ITALIA
Oltre 100 indagati nell'inchiesta che fa tremare la Capitale
Mafia a Roma: chi è Massimo Carminati, neofascista storico
Di origini milanesi ma romano di adozione, dopo la militanza in organizzazioni come Fuan e Avanguardia nazionale, Carminati aderisce negli anni Settanta ai Nuclei armati rivoluzionari. Sarebbe stato il capo dell'organizzazione criminale smantellata oggi a Roma
Roma
Al centro dell'inchiesta che ha scosso la Capitale, che ha portato a 37 arresti e a oltre 100 indagati - tra cui l'ex sindaco Alemanno - c'è anche l'ex Nar Massimo Carminati. Un nome legato indissolubilmente agli anni '70, quelli delle stragi, dei depistaggi, del terrorismo. La storia criminale del 56enne, milanese di nascita ma romano di adozione, prende corpo proprio in quel periodo. Dopo la militanza in organizzazioni come Fuan e Avanguardia nazionale, Carminati aderisce ai Nuclei armati rivoluzionari, il terrorismo nero. Si avvicina a Franco Anselmi, ex missino e fondatore dei Nar, e Valerio Fioravanti, condannato in via definitiva per la strage di Bologna del 2 agosto del 1980 con la compagna Francesca Mambro.
Carminati era stimato non solo per la sua dimestichezza con gli esplosivi, ma anche per la disponibilità di armi sia dagli ambienti del terrorismo nero sia dalla banda della Magliana.
L'arresto per lui arriva il 20 aprile 1981 quando, colpito da mandato di cattura per le azioni con i Nar, viene preso nel tentativo di fuggire all'estero. Nel corso della cattura, Carminati viene ferito gravemente: perderà poi l'uso di una gamba e l'occhio sinistro, guadagnandosi il soprannome 'Il guercio'. Con i Nar Carminati partecipa a diverse azioni, ma, a quanto raccontano alcuni 'pentiti', il suo ruolo è anche un altro, quello di fare da tramite con la malavita romana e in particolare con la Banda della Magliana.
A fargli da apripista, sempre secondo i racconti di chi poi scelse di collaborare, il rapporto con i boss della Magliana Franco Giuseppucci e Danilo Abbruciati nato frequentando il bar Fermi e il bar di via Avicenna, nella zona di Ponte Marconi, ritrovo del gruppo criminale. Questo rapporto finisce anche al centro di diversi processi, nei quali Carminati però viene quasi sempre assolto. Una condanna a dieci anni di reclusione arriva invece nel 1998 nel processo, scaturito dall'operazione Colosseo, che vede alla sbarra l'intera Banda della Magliana.
Quello di Carminati è un arresto che sembrava impossibile. Lui che è sempre riuscito a uscire indenne da qualunque inchiesta. Come le assoluzioni per il depistaggio per la strage della stazione di Bologna e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Mentre era in carcere a Perugia per rispondere dell’omicidio, sferrò un altro colpo. Proprio a ridosso della sentenza. Nel 2000 Carminati insieme ad altri personaggi della banda della Magliana svaligiò il caveau della banca all’interno della Città Giudiziaria di Roma. Un colpo che per gli inquirenti aveva la finalità di ottenere documenti scottanti e ricattatori. In carcere finirono anche alcuni carabinieri complici della banda.
Carminati era stimato non solo per la sua dimestichezza con gli esplosivi, ma anche per la disponibilità di armi sia dagli ambienti del terrorismo nero sia dalla banda della Magliana.
L'arresto per lui arriva il 20 aprile 1981 quando, colpito da mandato di cattura per le azioni con i Nar, viene preso nel tentativo di fuggire all'estero. Nel corso della cattura, Carminati viene ferito gravemente: perderà poi l'uso di una gamba e l'occhio sinistro, guadagnandosi il soprannome 'Il guercio'. Con i Nar Carminati partecipa a diverse azioni, ma, a quanto raccontano alcuni 'pentiti', il suo ruolo è anche un altro, quello di fare da tramite con la malavita romana e in particolare con la Banda della Magliana.
A fargli da apripista, sempre secondo i racconti di chi poi scelse di collaborare, il rapporto con i boss della Magliana Franco Giuseppucci e Danilo Abbruciati nato frequentando il bar Fermi e il bar di via Avicenna, nella zona di Ponte Marconi, ritrovo del gruppo criminale. Questo rapporto finisce anche al centro di diversi processi, nei quali Carminati però viene quasi sempre assolto. Una condanna a dieci anni di reclusione arriva invece nel 1998 nel processo, scaturito dall'operazione Colosseo, che vede alla sbarra l'intera Banda della Magliana.
Quello di Carminati è un arresto che sembrava impossibile. Lui che è sempre riuscito a uscire indenne da qualunque inchiesta. Come le assoluzioni per il depistaggio per la strage della stazione di Bologna e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Mentre era in carcere a Perugia per rispondere dell’omicidio, sferrò un altro colpo. Proprio a ridosso della sentenza. Nel 2000 Carminati insieme ad altri personaggi della banda della Magliana svaligiò il caveau della banca all’interno della Città Giudiziaria di Roma. Un colpo che per gli inquirenti aveva la finalità di ottenere documenti scottanti e ricattatori. In carcere finirono anche alcuni carabinieri complici della banda.