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ITALIA

Cei: lavoro, preoccupa la deriva dei diritti in secondo piano

Messaggio dei vescovi per il Primo Maggio

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La scarsità di lavoro in Italia "porta sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, a condividere l'idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano. Si tratta di una deriva preoccupante messa in moto dal perdurare di una crisi economica stabilmente severa" e dalla disoccupazione che tocca sempre più segmenti della popolazione. Lo afferma la Cei nel messaggio per il Primo Maggio.

"Il lavoro deve essere sempre e comunque espressione della dignità dell'uomo, dono di Dio a ciascuno", sottolinea la Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. "Il lavoro - aggiungono i vescovi - deve tornare a essere luogo umanizzante". Per la Chiesa italiana bisogna cioè "fuggire dall'idea che la vera realizzazione dell'uomo possa avvenire nell'alternativa 'solo nel lavoro o nonostante il lavoro'. Il tempo dell'uomo è invece tempo operoso. Questa riflessione è valida per tutte quelle persone che guardano in modo disilluso e stanco alla propria vita lavorativa e, soprattutto, per tutti quei giovani che disperano di poter trovare un'occupazione o languono facendo un lavoro che non li soddisfa. Il pensiero è valido a maggior ragione per i datori di lavoro che gestiscono imprese, laboratori, botteghe e uffici con criteri esclusivamente utilitaristici".

"Non può esserci Nord prospero senza Sud sottratto mafia"
"Il destino delle diverse aree del Paese non può essere disgiunto: senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero", rimarca la Cei nel messaggio nel quale si fa notare che "non è un caso che le mafie abbiamo spostato gli affari più redditizi nelle regioni del Nord, dove la ricchezza da accaparrare è maggiore".

"Italia non sprechi talento giovani lasciandoli emigrare"
Infine, offrire opportunità di lavoro, anche di auto-impiego ai giovani che altrimenti scelgono di andare via: questo l'appello della Cei. "L'Italia - affermano i vescovi - non può continuare a sprecare l'intelligenza, il talento e la creatività dei suoi giovani, che emigrano nella speranza di essere accolti altrove. Occorre creare per loro spazi di sperimentazione, dove lasciare libera espressione alla creatività e all'intraprendenza: ci sono tanti piccoli, ma significativi segnali che mostrano quanto la collaborazione, la partecipazione e la solidarietà possano essere gli ingredienti di base per ricette imprenditoriali nuove, esperienze che rompono con la globalizzazione del paradigma tecnocratico".
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