ITALIA
Già trasferito dal carcere di Nuoro
Camorra: si pente il boss Antonio Iovine
O 'ninno ha deciso di collaborare con i magistrati. Una decisione che apre scenari sino a ieri impensabili nella lotta alla camorra e che potrà aiutare ad alzare il velo anche sui rapporti tra criminalità organizzata e politica
La svolta è arrivata un paio di settimane fa, quando Iovine ha cominciato a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Ma è questo solo l’ultimo capitolo di un percorso iniziato almeno 4 anni fa, con l’arresto di o ‘ninno, soprannome di Iovine. I primi segnali erano arrivati già il 6 agosto del 2011 quando, convocato dal pm Ardituro per essere interrogato su una storia di usura, Iovine lasciò trasparire qualche timidissima apertura. Quel primo contatto però rimase a lungo isolato. Poi, a dicembre, il boss dei Casalesi ha deciso di revocare i suoi avvocati, segnale indicativo di una volontà di cambiare atteggiamento e, agli inizi di maggio di quest’anno, il padrino ha saltato il fosso, cominciando a riempire pagine di verbale sulle quali ora i magistrati lavorano per vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni e trovare i riscontri. Il detenuto è stato subito trasferito da Nuoro, dove era recluso in regime di carcere duro, mentre per i congiunti è scattato il piano di protezione.
La decisione di Iovine di collaborare apre ora scenari sino a ieri impensabili. “E’ una notizia che rischia di cambiare per sempre la conoscenza delle verità su imprenditoria e criminalità organizzata non solo in Campania, non solo in Italia – spiega Saviano -. Antonio Iovine detto ’o ninno per il suo viso di bambino ma soprattutto per aver raggiunto i vertici del clan da giovanissimo non è un quadro intermedio, un riciclatore delle famiglie, non un solo capo militare. È uno che sa tutto. E quindi ora tutto potrebbe cambiare”.
Se esistono molti boss di mafia pentiti, non altrettanto accade nella camorra. Iovine è stato ai vertici dei Casalesi per oltre dieci anni, non esistono precedenti simili, se non forse quello di Pasquale Galasso, capo della Nuova famiglia. L’altro pentito del clan dei Casalesi che ha cambiato la storia è stato Carmine Schiavone ma era un capo della vecchia generazione, marginalizzato nell’ultima fase, che decise di pentirsi proprio perché estromesso dai vertici.
Con Iovine la storia è invece completamente diversa. O ‘ninno è un boss moderno, quello che è stato capace di investire e far fruttare i proventi del narcotraffico e dare un respiro imprenditoriale all’economia della camorra. “Seguendo l’indicazione del padrino Bardellino – racconta l’autore di Gomorra -, Roma era la vera fortezza da espugnare e Iovine l’ha sempre saputo. Ed è qui che si è legato ai tre settori cardine della capitale: cemento, intrattenimento, politica. Ha provato a scalare la squadra di calcio della Lazio, riciclando 21 milioni di euro provenienti dall’Ungheria, attraverso il suo parente Mario Iovine detto Rififì, a Roma ha investito nel settore del gioco d’azzardo legale”.
Iovine è giovane, non ha ancora 50 anni ed ha dei figli perfettamente inseriti nella vita della borghesia romana e campana. Recluso nel carcere duro, condannato all’ergastolo e con decine di inchieste sulla testa o ‘ninno ha capito che probabilmente per lui non restava altra strada che collaborare. Così, lui che a differenza di altri boss non aveva rinunciato a vivere pur di non essere arrestato, non aveva confinato la sua esistenza tra le pareti di un bunker che, per quanto attrezzato è sempre una buca, ha capito che dal carcere non sarebbe mai uscito.
Antonio Iovine potrà chiarire e raccontare molto, moltissimo: potrà parlare delle voci che lo hanno descritto (senza mai nessuna conferma giudiziaria) come il burattinaio dietro la scalata di Ricucci, Coppola e Statuto. Potrebbe chiarire il potere della famiglia Cosentino e dei rapporti con tutta la politica degli ultimi vent’anni in Campania e non solo.