ITALIA
Eutanasia, italiana muore in Svizzera. L'autodenuncia dei Radicali, Cappato: "L'ho aiutata"
I Radicali hanno inoltre annunciato che, sempre come atto di disobbedienza civile per richiamare l'attenzione del Parlamento su questo tema, pagheranno il viaggio in Svizzera ad altri malati terminali che chiederanno di ottenere l'eutanasia in quel Paese. Per questo, Cappato ha reso nota la costituzione dell'associazione 'Sos eutanasia', con apposito conto presso una sede bancaria, finalizzata alla raccolta fondi pubblica per l'iniziativa.
L'azione, fanno sapere i Radicali, contravviene agli articoli del Codice penale italiano che prevedono la reclusione fino a 12 anni per chi agevola l'esecuzione di un suicidio in "qualsiasi modo". Cappato ha presentato la sua autodenuncia alle Forze dell'ordine.
La notizia della morte di Dominique Velati è stata resa nota in una conferenza stampa nella sede del Partito radicale da Marco Cappato, Mina Welby e dal segretario dell'associazione 'Luca Coscioni', Filomena Gallo.
Velati, ha spiegato Cappato, è stata la prima persona aiutata economicamente ed 'accompagnata', in territorio italiano, nell'iter per l'ottenimento dell'eutanasia in Svizzera. Il caso della donna, militante radicale, era già rimbalzato sui mezzi di comunicazione con il suo annuncio di volersi recare in Svizzera per morire. Velati, ha reso noto Cappato, "ha ottenuto il suicidio assistito a Berna lo scorso 15 dicembre, ed oggi ne diamo notizia seguendo le volontà da lei indicate in merito ai tempi per rendere pubblico l'evento". ''Sono circa 90 le richieste ricevute nelle ultime settimane - ha sottolineato l'esponete radicale - da parte di cittadini malati terminali che chiedono un aiuto per ottenere l'eutanasia in Svizzera''.
I Radicali hanno reso noto di aver già inviato comunicazione alla Questura di Roma, alla Procura generale della Repubblica ed al ministro della Giustizia dell'iniziativa illustrata, autodenunciandosi per l'aiuto fornito a Dominique Velati e per quello che si preparano ad offrire anche ad altri malati che lo richiedessero.
A 9 anni dalla morte di Welby, tempi lunghi in Parlamento sul fronte del fine vita
A nove anni esatti dalla morte di Piergiorgio Welby avvenuta il 20 dicembre del 2006 e malgrado la spinta imposta al dibattito dalla vicenda di Max Fanelli, la legge resta ferma sugli scaffali della commissione Affari Sociali della Camera. La vicenda del 54enne di Senigallia gravemente ammalato di Sla, che ha volontariamente deciso di interrompere le terapie, chiedendo aiuto per poter morire, non è unica né isolata.
Sabato "Il Fatto Quotidiano" aveva pubblicato il caso di Dominique Velati - già reso noto dalla trasmissione 'Servizio Pubblico' - la donna di Borgomanero, che aveva annunciato di essere in procinto di partire per Berna, dove la morte assistita è autorizzata e dove ha messo fine alle sofferenze di un cancro allo stato terminale che non le lasciava scampo.
Il dibattito sulla legge va avanti - tra alti e bassi - da anni. Negli ultimi mesi, proprio sull'emozione destata dalla voce di Max Fanelli, è stato fondato anche un Intergruppo parlamentare, animato dall'ex deputato dei Radicali Italiani Marco Cappato e da Mina Welby. Obiettivo: fare pressione per far partire l'iter della legge di
iniziativa popolare, depositata in Parlamento due anni fa, promossa da un pool di associazioni e comitati, raccolte nella campagna Eutanasia Legale.
#Cappato: Aiuteremo altre persone a morire fino a quando il Parlamento non ci fermerà con un legge #EutanasiaLegale pic.twitter.com/JOnsXtFq8g
— Eutanasia Legale (@EutanaSiaLegale) 21 Dicembre 2015