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ITALIA

La 17esima udienza del processo sulla Trattativa Stato- mafia

Il pentito Mutolo: "A Falcone dissi dei contatti tra lo Stato e Cosa nostra"

Parla l'ex autista e braccio destro di Totò Riina dall'aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo. Tra gli imputati, oltre ai boss di Cosa nostra anche l'ex Presidente del Senato, Nicola Mancino, e i generali Mario Mori e Antonio Subranni 

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"Dissi al giudice Falcone che c'erano persone delle istituzioni in contatto con i mafiosi come Contrada (Bruno Contrada, ex agente dei servizi condannato per mafia) e Signorino (Domenico Signorino, giudice morto suicida) e a Roma c'era il giudice Carnevale con altri personaggi". Il pentito Gaspare Mutolo sta raccontando la sua verità sulla trattativa Stato- mafia ai giudici della Corte d'assise di Palermo in videoconferenza dall'aula bunker del carcere Ucciardone. L'ex autista e braccio destro di Totò Riina ha iniziato a collaborare con la giustizia alla fine del 1991. "Non mi riconoscevo più in una mafia che uccideva anche le donne - spiega - per cui incontrai Giovanni Falcone nel dicembre del '91, e gli dissi del mio proposito".
 
Falcone preoccupava la mafia
"La mafia era preoccupata perchè il dottor Falcone era riuscito a togliere il maxiprocesso al giudice Carnevale. Invece in Cosa nostra si sapeva che appena il processo arrivava al giudice Carnevale, lui lo buttava a terra. Era una sorta di assicurazione". Il pentito racconta di essersi rivolto a Falcone nel tentativo di distruggere i legami tra le istituzioni e Cosa nostra. Il giudice gli avrebbe risposto: "Gaspare, non posso raccogliere le tue dichiarazioni perchè sto facendo un altro lavoro e allora io gli dissi: 'allora non collaboro più. Ma lui mi ha rassicurato dicendo che avrei dovuto parlare con Paolo Borsellino".

L'incontro con Paolo Borsellino
"Prima del colloquio con Borsellino, il primo luglio 1992 - continua Mutolo - gli dissi che volevo fare pulizia anche nel suo ufficio. Così feci i nomi del giudice Signorino, di un altro funzionario delle forze dell'ordine e di altri magistrati". Borsellino secondo il racconto del pentito fu costretto ad interrompere quel colloquio perché chiamato al ministero dell'Interno per incontrare il neoministro Nicola Mancino. 

Il magistrato rientrò apparentemente molto nervoso, riferisce Mutolo. "Non mi commentò l'incontro. Era arrabbiatissimo, aveva due sigarette accese. Era molto agitato. Mi disse di aver incontrato, dopo il ministro Mancino, il dottor Parisi e il dottor Contrada" spiega il pentito. "Io intuì che il suo nervosismo era dovuto al fatto che il nostro colloquio, che lui riteneva segretissimo, risultò invece un segreto di Pulcinella perché Parisi e Contrada gli dissero di mandarmi il loro saluto".

Mutolo alla Zanzara: "La trattativa c'è stata di sicuro"
Nel novembre scorso, in un'intervista a La Zanzara su radio 24, Mutolo ha detto: "La trattativa fra Stato e mafia esiste da sempre, c'e' stata di sicuro. Il presidente Napolitano, detto con grande rispetto, si è voluto immischiare nei processi, vuole coprire qualcosa che non era giusto e nascondere la verità'". Ha inoltre sostenuto che il giudice Paolo Borsellino "fu ucciso perche' era contrario alla trattativa, al cento per cento". 

Mutolo, 74 anni, conobbe in carcere il sanguinario boss corleonese Totò Riina che lo salvò dalla 'mattanza' degli esponenti del clan Riccobono, di cui faceva parte, nel 1982. Successivamente condannato a 16 anni di carcere al maxiprocesso, Mutolo ha iniziato a collaborare con la giustizia alla fine del 1991.
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