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CULTURA

Grand Tour del XXI secolo

L'Italia tornerà numero uno nel turismo? Dipende dai Big Data

Nel rapporto di Italiadecide i numeri e le proposte affinché l'Italia torni ad essere la prima destinazione scelta dagli stranieri. Ma su internet siamo in ritardo. Inoltre abbiamo pochi collegamenti low cost e troppo fisco. 

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di Celia GuimaraesRoma I numeri, le leggi, i protagonisti, ma soprattutto le proposte affinché, dopo oltre 30 anni, l'Italia torni ad essere prima nel turismo, sono contenuti nel Rapporto 2014 di Italiadecide, l'Associazione per la qualità delle politiche pubbliche. Un'Italia che deve puntare al cambiamento, a partire dalla tecnologia.

Internet in ritardo 
Si stima che nel 2010 ci fossero circa 2 miliardi di utenti connessi a internet. Si prevede anche che ci saranno circa 50 miliardi di connessioni a internet entro il 2020. L’«Economist» arriva a stimare la crescita di produzione di dati digitali a circa 45% all’anno per i prossimi 10-15 anni. I dati sono il “petrolio del XXI secolo” e possono aiutarci a stabilire flussi e preferenze turistiche, afferma Euro Beinat, professore di Geoinformatica all'Università di Salisburgo (nel video la sua intervista).

Ma l’Italia sconta inoltre un ritardo nella vendita di servizi mediante internet. Secondo i dati dell’indagine annuale dell’Eurostat sull’uso delle tecnologie informatiche presso le famiglie e le imprese, nel 2011 il 43% delle imprese italiane del settore ricettivo ha venduto almeno l’1% dei propri servizi sul web, contro il 47% (dato 2010) di quelle francesi, il 72% di quelle spagnole e una media del 57% dell’area euro (Magda Antonioli Corigliano) . Nessuna delle grandi Ota (Online travel agency) ha sede in Italia: Booking com è olandese, Expedia americana, Venere inglese, Trivago tedesca…

Troppo piccoli e senza internet 
Dal rapporto emerge una serie di problemi: piccole dimensioni di impresa, arretratezza del Sud, regolamentazioni che non aiutano l'impresa, elevata tassazione, mancata realizzazione dell'Agenda digitale, su internet, situazione precaria delle infrastrutture e delle accessibilità all'Italia e alle sue componenti territoriali, un capitale umano non sempre all'altezza. Niente grandi alberghi, niente grandi comitive. Secondo i dati Eurostat, nel 2012 le aziende italiane avevano 30 posti letto contro i 66 della Germania, i 75 di Spagna e i 175 di Francia, e i 60 della media Ue. Nella graduatoria delle principali catene alberghiere mondiali, il primo gruppo italiano è oltre il 150° posto. Oggi si contano in Italia 17mila agriturismi e 25mila b&b. Le strutture ricettive in Italia, nel 2012, sono in totale 157.228 con più di 4,7 milioni di posti letto: il numero di alberghi è pari a 33.728 unità con 2.250.704 posti letto, leggermente in calo rispetto al 2011 e il numero degli esercizi extra-alberghieri risulta pari a 123.500 unità nel 2012 con 2.511.897 posti letto, in aumento rispettivamente del 3,1% e dello 0,9% rispetto all'anno precedente. 

Tornare primi 
Se 30 anni fa l'Italia era la prima scelta del turismo mondiale, ora è al 5° posto dopo Francia, Usa, Cina e Spagna. Siamo valutati soltanto al 79° posto per la misura con cui il governo ritiene prioritaria l'industria turistica (Spagna 10a, Francia 35a). La nostra capacità di accoglienza vale tra i 45 e i 50 milioni di turisti all'anno contro i 57 della Spagna e 80 della Francia.

Oltre 80 milioni di stranieri
Nel 2012 oltre 130 milioni di persone hanno attraversato i confini italiani. Di queste, più del 60% era straniero e il 55% ha effettuato almeno un pernottamento. I turisti stranieri hanno speso in Italia oltre 32 mld di euro e gli italiani all'estero più di 20, generando così un saldo netto positivo di 11,5 mld. Il valore aggiunto dell'industria turistica in Italia è stato di 63,9 mld, ovvero pari al 4% del Pil. Prendendo in considerazione il valore aggiunto dell'intera economia turistica - il settore allargato - questo valore arriva a 161 miliardi, ovvero il 10,2% del Pil.

Patrimonio poco valorizzato
In Italia vi sono 424 istituti statali dipendenti dal Mibact a cui vanno aggiunti ben 4.340 istituti non statali (3.409 musei, 802 monumenti, 129 siti archeologici). I siti statali totalizzano un numero di visitatori che è ben più della metà di quello fatto registrare dagli oltre 4.000 siti non statali. Ma il mancato equilibro nei visitatori si palesa anche all'interno degli stessi siti statali, dove solamente 8 (Colosseo, Pompei, Uffizi, L'Accademia, Castel Sant'Angelo...) fanno registrare la metà dei visitatori. L'Italia attualmente detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità (47), seguita Spagna (44) e Cina (43), su un totale di 962 siti in 157 nazioni. Tuttavia la capacità di valorizzare in termini economici il nostro patrimonio è ancora insoddisfacente. Il ritorno "commerciale" sugli asset culturali (Rac) degli Usa è circa 16 volte il Rac italiano. Il ritorno degli asset culturali della Francia e del Regno Unito è tra 4 e 7 volte quello italiano.

Il Sud senza low cost 
Nonostante il rilevante potenziale di attrazione turistica e la durata potenzialmente maggiore rispetto al Centro Nord della stagione balneare, il Mezzogiorno è l’area che presenta la minor quota di introiti dall’estero (13% del totale nazionale nel 2012). L’incidenza del turismo internazionale sull’economia del Mezzogiorno (circa l’1% del Pil dell’area) è decisamente inferiore a quella sull’economia del Centro Nord (poco più del 2% del Pil). Tra le possibili cause del ritardo del Mezzogiorno vi è l’accessibilità dall’estero. Ad esempio, nonostante la situazione sia migliorata grazie alla crescita dell’offerta di voli low cost, il Mezzogiorno risulta meno accessibile delle Regioni mediterranee della Spagna, soprattutto a causa di un’inferiore dotazione di tratte aeree internazionali, 5% contro 45% (che sono il vettore privilegiato per il turismo dall’estero).

Fisco elevato 
Anche le aliquote di imposta, relativamente elevate nel confronto con altri Paesi, contribuiscono a frenare la domanda. Dal punto di vista della politica fiscale, la leva principale è costituita dall’imposta di soggiorno alla quale si aggiunge l’Iva che l’Italia applica al 10% contro il 7% medio Ue. La tassazione complessiva del settore arriva, dunque al 12,5% nettamente superiore a Spagna e Francia.

Non resta che la macchina 
I principali aeroporti europei (Londra, Parigi, Francoforte), servono il 44%, 37% e 34% delle destinazioni mondiali contro il 24 e 20% di Roma e Milano. L’Alta velocità ferroviaria ha un forte impatto sulle città collegate (Torino, Bologna, Reggio Emilia, Firenze, Roma e Napoli), ma serve anche un potenziamento delle linee secondarie per irrorare il “territorio vasto” e raggiungere il nostro museo diffuso. Secondo le ultime rilevazioni, l’auto resta il principale mezzo di trasporto per i turisti residenti in Italia ed è utilizzata nel 60,5% dei casi; l’aereo e il treno ricorrono, rispettivamente, nel 20,4% e nell’8,5% dei viaggi. L’auto è preferita nel 67% degli spostamenti per vacanza (nel 74% delle vacanze brevi e nel 54,6% delle lunghe); per quanto concerne i viaggi di lavoro, dopo l’auto (38,5%) i mezzi di trasporto prescelti sono l’aereo (34,2%) e il treno (20,9%) (Paolo Pilieri, Lanfranco Senn e Tatiana Cini).

Pochi laureati 
Considerando i dati dell’occupazione (2011), quelli diretti nel settore turistico sono 1,91 milioni; sommando anche gli indiretti si arriva a 3,32 milioni di persone, ovvero l’13,8% del totale occupati in Italia. Secondo i dati dell’Eurostat, nel 2011 la percentuale di laureati (o con titoli post laurea) sugli occupati nel settore degli alberghi e ristoranti era pari al 5,8%, un valore decisamente inferiore sia alla media della UE-27 (13,4%), sia ai corrispondenti livelli della Spagna (17,8%) e della Francia (16,4%).
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