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SALUTE

Esperti mondiali: più casi di quanto ammesso

Coronavirus, allerta negli aeroporti del mondo per la misteriosa malattia di Wuhan

La comunità scientifica è preoccupata per la diffusione del misterioso coronavirus, che ha contagiato 50 persone, uccidendone due, nella città di Wuhan, in Cina. Tre casi di contagio all'estero. Diversi aeroporti nel mondo adottano misure di prevenzione

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Le autorità sanitarie statunitensi hanno annunciato che sottoporranno a controlli tutti i viaggiatori in arrivo da Wuhan, in Cina, per verificare che non abbiano contratto il nuovo coronavirus che ha già ucciso due persone.

Lo hanno reso noto i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani, precisando che gli aeroporti interessati dalla nuova misura sono quelli di San Francisco, New York-Jfk e Los Angeles, dove atterra la maggior parte dei viaggiatori da Wuhan, la città dove si sono verificati i casi di contaminazione. ​

Per i controlli sul nuovo coronavirus sono stati dispiegati 100 addetti addizionali. Prima ancora degli Stati Uniti,  Thailandia, Giappone (dove sono stati rilevati tre casi), Singapore e Hong Kong avevano già intensificato i controlli negli aeroporti.  L'aeroporto internazionale di Wuhan serve 19 milioni di persone, ma solo 3.400 al giorno viaggiano all'estero.

Più infettati rispetto ai dati ufficiali
La malattia respiratoria è apparsa a Wuhan a dicembre. Il numero di persone infettate dal virus misterioso  sarebbe però di gran lunga superiore a quanto suggeriscono le cifre ufficiali diffuse dalle autorità cinesi. A lanciare l'allarme sono alcuni scienziati britannici, intervistati dalla Bbc. Se fino ad ora sono quasi 50 i casi confermati - con due morti - gli esperti del Regno Unito stimano già diverse centinaia di casi, per un totale che si avvicinerebbe addirittura a quota 1.723.

"Sono sostanzialmente più preoccupato di quanto non fossi una settimana fa", ha detto l'epidemiologo, Neil Ferguson, fra gli autori di uno studio che ha effettuato una stima delle infezioni in Cina sulla base del tipo di virus e della rilevazione di alcuni casi esportati in Paesi vicini. Il lavoro è stato condotto dal Centro Mrc per l'analisi globale delle malattie infettive dell'Imperial College di Londra, che fornisce consulenza ad enti tra cui il governo del Regno Unito e l'Organizzazione mondiale della sanità.

Rizza (Istituto superiore di Sanità): allarme da non sottovalutare
L'allarme dei ricercatori inglesi sul numero reale delle infezioni causate dal nuovo virus scoperto in Cina "è credibile e non va sottovalutato. Oltretutto è frutto del lavoro di uno studioso del calibro di Neil Ferguson, uno dei più grandi modellisti a livello mondiale. Considerati i casi rilevati in Thailandia e Giappone, penso anche io che il numero di infezioni legate a questo virus possa essere superiore a quanto rilevato finora". Ad affermarlo all'Adnkronos Salute è Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di Sanità (Iss).

"A far pensare ad una diffusione più ampia rispetto ai numeri ufficiali - continua Rezza - è anche il fatto che alcuni pazienti non avrebbero visitato il mercato (di frutti di mare e fauna selvatica, ndr) che è ritenuto essere all'origine del fenomeno. Inoltre, come spiegano i ricercatori britannici, la rilevazione di casi all'estero, al di fuori della città cinese di Wuhan che conta 11 milioni di abitanti, fa pensare ad un'esposizione più estesa: o il serbatoio di animali infetti è più diffuso rispetto al singolo mercato individuato fino ad ora dalle autorità, oppure potrebbe esserci stata una trasmissione interumana, seppur limitata".

Trasmissione uomo a uomo?
Un aspetto al momento escluso dalle autorità cinesi.  Funzionari cinesi infatti affermano che finora non ci sono stati casi di diffusione del virus da una persona all'altra. Sostengono che il virus abbia però attraversato la barriera delle specie: proverrebbe infatti da animali infetti in un mercato di frutti di mare e fauna selvatica a Wuhan.

"Si dovrebbe considerare la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo più seriamente di quanto non sia stato fatto finora" sostiene invece Ferguson. "Sarebbe improbabile per me, dato ciò che sappiamo dei coronavirus, che l'esposizione agli animali" ammalati "sia la causa principale di un numero così elevato di infezioni umane".
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