Coronavirus, controlli sui telefoni a Milano. Il Board europeo Privacy: le regole vanno rispettate
"Da controlli effettuati in collaborazione con le compagnie di telefonia sulle celle telefoniche risulta che a Milano si sposta il 40% delle persone. Ancora troppe", ha dichiarato l'assessore regionale al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. Negli Stati Uniti, intanto, la Casa Bianca lavora con le aziende tech per tracciare gli spostamenti tramite smartphone. L'inchiesta di Speciale Tg1 sui nostri dati
Nessuna "sorveglianza digitale", ci sono delle regole da seguire: i dati di localizzazione possono essere utilizzati dall'operatore "solo quando sono resi anonimi o con il consenso delle persone". Ed eventuali misure 'in deroga' applicate dai singoli Stati per fronteggiare l'emergenza devono essere "necessarie, adeguate e proporzionate all'interno di una società democratica".
La presa di posizione dell'European Data Protection Board (Edpb), il Comitato europeo della protezione dati, in tema di Covid-19 aiuta a fare chiarezza anche sulla situazione italiana: in Lombardia - grazie proprio ai dati messi a disposizione dalle grandi compagnie telefoniche - si scoperto che almeno il 40% dei residenti nella regione continuano a muoversi, chi per lavoro chi per altri motivi.
Spostamenti in Lombardia
"Nessun Grande fratello", ha precisato l'assessore al Welfare, Giulio Gallera, ed in effetti - proprio come prescrivono le regole della privacy - si tratterebbe di dati aggregati in forma assolutamente anonima.
La regione Lombardia sta controllando gli spostamenti dei cittadini tramite gli smartphone: "Ci siamo fatti dire dai grandi operatori della telefonia quali erano gli spostamenti da cella a cella e - ha spiegato Gallera - abbiamo visto che ancora oggi a Milano il 40% delle persone si muove.
Nonostante tutte le misure prese "siamo purtroppo poco sopra al 40%" di persone che si spostano. "Tra l'altro la percentuale è in aumento". "I movimenti registrati sono quelli che hanno cambiato cella telefonica, quindi si sono spostati per più di 300 metri".
Le regole europee
Il Regolamento europeo (Gdpr), ha ricordato Andrea Jelinek, presidente dell'Edpb, "non ostacola le misure prese nella lotta contro la pandemia" ma "anche in questi tempi eccezionali, il responsabile del trattamento dei dati deve garantire la protezione dei dati personali degli interessati".
Per il trattamento dei dati di comunicazione elettronica, come i dati sulla posizione mobile, si applicano precauzioni ulteriori: i dati di localizzazione devono essere elaborati in forma anonima e in modo tale da non poter essere convertiti in dati personali. E nel caso in cui, ai sensi dell'articolo 15 della direttiva, i singoli Paesi dovessero adottare misure emergenziali a tutela della sicurezza nazionale e pubblica, devono prevedere "garanzie adeguate", quale ad esempio la possibilità di fare ricorso.
Casa Bianca e Big Tech
Questo per quanto riguarda l'Europa, mentre negli Stati Uniti iI governo si sta confrontando con Google, Facebook e altre compagnie tecnologiche, nonché con esperti sanitari, sulla possibilità di usare i dati sulla geolocalizzazione raccolti dagli smartphone degli americani per contrastare il coronavirus.
Secondo il Washington Post le autorità sanitarie starebbero vagliando l’ipotesi di servirsi dei dati rilevati dal gps sulla localizzazione dei dispositivi, in forma anonima e aggregata, per mappare la diffusione del contagio, ma non solo: anche per controllare se le persone stanno mantenendo le distanze di sicurezza.
Di chi sono i nostri dati?
Mai come adesso, con l'emergenza coronavirus, gli italiani stanno entrando nella cosiddetta "vita digitale": Cina, Taiwan, Corea, grazie ai dati hanno arginato il contagio. Come si muove l'Europa e come si pensa di tutelare la proprietà dei dati sensibili?
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