Original qstring:  | /dl/rainews/articoli/Renzi-sfida-la-fronda-Ue-contro-la-Mogherini-997dc652-733a-4653-9ee9-07601190ad8f.html | rainews/live/ | true
POLITICA

Consiglio Europeo il premier

Renzi a Bruxelles sfida la fronda Ue contro la Mogherini

Partita in salita, 10-11 non la vogliono. Il presidente del Consiglio chiederà la conta

Condividi

Matteo Renzi vola a Bruxelles per il vertice Ue sulle nomine, determinato a spuntare la nomina di Federica Mogherini a 'Lady Pesc'. Ma la partita, alla vigilia, è tutt'altro che scontata ed il premier - che oggi ha avuto un giro di telefonate con la Merkel, Hollande e Van Rompuy – sembra essere destinato a fare i conti con una vera e propria 'fronda': 10-11 paesi, e non solo dell'Est, pronti a dire no.

Intanto a Roma si preparano le contromosse, pronti anche ad andare alla conta. A chiedere cioè, fa sapere il responsabile per le politiche Ue Sandro Gozi, un voto a maggioranza. Così come è stato fatto per Juncker. Perché - è il ragionamento di chi fino a qualche giorno fa, forte anche delle consultazioni con i colleghi del Pse, dava per scontato il risultato - quel veto non è giustificabile. Non lo è nella forma ma anche nella sostanza.

Nella forma verso chi sostiene che la giovane responsabile della Farnesina sia ancora inesperta o, ancor peggio, troppo filorussa. Nella sostanza perché anche se Roma non vuole, e lo ha sempre ribadito, una battaglia per 'le poltrone', è decisa comunque a far sentire la sua voce. Quella di Paese che ha sconfitto l'euroscetticismo e che vede il partito del premier primo in Europa. Mentre la questione diventa anche un 'caso' interno con Forza Italia che - per bocca del vicepresidente dell'Eurocamera Antonio Tajani - bolla come un "errore politico" chiedere la poltrona di ministro degli Esteri dell'Europa, prevedendo che il risultato sarà "molto difficile".

Tra i corridoi di Palazzo Chigi si ridimensiona la portata di quella fronda anti-Mogherini che fonti vicine al neo presidente della Commissione Ue, Juncker, oggi stimano in 10-11 Paesi contrari, lasciando intendere che oltre alle cancellerie dell'Est (offese anche del mancato riferimento di Renzi alla crisi Ucraina nel suo discorso di apertura del semestre e pronte a sostenere la candidatura della bulgara Kristalina Georgieva), ci sarebbero anche le scandinave (Finlandia e Svezia). E, forse - si lascia trapelare a Strasburgo - anche qualche dubbio di Berlino. Ma al di là delle tattiche un problema c'è. Ed il premier lo sa. Renzi arriva ad un vertice Ue che potrebbe non essere quello definitivo sulla partita nomine (ormai sono i più a scommettere che la questione sia rinviata ancora, ad un altro Consiglio straordinario a fine mese) con davanti una strada tutta in salita. E non solo per la possibile opposizione alla sua candidata: probabilmente sperava anche di andare a Bruxelles con già in tasca un passaggio formale sulle sue riforme, quella del Senato. Riforme che rivendica in cambio di quella flessibilità che ha spuntato nell'ultimo vertice, inserendone l'uso maggiore possibile nel comunicato finale, su cui però resta ancora molta ambiguità tra i partner. Tutti d'accordo nel sostenere l'uso di quella già prevista dai trattati - è la cronaca delle ultime settimane nelle dichiarazioni delle capitali - ma nessuno pronto a sbilanciarsi di più. Con le parole di ieri di Mario Draghi che probabilmente non aiutano.

La Mogherini comunque "ha l'appoggio dell'intera casa del Pse", ha fatto sapere oggi Gozi, tenendo a sottolineare che "a noi nessuno ha fatto obiezioni". Ma pronto ad annunciare che se prese di distanza ci saranno, l'Italia è pronta a far valere "il voto a maggioranza" e che la candidata italiana fa parte di un accordo che ha portato oggi alla nomina di Juncker. Sulla Mogherini il premier punta per un ruolo - quello di Lady Pesc - che Roma vuole interpretare al massimo di quanto previsto dai trattati, anche e sopratutto nel suo ruolo di vicepresidente della Commissione, lasciando al passato l'immagine di un ministro degli Esteri Ue sul modello della baronessa Asthon (da molti criticata per poca incisività nel far sentire la voce dell'Ue). Un ruolo su cui però - ammesso che sarà portato a casa - pesa anche un altro rischio: l'annuncio di un nuovo Commissario, quello all'immigrazione, potrebbe infatti di fatto rappresentare - secondo alcune letture - una sorta di depotenziamento.

Condividi