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ITALIA

Migranti, Minniti: "Ho temuto per la tenuta democratica del Paese"

All'indomani del vertice francese, il ministro dell'Interno rivela le sue preoccupazioni di pochi mesi fa, "di fronte a barricate per l'arrivo di migliaia di stranieri e a sindaci che mi dicevano no. Ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l'abbiamo fatto"

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"Ho temuto per la tenuta democratica del Paese". Mentre i dati d'agosto confermano un drastico calo degli sbarchi (3.194 contro i 21.294 dell'agosto 2016), il ministro dell'Interno, Marco Minniti, rivela le sue preoccupazioni di pochi mesi fa, "di fronte a barricate per l'arrivo di migliaia di stranieri e a sindaci che mi dicevano no. Ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l'abbiamo fatto".

All'indomani del vertice francese, il ministro incassa i risultati e l'appoggio europeo. "Abbiamo fatto da apripista - sottolinea Minniti - e Parigi ieri ha capito e approvato il nostro lavoro". La svolta si è avuta in seguito ai mega-sbarchi di metà luglio, quando furono soccorse in mare diverse migliaia di persone in pochi giorni e il ministro ordinò il dietrofront all'aereo che lo stava portando a Washington. Da allora, una fitta serie di iniziative in Libia e in Europa, il varo del codice per le ong e i numeri hanno cominciato a dare ragione alla strategia italiana: dopo il dimezzamento degli arrivi a luglio, ad agosto c'è stato un vero crollo e ora i dati del Viminale indicano 98.407 arrivi nel 2017, con un calo dell'8% rispetto al 2016. I dati dimostrano anche l'impegno della Marina Militare libica che solo negli ultimi due giorni ha intercettato e riportato a terra circa 700 migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo.

Minniti sottolinea poi l'importanza dell'impegno economico che deve mettere in campo l'Europa per frenare i flussi. Bisogna spendere, spiega, "almeno quanto speso per la rotta dei Balcani: 6 miliardi". E non manca di rimarcare il ruolo dei sindaci delle città libiche, che "sono i nostri principali alleati". La scommessa è quella di costruire un circuito economico alternativo in Libia che possa soppiantare il florido business dei trafficanti di uomini. Progetti di sviluppo saranno messi in piedi insieme all'Anci e l'ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Perrone, sta raccogliendo richieste e disponibilità.

Il ministro puntualizza però che "se un uomo fugge da guerre e carestie io ho il dovere di accoglierlo come Dio comanda" e appoggia con decisione la legge sullo ius soli: "Un ragazzino nato in Italia, che studia qui - si chiede - perché deve aspettare 18 anni" per diventare italiano? "Lo ius soli è politica di integrazione perché rende il nostro paese più sicuro".

Punto chiave della strategia è la creazione di centri in Africa dove identificare i migranti con la collaborazione di Unhcr e Oim. "Le necessità umanitarie in Libia - dice Carlotta Sami, portavoce regionale per il sud Europa dell'Unhcr - sono per maggiori della nostra capacità operativa. Bisognerebbe riuscire a garantire la stabilità, in modo da aumentare il nostro accesso a tutte le parti della Libia". Il portavoce dell'Oim, Flavio Di Giacomo, chiede la chiusura dei centri di detenzione per migranti che si trovano in Libia, le cui condizioni sono "inaccettabili" e il rafforzamento dei programmi di ritorno volontario umanitario dalla Libia ai Paesi di origine.
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