ITALIA
Il gip di Palmi aveva rivendicato la sua innocenza
'Ndrangheta, l'ultima intervista del giudice Giusti: "Non sono corrotto"
Giancarlo Giusti si è suicidato nella casa di Montepaone, dove stava scontando i domiciliari dopo che la Suprema Corte aveva confermato la sua condanna per associazione mafiosa. Il giudice era finito nei guai per i suoi rapporti con Giulio Lampada, capo dell'omonima cosca della 'ndrangheta di cui ignorava lo spessore criminale. Nell'intervista concessa al programma di Klaus Davi si era definito un uomo 'rovinato'
Roma
Giancarlo Giusti ha sempre sostenuto di essere innocente, di non essere un uomo corrotto. Il gip di Palmi finito nei guai per il suo rapporto con Giulio Lampada, capo dell'omonima cosca della 'ndrangheta di cui ha sempre sostenuto di ignorare lo spessore criminale, nella sua ultima intervista rilasciata al programma di Klaus Davi, ha riconosciuto di essere "stato leggero" pentendosi di "aver infangato la toga". Una vergogna che probabilmente gli ha fatto commettere il gesto estremo: quello di suicidarsi. Giusti si è infatti tolto la vita nella casa di Montepaone, in Calabria, dove stava scontando i domiciliari.
"Non mi aspettavo una condanna della Suprema Corte così dura visto che, come hanno potuto dimostrare i miei avvocati, il mio ufficio di gip non è mai stato coinvolto in questa vicenda mai una sola volta", aveva detto subito dopo che la Suprema Corte aveva confermato la sua condanna per associazione mafiosa". Giusti si era definito un uomo "rovinato": "non ho più un lavoro" e vivere in Calabria "non è facile. Se ce la farò, bene, se no sarò uno fra i tanti che smetterà di soffrire".
Finito nei guai per i suoi rapporti con Giulio Lampada, capo dell'omonima cosca della 'ndrangheta, Giusti aveva spiegato di averlo frequentato ignorando il suo spessore criminale: con lui "c'era un rapporto affettivo amicale, gli volevo bene, lo consideravo una persona da abbracciare, un confidente. Mi sono sentito accettato, coccolato e risollevato. Come accertato dai processi in primo e secondo grado, nel periodo in cui lo frequentavo io, non era assolutamente identificato come esponente della 'ndrangheta".
"Ho sbagliato ad accettare che mi pagasse donne e cena - aveva ammesso l'ex magistrato - ma non gli ho concesso nulla in cambio. Non risulta nessun provvedimento del mio ufficio in favore del Lampada, tantomeno sentenze aggiustate. Mai ho preso soldi da lui. Si è trattato solo di quattro cene con relative quattro donne. Questo era il modo di fare di Lampada, di testimoniare la sua amicizia. Lo faceva con tutti quelli che gli capitavano. Li e' stato il mio errore". Giusti aveva anche raccontato di aver incontrato Lampada "a una manifestazione politica a Lamezia Terme dove c'erano Scopelliti, Alemanno, Quagliariello e lui in mezzo. Era seduto vicino a queste persone. Sia chiaro: sia i politici citati sia il sottoscritto non sapevamo assolutamente nulla di Lampada altrimenti non sarebbe mai stato invitato a quelle manifestazioni. Lampada era anche di casa al consiglio regionale della Lombardia ma non saprei dirle con chi avesse contatti".
"Non mi aspettavo una condanna della Suprema Corte così dura visto che, come hanno potuto dimostrare i miei avvocati, il mio ufficio di gip non è mai stato coinvolto in questa vicenda mai una sola volta", aveva detto subito dopo che la Suprema Corte aveva confermato la sua condanna per associazione mafiosa". Giusti si era definito un uomo "rovinato": "non ho più un lavoro" e vivere in Calabria "non è facile. Se ce la farò, bene, se no sarò uno fra i tanti che smetterà di soffrire".
Finito nei guai per i suoi rapporti con Giulio Lampada, capo dell'omonima cosca della 'ndrangheta, Giusti aveva spiegato di averlo frequentato ignorando il suo spessore criminale: con lui "c'era un rapporto affettivo amicale, gli volevo bene, lo consideravo una persona da abbracciare, un confidente. Mi sono sentito accettato, coccolato e risollevato. Come accertato dai processi in primo e secondo grado, nel periodo in cui lo frequentavo io, non era assolutamente identificato come esponente della 'ndrangheta".
"Ho sbagliato ad accettare che mi pagasse donne e cena - aveva ammesso l'ex magistrato - ma non gli ho concesso nulla in cambio. Non risulta nessun provvedimento del mio ufficio in favore del Lampada, tantomeno sentenze aggiustate. Mai ho preso soldi da lui. Si è trattato solo di quattro cene con relative quattro donne. Questo era il modo di fare di Lampada, di testimoniare la sua amicizia. Lo faceva con tutti quelli che gli capitavano. Li e' stato il mio errore". Giusti aveva anche raccontato di aver incontrato Lampada "a una manifestazione politica a Lamezia Terme dove c'erano Scopelliti, Alemanno, Quagliariello e lui in mezzo. Era seduto vicino a queste persone. Sia chiaro: sia i politici citati sia il sottoscritto non sapevamo assolutamente nulla di Lampada altrimenti non sarebbe mai stato invitato a quelle manifestazioni. Lampada era anche di casa al consiglio regionale della Lombardia ma non saprei dirle con chi avesse contatti".