La polemica
Caso Di Matteo, Bonafede: nessuna interferenza nella nomina del capo del Dap
"Volevo Di Matteo al ministero, mancarono i presupposti" afferma il guardasigilli nel corso del Question time alla Camera. "Rivendico la discrezionalità delle mie scelte, anche ora"
"Ogni ipotesi o illazione costruita in questi giorni da alcune forze politiche è del tutto campata in aria, perché, come emerso dalla ricostruzione temporale dei fatti, le dichiarazioni di alcuni boss erano già note al ministero dal 9 giugno 2018 e quindi ben prima di ogni interlocuzione con il diretto interessato". Lo ha detto al question time alla Camera il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulla mancata nomina di Nino Di Matteo a capo del Dap nel 2018.
"Mi viene chiesto innanzitutto se e quali interferenze si siano manifestate sulla nomina di capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel 2018. La risposta è molto semplice: nel giugno 2018 non vi fu alcuna interferenza diretta o indiretta, nella nomina del capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria" ha aggiunto Bonafede.
Nella scelta del capo del Dap seguite mie valutazioni
"Anche con riferimento alla recente nomina del nuovo Capo Dipartimento, ho seguito mie valutazioni personali nella scelta, la cui discrezionalità rivendico" ha sottolineato il ministro della Giustizia. Bonafede al suo posto scelse Francesco Basentini. Sabato scorso, dopo le dimissioni di Basentini dall'incarico, il Guardasigilli ha indicato il nome di Dino Petralia come nuova guida del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.
Volevo Di Matteo al ministero, mancarono i presupposti"
"Nelle normali interlocuzioni per la formazione della squadra, avevo intenzione di coinvolgere il dottor Di Matteo, conoscendo il suo profilo professionale e la sua carriera come magistrato antimafia. Per questo pensai a due ruoli per lui: o il vertice dell'amministrazione penitenziaria oppure un ruolo equivalente alla posizione ricoperta da Giovanni Falcone a seguito di riorganizzazione. Mi convinsi che questa seconda opzione fosse la più giusta perché avrebbe consentito a Di Matteo di lavorare in via Arenula al mio fianco. Inoltre, ritenevo che questa decisione avrebbe consegnato un messaggio chiaro e inequivocabile per tutte le mafie. Come è ormai noto, non ci furono i presupposti per realizzare l'auspicata collaborazione" ha concluso.