro), l'acquisto di calici e pissidi per ricorrenze e celebrazioni religiose (2.200 euro), buffet-lunch con una federazione sportiva (7.143 euro).
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