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ITALIA

Dal carcere ordinati gli omicidi e nominati i vertici del clan

Mafia, 8 arresti a Palermo: scongiurata faida fra famiglie

Con l'operazione, condotta dai carabinieri e coordinata dalla Direzione Distrettuale antimafia di Palermo, è stata scongiurata una nuova guerra tra famiglie all'interno dello stesso mandamento mafioso, quello di Porta Nuova

Blitz dei carabinieri
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E' stato scongiurato l'inizio di una nuova guerra di mafia, una faida tra famiglie in contrasto tra di loro per la leadership all'interno del clan. Nel mirino il mandamento mafioso di Porta Nuova con il blitz stanotte dei carabinieri di Palermo che ha portato all'arresto di 8 persone. Tutti presunti boss del clan palermitano.
L'inchiesta, denominata 'Iago' e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha decapitato i vertici del clan accusati a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso. 
A fare scattare l'operazione è stato un telegramma dal testo apparentemente banale. "Caro Gianni la salute del bambino tutto bene. In un unico abbraccio ti siamo vicini". Autore Marcello Di Giacomo, destinatario il fratello Giovanni, boss ergastolano. I carabinieri, che da mesi intercettavano e tenevano sotto controllo il capomafia di Porta Nuova, storico mandamento palermitano, hanno capito allora che il progetto di morte, nascosto dietro le informazioni sulla salute di un presunto bambino, stava per compiersi. E sono intervenuti.

L'operazione è collegata all'omicidio di Giuseppe Di Giacomo, indicato come esponente di spicco del mandamento di Porta Nuova, avvenuta il 12 marzo scorso a Palermo. Gli otto arrestati sono Marcello Di Giacomo, 47 anni, fratello dell'uomo ucciso il 12 marzo; Vittorio Emanuele Lipari, 53 anni; Onofrio "Tony" Lipari, 24 anni; Nunzio Milano, 65 anni; Stefano Comandè, 28 anni; Francesco Zizza, 32 anni; Salvatore Gioeli, 48 anni; Tommano Lo Presti, 39 anni. Lipari è considerato il reggente della famiglia di Porta Nuova, Gioeli il reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro e Tommaso Lo Presti, recentemente tornato in libertà, il suo successore.
Le indagini sono state coordinate dal capo della procura Francesco Messineo, dall'aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli.

L'inchiesta
L'indagine ha consentito di ricostruire l'organigramma del mandamento mafioso facendo emergere i ruoli dei capi ma - sostengono gli investigatori - soprattutto ha permesso di scongiurare l'inizio di una pericolosa faida tra famiglie mafiose. L'indagine è stata avviata a maggio 2013 e si concentrava su Giuseppe Di Giacomo, braccio destro dell'allora reggente Alessandro D'Ambrogio, poi arrestato. Di Giacomo - ricordiamo - è stato ucciso a colpi di pistola, in pieno giorno, lo scorso 12 marzo. Da subito era emerso il suo ruolo determinante dopo l'investitura, in carcere, da parte del fratello ergastolano Giovanni.

Le intercettazioni delle conversazioni intercorse tra i due fratelli in carcere, oltre a delineare il ruolo di spicco assunto da Giuseppe, hanno permesso di ricostruire le capacità operative dell’intera consorteria. Giovanni guidava il fratello consigliandogli le strategie criminali da intraprendere, soprattutto in relazione alla gestione della c.d. “cassa”. 
 
Le intercettazioni
Nel luglio del 2013, con l’operazione Alexander e l’arresto di D'Ambrogio viene decapitato il vertice del mandamento mafioso. Senza temporeggiamenti, viene quindi nominato dal carcere, dove si trova Giovanni Di Giacomo, suo fratello Giuseppe. Il tutto avviene in uno dei periodici incontri: "....ma poi c’è un’altra cosa che fuori non la sa nessuno ... questa te la dico a te ...- dice Giovanni -
e ad un certo punto dovrà venire fuori ... a te ti abbiamo fatto NOI ALTRI (I boss detenuti, ndr)......a LUI (Gregorio Di Giovanni, ndr) chi l’ha fatto... il NICCHI?!...e chi l’ha autorizzato????!!!!...e questi sono tutti abusivi sono... ricordatelo!"
 
La nomina provoca i rancori e i risentimenti dei mafiosi di rango che, scarcerati di lì a poco, non condividono la leadership del momento. Il 12 marzo scorso Giuseppe Di Giacomo viene ucciso in un agguato mafioso. L’omicidio innesca nei familiari un incontrollabile desiderio di vendetta e Giovanni e il fratello Marcello pensano di uccidere i responsabili.
 
Gli altri progetti omicidiari
Gli incontri in carcere tra i fratelli Giovanni e Giuseppe sono costantemente incentrati sulla necessità di eliminare qualche personaggio ritenuto non in linea con la nuova gestione della consorteria. I due parlano anche dell’opportunità di uccidere un sodale, che egoisticamente non vuole mettere a disposizione degli affiliati le proprie risorse economiche, e della necessità di eliminare un uomo d’onore prossimo alla scarcerazione, in quanto ritenuto responsabile di un proposito omicidia ordito dal boss Cancemi Salvatore nei confronti di Giovanni quando quest’ultimo era in libertà. Inquietante, a tal proposito, lo scambio di battute tra i fratelli:
GIOVANNI:   ... hai capito? però ti metti sempre un uomo vicino...
GIUSEPPE:      ... certo
GIOVANNI:    ... TUM ... NEL SACCO ... L’IMPORTANTE CHE LO DOVETE “AVVRURICARE” (ndr.seppellire) ... tutto qua è il discorso
GIUSEPPE:      ... certo
GIOVANNI:    ... QUACINA ... QUACINA (ndr. calce) ... DI SOPRA
GIUSEPPE:      ... si ... eh ... eh
GIOVANNI:    ...GLI TOGLIETE I VESTITI
GIUSEPPE:      ... si ... lo so
GIOVANNI:    ... LE SCARPE ... hai capito?
GIUSEPPE:      ... si
GIOVANNI:    ... CI FAI IL TRATT ... PERO’ QUANDO VIENE IL CRASTO ... “BATTITILO SEMPRE IN CAPO”
GIUSEPPE:      ... si
GIOVANNI:    ... PERCHÉ PUÒ AVERE QUALCHE... CAPITO?
GIUSEPPE:      ... si
GIOVANNI:    ... QUESTO E’ IL DISCORSO... PER EVITARE “U’ SCRUSCIO”
 
 
 

 









 
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