ITALIA
Rosy Bindi: "Inquietante"
Palermo, dopo le minacce telecamere manomesse ed immagini sparite. Sicurezza potenziata a Scarpinato
Prima la lettera e le scritte intimidatorie all'indirizzo del pg, poi la scoperta che le immagini delle telecamere di sicurezza erano state cancellate, quindi la decisione di aumentare le misure di sorveglianza per il procuratore generale
Le intimidazioni subite dal pg di Palermo - tra cui una pesante lettera che "invitava" Scarpinato a restare nei ranghi e non oltrepassare il suo ruolo e la scritta "Accura", stai attento in dialetto siciliano l’anonimo - avevano indotto gli inquirenti a visionare le immagini delle videocamere che si trovano nel corridoio della Procura generale. I tecnici si sono però accorti che mancavano le riprese relative a 10 giorni su 15 (la memoria dell'impianto è tarata per riprendere per due settimane). Al momento della visione dei file, poi, un'altra sorpresa: tutto sparito tranne 24 ore di riprese. Completamente cancellate le registrazioni dei giorni che interessavano agli inquirenti: quelli in cui qualcuno è entrato in tribunale e, indisturbato, ha lasciato la scritta intimidatoria sulla porta.
"Occorre fare rapidamente piena luce sulle minacce al procuratore generale di Palermo, assicurando al tempo stesso al dottor Scarpinato tutta la sicurezza necessaria", commenta la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi che definisce l’episodio "inquietante".
Il blackout nelle registrazioni è finito sul tavolo del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica convocato d’urgenza. Al termine della riunione sono state decise nuove misure di sicurezza per Scarpinato, già sottoposto a una vigilanza straordinaria dopo il ritrovamento di una lunga lettera intimidatoria lasciata sulla scrivania del magistrato da chi conosce bene le sue abitudini, i luoghi che frequenta e le indagini che sta svolgendo.
Come quella sul cosiddetto Protocollo Farfalla, un’inchiesta che cerca di fare luce su anni di misteriose visite di 007 a detenuti al 41 bis in forza di una sorta di accordo stretto tra il Sisde di Mario Mori e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che sollevava le carceri dall’obbligo di riferire alla magistratura cosa accadesse negli istituti di pena.