Dopo il voto
Europee, Di Maio: "Abbiamo preso una bella lezione". E chiede a Conte un vertice sui dossier aperti
Nel pomeriggio, tre ore di conclave pentastellato al Mise, ha partecipato anche Di Battista: : "Nessun mea culpa, con la Lega decisi come prima"
"Nessuno vuole le mie dimissioni". Così Luigi di Maio al termine del vertice con lo stato maggiore dei cinque stelle al ministero dello Sviluppo Economico durato circa tre ore.
C'è un "prima" e un "dopo" nella storia del M5S, ed è il 27 maggio 2019. La debacle delle Europee è netta, dolorosa. Dopo ore di lugubre silenzio, il capo politico del Movimento sceglie di parlare al suo ministero e di gettare lì l'ultima trincea. Ma, da qui ai prossimi giorni, una rivoluzione nell'organigramma è nell'ordine delle cose: Di Maio dovrà "allargare" la cabina di comando in qualche modo. E, non a caso, dopo aver parlato ai cronisti convoca al Mise lo stato maggiore del Movimento, incluso Alessandro Di Battista, tornato pienamente in campo. Non passano inosservate, infatti, le parole con cui Di Maio nega un suo commissariamento. "Ho sentito tutti i rappresentanti delle anime del M5S, Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico e nessuno mi ha chiesto le dimissioni", scandisce il vicepremier certificando, implicitamente, l'esistenza di correnti interne. E nell'universo politico del Movimento è una novità non da poco.
Dei quattro citati da Di Maio, mentre Grillo si affida ad una battuta ("Oggi Radio Maria e Canti gregoriani") solo il "Dibba" si presenta nel pomeriggio al Mise, in una riunione di oltre tre ore alla quale partecipano Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, Paola Taverna, Gianluigi Paragone, Carlo Sibilia, Stefano Buffagni, Vincenzo Spadafora, il fedelissimo di Casaleggio. L'analisi del voto è impietosa, il rischio di una crisi d'identità, stretti tra la cavalcata della Lega e un Pd in recupero, concreto. Anzi, nei vertici c'è la convinzione che senza virata comunicativa di Di Maio delle ultime settimane, sarebbe potuto andare anche peggio.
Di Battista: il governo va avanti, la linea M5S non cambia
Non a caso Di Battista da un lato assicura che il governo va avanti, ma dall'altro sottolinea come, nonostante la sconfitta, il comportamento del M5S non cambierà rispetto all'ultimo mese e mezzo. "Non è quello il responsabile del nostro crollo, se la Lega tira fuori una boutade dobbiamo dire che è una boutade e metterci di traverso", sottolinea. Un nuovo appiattimento alla Lega, secondo i vertici, potrebbe insomma essere fatale al Movimento e allora meglio tenere il punto con l'alleato, rischiare il tutto per tutto ma mantenere il nocciolo duro dell'elettorato.
Di Battista, prima di entrare al Mise, sembra escludere un "j'accuse" nei confronti di Di Maio. "Uniti abbiamo vinto e uniti abbiamo perso, per me non è una problematica di chi, ma di cosa e di come si fanno le cose", spiega l'ex parlamentare mentre Buffagni assicura: "nessun processo a Di Maio".
Ma sul blog la protesta per la sconfitta monta mentre la dissidente Paola Nugnes lancia la sua stoccata su Fb: "Avrà pure parlato con tutte le anime, ma non con lo Spirito Santo". Mercoledì, nell'assemblea dei gruppi, Di Maio è chiamato a evitare un vero e proprio processo. E il leader, il prima possibile, dovrà ripristinare la presa sui territori e la collegialità nelle decisioni scemata negli ultimi mesi. "L'ascolto, la forza di cambiare, di allargare, di far partecipare, la meritocrazia"sono fondamentali, osserva non a caso Buffagni. E sui temi, osservano nel M5S, non sono ammessi dietrofront: è lì che si cela l'identità perduta del Movimento.
Di Maio: "Ringrazio anche chi non ci ha votato, abbiamo preso una bella lezione"
"Ringrazio i 4,5 milioni che hanno votato il M5S - ha detto il vicepremier in una conferenza stampa nel primo pomeriggio - e ringrazio anche chi non ci ha votato perché dal loro comportamento noi impariamo e prendiamo una bella lezione. Faccio i complimenti alla Lega e al Pd e a tutti i partiti che hanno avuto un incremento".
"Conte convochi il prima possibile un vertice di governo"
"Oggi ho sentito Giuseppe Conte - ha detto - e gli ho chiesto di convocare il prima possibile un vertice di governo, dobbiamo lavorare alle promesse che abbiamo fatto agli italiani". "Il contratto di governo non si cambia e lo tuteleremo: saremo argine", ha puntualizzato.
Un vertice di Governo? "Sì, io sono qua oggi, domani, dopodomani", ha replicato a stretto giro Matteo Salvini, in conferenza stampa al Viminale.
I dossier che fanno "tremare" il governo
All'indomani del voto europeo, che ha ribaltato gli equilibri di forza, la tenuta del governo M5s-Lega si misurerà su alcuni dossier 'caldi' che rischiano di mettere a dura prova la gia' difficile convivenza tra i due partiti. Matteo Salvini ha indicato le sue priorità: sicurezza, riduzione delle tasse (a partire dalla flat tax), Tav (il dossier più "esplosivo") e grandi opere bloccate, Autonomia. Sullo sfondo lo spettro di una manovra da oltre 30 miliardi che l'Italia sarà chiamata a mettere in campo in autunno e che parte già con una pesante posta: 23 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare, principalmente legati all'aumento dell'Iva.
Ma se il no all'aumento delle tasse è uno dei punti fermi nell'alleanza tra M5s e Lega, il rispetto dei vincoli europei, e di quel famoso tetto del 3% del deficit, rischia di far saltare il 'patto' tra i due soci di maggioranza. A complicare lo scenario potrebbe essere l'imminente arrivo della lettera con la quale la Commissione europea chiederà spiegazioni sull'aumento del nostro debito pubblico. Primo passo per l'apertura di una procedura d'infrazione.
La partita post elettorale si aprirà già in settimana con la ripresa dell'esame dei due provvedimenti rimasti in stand-by in Parlamento: il decreto Sblocca cantieri che approderà in Aula al Senato e il dl Crescita che proseguirà l'iter nelle commissioni alla Camera. Un Cdm potrebbe essere convocato in settimana per affrontare gli altri dossier rimasti in sospeso: il decreto Sicurezza bis e l'Autonomia, altro punto caro alla Lega sul quale i 5S hanno finora frenato.