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ITALIA

La strage silenziosa

Processo Eternit, pg Cassazione: "Reato prescritto, condanna da annullare"

I difensori del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny chiedono di annullare la sentenza poiché a loro avviso sarebbe stata emessa con vizi di arbitrarietà. In appello, Schmidheiny aveva avuto 18 anni per le migliaia di morti da amianto

 

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Annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione. Questa la richiesta del sostituto pg di Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello, nell'ambito del processo Eternit. Il pg, dunque, ha chiesto ai giudici della prima sezione penale della Suprema Corte di dichiarare la prescrizione dei reati contestati al magnate svizzero Stephan Schmidheiny, annullando senza rinvio la sentenza emessa il 3 giugno 2013 dalla Corte d'appello di Torino, che aveva condannato l'imputato a 18 anni di reclusione. 

E alle 21 di questa sera si saprà se la Cassazione avrà stabilito il verdetto oppure se la decisione slitterà. Lo ha fatto sapere il presidente della Prima sezione penale della Suprema Corte Renato Cortesi. In sostanza, non è escluso che i supremi giudici, ora in camera di consiglio, possano anche emettere il verdetto definitivo nelle prossime ore.

La lunga requisitoria di Iacoviello
I fatti al centro del processo risalgono al 1966. "Il processo arriva a notevole distanza di anni - ha osservato il pg - è vero che la prescrizione non risponde alle esigenze di giustizia, ma stiamo attenti a non piegare il diritto alla giustizia. Di fronte a questi, il giudice, soggetto alla legge, deve scegliere il diritto". Nella sua lunga requisitoria, Iacoviello ha ricordato che questo è il "primo processo sull'Eternit in Italia, ci sono attese notevoli da parte di tutta la comunità scientifica: voi - ha detto rivolto al collegio dei giudici, presieduto da Arturo Cortese - sancirete un precedente che varrà per il futuro". 

Il processo d'appello
Un anno e mezzo fa, il processo d'appello si concluse, a Torino, con una sentenza di condanna a 18 anni per il reato di disastro ambientale doloso a carico del manager svizzero Stephan Schmidheiny, due in più di quanto deciso dai giudici in primo grado. Sul banco degli imputati era rimasto soltanto Schmidheiny, dopo la morte, a 92 anni, del barone belga Jean Luis de Cartier, anch'egli condannato in primo grado. La sentenza aveva riconosciuto le responsabilità penali dei vertici di Eternit non solo per per i siti piemontesi di Casale Monferrato e Cavagnolo, ma anche per Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia).

Le tappe della vicenda
Nel 2004, la procura della Repubblica di Torino apre un'inchiesta in seguito alla morte per mesotelioma di un ex operaio dell'Eternit che aveva lavorato nello stabilimento di Cavagnolo (Torino). Le indagini, condotte dal pool composto dai pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli, si ampliano fino a coinvolgere migliaia di casi di malati e morti a causa delle patologie provocate dall'amianto. 

Il 23 Luglio 2009, il giudice dell'udienza preliminare Cristina Palmesano rinvia a giudizio il barone belga Louis de Cartier e il magnate svizzero Stephan Schmidheiny per disastro doloso ambientale permanente causato dalla diffusione di amianto dentro e fuori dagli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino), Rubiera dell'Emilia e Bagnoli di Napoli.  

Le tappe del processo
Il 9 dicembre 2009, inizia a Torino il processo Eternit, il più imponente processo che si sia mai celebrato per reati ambientali connessi a lavorazione industriale. Si costituiscono oltre seimila parti civili, tra enti, associazioni, sindacati e soprattutto cittadini. Per la prima volta vengono incriminati i vertici padronali e non solo i massimi dirigenti come avvenuto in precedenti processi. 

Il 13 febbraio 2012, il tribunale di Torino condanna Louis de Cartier e Stephan Schmidheiny a 16 anni di reclusione.  

Il 14 febbraio 2013, inizia a Torino il processo d'Appello.

Il 3 giugno 2013, la Corte d'Appello conferma il riconoscimento di responsabilità per il reato di disastro doloso e condanna Stephan Schmidheiny a 18 anni di reclusione. Per Louis de Cartier dichiara di "non doversi procedere" perché l'imputato ultranovantenne è deceduto poche settimane prima. 

 
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