Si indaga su un'inchiesta di Falcone in Russia
Trattiva Stato-Mafia: il legale del generale Mori chiede che venga ascoltato Putin
L'avvocato Basilio Milio chiede che il leader russo venga ascoltato in merito a un'indagine del giudice Falcone su presunti fondi neri al Pds provenienti dal Pcus
Vladimir Putin potrebbe entrare nel processo Stato-Mafia. A chiedere alla Corte d’Assise che il presidente della Federazione russa venga ascoltato è l’avvocato Basilio Milio, difensore di Mario Mori e Antonio Subranni, i due generali dell’Arma accusati di essere coinvolti nella trattativa che avrebbe visto lo Stato scendere a patti con Cosa nostra. La deposizione di Putin si renderebbe necessaria – a detta di Milio – nel momento in cui la Corte considerasse ammissibili le dichiarazioni del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano. Intercettato per mesi, Graviano parla durante l’ora d’aria con il boss della camorra Umberto Adinolfi e in più occasioni si lascia scappare riferimenti alle stragi del ’92. Intercettazioni, queste, depositate dalla Procura agli atti del processo.
Le parole di Graviano
"Qualora le intercettazioni di Graviano venissero ammesse – ha affermato l’avvocato – si rende necessaria l'audizione della dottoressa Ilda Bocassini”. Allora procuratore aggiunto, Ilda Boccassini, seguendo le indagini dell’esplosione che il 19 luglio del 1992 provocò la morte del giudice Borsellino e degli uomini della scorta in via D’Amelio, manifestò pesanti dubbi sull’attendibilità delle dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino. Graviano, in carcere, parla di Borsellino e Falcone, parla della strage di via Capaci, di quella di via D’Amelio e dei moventi delle morti dei giudici palermitani. Proprio sull'attendibilità delle sue parole, però, è chiamata a pronunciarsi la corte.
Dalla Sicilia alla Russia
L’avvocato di Mori tira in ballo Putin e lo fa perché, scavando tra i filoni d’indagine del giudice Falcone, spunta fuori un’inchiesta che arriva fino in Russia. Insieme al procuratore Stefankov, il magistrato palermitano in quegli anni stava indagando anche su un flusso di denaro che dalle viscere del partito comunista russo (Pcus) sarebbe arrivato fino all’allora Pds, il Partito Democratico della Sinistra nato nel ’91 al termine del XX Congresso del Partito Comunista italiano, che in quel momento si scioglieva, facendo confluire le forze proprio nel Pds.
Chi si oppone alle intercettazioni
Intanto, però, Francesco Romito, difensore del colonnello Giuseppe De Donno e l’avvocato di Marcello Dell’Utri - ex senatore del Pdl condannato in via definiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa – si oppongono all’ammissione agli atti delle intercettazioni del boss Graviano. Per il primo quelle intercettazioni sarebbero “inutilizzabili” per per difetti di motivazione del decreto che le autorizzava. Per Giuseppe Di Peri, avvocato dell’ex senatore, il boss sarebbe stato a conoscenza delle intercettazioni in corso: le parole registrate, quindi, non sarebbero “genuine”. Il legale dell’ex ministro Nicola Mancino – accusato del reato di falsa testimonianza nel maxi processo sulla trattativa – fa sapere che, se venissero ammessi i confronti chiesti dai pm di Cirino Pomicino, Giuliano Amato e Vincenzo Scotti, tornerebbero a chiedere la deposizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella come prova a riscontro. Spetta alla Corte, sciogliere la riserva su tutte le questioni.