Il digitale migliora la qualità della vita degli italiani, ma non è ancora per tutti
Presentato il Rapporto realizzato dal Censis in collaborazione con Lenovo. Quintarelli (presidente Agid): 25 milioni di italiani hanno Spid
Per il 70% degli italiani la digitalizzazione migliora la qualità della vita e 90% è soddisfatto dei dispositivi che possiede. Tuttavia, 12,4 milioni di italiani devono condividerli con i propri familiari e lavoratori su tre utilizzano device personali per motivi di lavoro sottovalutando i rischi per sicurezza e privacy.
La sintesi del Rapporto «La digital life degli italiani» - realizzato dal Censis in collaborazione con Lenovo - presentato oggi, evidenzia non solo la fiducia nel nel futuro digitale del Paese, ma anche tante ombre. "Gli italiani traggono un crescente benessere dai dispositivi digitali, che semplificano e migliorano le loro vite", ha detto il direttore generale Massimiliano Valerii. "Siamo all’alba di una nuova transizione digitale. Ora serve un progetto di società digitale pienamente inclusiva, che possa dare risposta alla domanda ancora insoddisfatta di dispositivi, connessioni, competenze, e superare le diversità di accesso".
Nel dopo pandemia, per il 74,4% degli italiani è ormai abituale l’uso combinato di una pluralità di device (smartphone, pc, laptop, tablet, smart tv, console di gioco). Il luogo dal quale ci si connette non ha più importanza: il 71,7% degli utenti svolge ovunque le proprie attività digitali - il 93% tra i giovani - e gli orari sono relativi: il 25,5% naviga spesso di notte (il 40% tra i giovani).
La casa è diventata più attrezzata per la digital life: il 73% degli utenti vive in famiglie in cui ogni membro si connette con un proprio dispositivo, il 71,1% ha una connessione casalinga ben funzionante, il 67,9% risiede in abitazioni in cui ciascuno ha uno spazio in cui svolgere le proprie attività digitali. Il 55% degli italiani è persino convinto che la propria vita di coppia abbia tratto beneficio dai dispositivi digitali.
Gli italiani si aspettano molto dalla digitalizzazione della Pubblica amministrazione: l’85,3% dei cittadini spera che in un prossimo futuro possa dialogare via e-mail con gli uffici pubblici, l’85% che si possano richiedere documenti e certificati online, l’83,2% di poter pagare online in modo semplice e veloce tasse, bollettini e multe. Il 78,9% si aspetta di ricevere informazioni personalizzate via e-mail, sms o messaggi WhatsApp. Semplificazione, senza perdere di vista la sicurezza: il 76,4% vorrebbe poter conoscere i dati personali di cui la Pa dispone, il 75% vorrebbe comunicare via Pec nella massima riservatezza, il 74% vorrebbe poter accedere a tutti i servizi online con una sola password.
Digitalizzazione della Pubblica amministrazione è stato l'argomento affrontato dal presidente dell'Agid, Stefano Quintarelli, che si è detto sorpreso e soddisfatto dei risultati del Rapporto, visto che "l'Italia, ogni anno, è sempre fanalino di coda nell'indice Desi" e "questi dati testimoniano salto in avanti che speriamo si ritrovino nel prossimo indice" di digitalizzazione in Europa.
Secondo Quintarelli, "la pandemia tolto molte remore è stato come buttare il bambino in piscina: ha dovuto imparare a nuotare" e abbiamo realizzato tutti che "si può fare". Il salto nel digitale incontra "le ritrosie non solo di utenti ma anche di chi gestisce e fornisce servizi", ricorda l'ex parlamentare. "È diverso l'uso del digitale nella Pa perché deve essere conforme a tutte le garanzie di legge, il sistema interno è altamente rigoroso. La Pa per definizione è lenta ma è giusto che sia così perché sono i soldi di tutti", aggiunge Quintarelli e spiega: "spesso si è digitalizzato quello che si faceva in cartaceo, abbiamo esempi di pessimo uso della digitalizzazione perché processi si sono consolidati nei decenni" ma una volta iniziata, "la trasformazione della Pa spicca il volo".
Da 'papà' dello Spid, il sistema unico di identità pubblica per dialogare con la Pa, Quintarelli è compiaciuto di quel 74% di persone che, secondo il Rapporto Censis, vuole accedere ai servizi con una sola password: "E' esattamente ciò che fa Spid, a cui aderiscono ormai 25 milioni di italiani tra 18 e 79 anni, vale a dire il 55% della popolazione italiana attiva".
Le aspettative di riservatezza nei rapporti con la Pa però non vanno di pari passo con l'uso, da parte dei cittadini, di dispositivi personali nel rispetto della cybersecurity: Due terzi dei lavoratori (il 66%) utilizzano device personali per motivi di lavoro, con punte fino all’85% tra i lavoratori autonomi e del 72,2% tra gli occupati laureati. Ma succede anche che il 26,9% degli occupati (e il 39,8% dei dirigenti) impieghi i dispositivi elettronici aziendali per ragioni personali. Sottovalutando il fatto che usi impropri dei dispositivi possono comportare rischi per la sicurezza dei dati e per la privacy di lavoratori e aziende.
Trascurare questi rischi è un elemento di criticità, visto che gli italiani navigano in rete con disinvoltura: Il 69,4% degli utenti si sente sicuro quando effettua pagamenti o altre operazioni finanziarie online (il 74,5% tra i laureati) e più della metà (il 55,6%) utilizza almeno qualche volta i servizi cloud per salvare documenti e informazioni (con punte del 77,5% tra i dirigenti e del 63,9% tra i laureati).
Digital divide e mancanza di competenze di base continuano ad essere fenomeni diffusi in Italia, malgrado lo scenario avanzato di digitalizzazione: sono ancora 4,3 milioni di utenti di dispositivi privi di connessione e complessivamente 22,7 milioni gli italiani che lamentano qualche disagio in casa, con stanze sovraffollate (14,7 milioni) o connessioni domestiche lente o instabili (13,2 milioni). Sul fronte dei dispositivi, sono ancora 12,4 milioni gli italiani devono condividerli con i familiari e 4,4 milioni li ritengono inadeguati.
Per quanto riguarda l’inclusione nella digital life, sono complessivamente 24 milioni gli italiani che non sono pienamente a loro agio nell’ecosistema digitale: 9 milioni sono in difficoltà con le piattaforme di chat (WhatsApp, Telegram), 8 milioni con la posta elettronica, 8 milioni con i social network, 7 milioni con la navigazione sui siti web, 7 milioni con le piattaforme in streaming per seguire eventi sportivi, film e serie tv, 6 milioni hanno difficoltà con l’e-commerce, 5 milioni non sanno fare i pagamenti online, 4 milioni non sanno usare le app e piattaforme per le videochiamate e i meeting virtuali.
Il Rapporto Censis, presentato dal direttore generale Massimiliano Valerii, è stato discusso da Eleonora Faina, direttore generale Anitec-Assinform, Antonello Giacomelli, commissario Agcom, Stefano Quintarelli, presidente Agid ed Emanuele Baldi, executive director di Lenovo Italia, che ha dichiarato: "La pandemia ha accelerato la trasformazione digitale di almeno 5 anni, portando permanentemente in primo piano nuovi comportamenti digitali sia nella sfera privata che di lavoro. Ecco perché dobbiamo concentrarci su tecnologie più intelligenti che si adattano meglio a questo futuro."