ITALIA
Riforma in votazione il 13 ottobre
Grasso: "Non sono il boia della Costituzione"
del presidente del Senato che hanno indotto Sel a ritirare i propri 62mila emendamenti, e la Lega a tagliarne 10 milioni concentrati nei primi due articoli, quelli più delicati, del ddl Boschi.
Il calendario, dunque, ha dato vita a una violenta contrapposizione con il capogruppo del Pd Luigi Zanda, che chiedeva con il governo il voto finale entro l'8 ottobre anziché il 13. Rimane un clima teso, tanto che la minoranza del Pd ha mantenuto i propri emendamenti all'articolo 2 del ddl Boschi, e la maggioranza ne ha presentato uno premissivo che serve a superare una nuova eventuale valanga di emendamenti.
In mattinata il ministro per le riforme Maria Elena Boschi, nella replica al termine della discussione generale, ha difeso il ddl, "ultimo anello di una catena, di un dibattito, che ha percorso i decenni precedenti, e non frutto di un tentativo
estemporaneo né di approssimazione".
Ma certo rimaneva in piedi il problema degli 82 milioni di emendamenti della Lega e dei 62 mila di Sel. Mercoledì Grasso aveva detto con chiarezza che sarebbe intervenuto per garantire sia il voto del provvedimento, sia anche però il dibattito sul merito di ogni articolo della riforma. E quindi se Lega e Sel non avessero ritirato gli emendamenti ostruzionistici, ci avrebbe pensato Grasso a dichiararli inammissibili.
Questo approccio, e cioè ammettere solo gli emendamenti di merito delle opposizioni, ma garantendo un dibattito ampio su ogni articolo, si è scontrato con la richiesta del Pd e del governo - alla Conferenza dei capigruppo - di fissare il voto finale l'8 ottobre: una corsa, visto che si inizierà a votare l'1 ottobre. Il "niet" di Grasso a Zanda è stato irremovibile, e ci sono stati lunghi minuti di forte tensione. "Non faccio il boia della Costituzione", ha replicato il presidente del senato alle insistenze di Zanda.
Ma proprio questa fermezza ha colpito le opposizioni: Gianluca Castaldi di M5s ha parlato di "saggezza" del presidente del Senato, la capogruppo di Sel Loredana De Petris ha ritirato i 62 mila emendamenti ostruzionistici ("per rispetto a Grasso") e altrettanto ha fatto il capogruppo della Lega Gianmarco Centinaio per quelli agli articoli 1 e 2 (10 milioni su 82).
Alla fine il calendario è stato approvato quasi all'unanimità, con il solo "no" di M5s, e paradossalmente proprio questo freno di Grasso al Pd e al governo, dà garanzie di una approvazione del ddl, evitando un clima parossistico durante le votazioni, che puo' sfociare in uno sforamento dei tempi. Il sospetto delle opposizioni, spiegato da Roberto Calderoli, era che la data dell'8, con tempi impossibili da rispettare, servisse come scusa per il governo per far votare senza modifiche il testo già approvato dalla Camera. Insomma il ritiro degli emendamenti, ha detto Calderoli "ha evitato il golpe di Renzi".
Martedì la seduta sarà dedicata all'illustrazione generale degli emendamenti e da mercoledì si inizierà a votare sull'articolo 1, dove c'è il primo dei 3 emendamenti della maggioranza, che aumenta le funzioni del Senato. E ci saranno anche i primi voti segreti su due emendamenti della Lega, e proprio su essi punta Roberto Calderoli. Se nel segreto dell'urna l'accordo interno al Pd e alla maggioranza terrà, il cammino sarà in discesa anche sul successivo articolo 2.
Che ci siano ancora sospetti lo dimostra il fatto che la minoranza Dem ha comunque mantenuto i propri emendamenti all'articolo 2 e la maggioranza ne ha presentato uno premissivo, vale a dire scritto in modo tale da essere votato per primo e da
far decadere tutti gli altri.