ITALIA
Genova
Ponte progettato dall'ingegnere Riccardo Morandi, fu costruito tra il 1963 e il 1967
Il ponte, progettato dall'ingegnere Riccardo Morandi, fu costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d'Acqua. Ha una lunghezza di 182 metri, un'altezza al piano stradale di 45 metri e piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza; la luce massima è di 210 metri. Si tratta di un ponte a trave strallata, dove gli elementi verticali sono cavalletti costituiti da due V sovrapposte: una ha il compito di allargare la zona centrale ove appoggia la trave strallata, mentre l'altra, rovesciata, sostiene i tiranti superiori.
Il ponte venne inaugurato il 4 settembre 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.
Il viadotto Morandi era il principale snodo autostradale di Genova. Collegava il ponente al levante della città ed era percorso ogni giorno, tutto l'anno, da migliaiadi automezzi. Dall'inizio dell'estate, sul ponte si sono formati quasi ogni giorno ingorghi provocati dalla somma del traffico cittadino e di quello dei turisti che devono raggiungere da un lato il porto, per imbarcarsi su traghetti e navi da crociera, dall'altro l'aeroporto. Migliaia di mezzi, ogni giorno, lo hanno perciò percorso a passo d'uomo nelle due direzioni. I genovesi, che lo chiamano ponte di Brooklyn per la somiglianza delle torri di sostegno con quelle del più famoso ponte americano, lo ritengono un simbolo della città e non si capacitano del fatto che possa essere crollato.
Esperto: nel 2016 segnalava "aspetti problematici"
"Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l'aumento dei costi di costruzione preventivati, è necessario ricordare un'erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità) del calcestruzzo che ha prodotto un piano viario non orizzontale". Questa l'analisi che l'ingegnere Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato dell'Università di Genova, faceva del ponte sul Polcevera, interpellato dal sito ingegneri.it il 29 luglio del 2016. "Ancora nei primi anni '80 - ricordava Brencich - chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell'impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità".
Tra fine anni '80 e primi anni '90 il ponte sul Polcevera fu oggetto di importanti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione con nuovi cavi affiancati agli stralli originari. "L'idea originaria - commentava Brencich - pare fosse quella di precomprimere gli stralli, idea chiaramente discutibile in quanto gli stralli sono elementi strutturali così snelli da consentire una precompressione molto modesta e, quindi, destinata inevitabilmente ad avere scarsa efficacia. I lavori di sostituzione degli stralli, effettuati sia a Genova che in Venezuela, ne danno dimostrazione indiscutibile".
Sempre nel 2016, il 5 dicembre, intervistato dal quotidiano genovese Secolo XIX, Brencich spiegava: "Il crollo di un ponte somma una lunga serie di errori. Progettuali, di manutenzione e di chi eventualmente ha autorizzato il transito di mezzi pesanti, per di più senza alcuna cautela: ad esempio, basta far passare i carichi al centro della struttura perché la portata sopportabile aumenti di oltre il doppio". Fino agli anni 50, i ponti italiani di prima categoria - sono quelli di tutte le strade principali - erano progettati per reggere un carro armato M4 Sherman. Poi il tank standard Nato è diventato l'M1 Abrams, con le sue 60 tonnellate, e i ponti si sono adeguati. "Per legge - ricordava ancora Brencich - i ponti devono reggere due volte e mezzo la portata autorizzata. Inoltre il degrado impiega da 10 a 20 anni a determinare cedimenti strutturali e dà segnali premonitori molto evidenti. Quindi, quando un ponte crolla, qualcosa deve per forza non aver funzionato. Si potrebbe iniziare nel non ritenere il cemento armato eterno: si rischia di finire come il ponte Morandi, i cui costi di manutenzione sono a tal punto esorbitanti da rendere più economico costruirne uno nuovo".
Nel 2009 si studiò ipotesi demolizione
Da 8 a 12 mesi: questo il tempo, che nel 2009, era stato calcolato per la demolizione controllata del viadotto Polcevera, con lo smontaggio della "struttura con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell'opera. In tal modo sarà sufficiente evacuare provvisoriamente leabitazioni che attualmente insistono nell'impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati". Lo si legge nello studio 'LaGronda di Genova. Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato' che Autostrade per l'Italia aveva realizzato assieme alla società d'ingegneria SPEA e pubblicato nel febbraio 2009 come base per un dibattito pubblico.
Il documento, nel capitolo dedicato ad una delle ipotesi divarianti di tracciato studiate da Autostrade per l'Italia (quella definita 'Gronda Bassa' che "affianca l'esistente viadotto Morandi, di cui è prevista la dismissione, ad una distanza di circa 150 m verso nord"), spiega: "Una volta demolita la struttura del Ponte Morandi, i proprietari delle abitazioni potranno rientrare nei rispettivi alloggi". Questa demolizione controllata del viadotto Morandi, precisano gli autori, "richiede di smantellare circa 80.000 mc di calcestruzzo". Autostrade per l'Italia aveva sottolineato in più punti la criticità della situazione: nel documento si legge, tra l'altro, che "Il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l'anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni".
La relazione, redatta 9 anni fa, metteva in guardia sui potenziali rischi: "Il ponte Morandi - si legge - costituisce di fatto l'unico collegamento che connette l'Italia peninsulare ad est, la Francia meridionale e la Spagna ad ovest, ed èil principale asse stradale tra Genova, le aree residenziali periferiche, il porto di Voltri, l'aeroporto e le aree industriali di ponente. Lo svincolo di innesto sull'autostrada per Serravalle, all'estremità est del viadotto, produce quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua". E proseguiva: "La sua eventuale dismissione per inagibilità o per situazioni temporanee di blocco dovute ad incidenti stradali, costituiscono dunque un grave rischio per il traffico automobilistico regionale".