CULTURA
La scheda
24 maggio 1915, l'Italia entra in Guerra a fianco dell'Intesa
Il 26 aprile la firma in segreto del Patto di Londra con Inghilterra, Francia e Russia
Neutralisti e interventisti
I neutralisti (cattolici, liberali giolittiani, socialisti) erano la maggioranza nel Paese e alla Camera, ma erano divisi. Gli interventisti (repubblicani, radicali, socialriformisti, sindacalisti rivoluzionari, associazioni irredentiste) avevano un obiettivo comune e una maggior capacità di mobilitare le piazze. Ma il presidente del Consiglio Salandra, il ministro degli Esteri Sonnino e il re Vittorio Emanuele III avevano già deciso, firmando in gran segreto il 26 aprile il Trattato di Londra con Inghilterra, Francia e Russia, che in cambio dell’alleanza con l’Intesa offrivano il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, la Venezia-Giulia, l’Istria, tranne la città di Fiume, e la Dalmazia. In pratica, il completamento del processo Risorgimentale e la garanzia di un ruolo di rilievo a livello internazionale alla fine del conflitto.
Le posizioni di chi, come l’ex premier Giovanni Giolitti, puntava a concessioni territoriali da parte degli Imperi centrali per rimanere neutrali e pensava che il Paese non fosse pronto a uno scontro armato di tali dimensioni erano state sconfitte. Il 20 maggio, per evitare un voto contrario che avrebbe sconfessato il governo e il re, la Camera approvò la concessione di pieni poteri all’esecutivo. Il 23 maggio fu dichiarata guerra all’Austria, il giorno successivo iniziarono le operazioni militari.
24 maggio 1915, l'Italia entra in guerra
È un giorno che è rimasto nella memoria storica del paese, quel 24 maggio di cento anni fa. Forse il Piave mormorava davvero calmo e placido, come dice la celebre canzone degli alpini, ma ad attendere i fanti italiani e con loro tutto il Paese c’erano anni durissimi, di sofferenze e di privazioni. Più di tre anni dopo sarebbe arrivata una vittoria, ma sicuramente conseguita a caro prezzo.
La logorante vita nelle trincee
L’esercito austriaco ripiegò subito di pochi chilometri, per occupare posizioni più facilmente difendibili. I militari italiani si trovarono impegnati su un fronte lunghissimo, che andava dal confine con la Svizzera al mare Adriatico, attraversando vette alpine e ghiacciai. I generali, come tutti i loro pari grado dell’epoca, utilizzavano tattiche ottocentesche che non tenevano conto delle innovazioni tecnologiche, a partire dalle mitragliatrici che falciavano con fredda efficienza i soldati lanciati alla carica per conquistare poche decine di metri di terreno. Entro la fine dell’anno, tra le fila italiane si sarebbero contati già oltre 250mila fra morti e feriti.
Gli stati dopo la guerra
I confini, le cicatrici della Storia, sarebbero stati cambiati radicalmente dalla Grande Guerra. L’Impero Austro-Ungarico si disgregò, la Germania subì sanzioni durissime. L’Italia ottenne quanto promesso, anche se la questione dell’annessione della città di Fiume avrebbe fatto a lungo parlare di “vittoria mutilata”. Molti di quei fanti che il 24 maggio 1915 attraversarono il Piave, nel novembre 1918 tornarono a casa trovandosi davanti un mondo diverso. Un mondo che tantissimi altri non ebbero la fortuna di vedere. L'approfondimento di Rai Storia: