SALUTE
Boom della spesa sanitaria privata
Censis: 11 milioni di italiani rinunciano alle cure mediche per costi e liste d'attesa
Erano 9 milioni nel 2012 e sono diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche. E' quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm, presentata oggi in occasione del Welfare day.
Una fetta in aumento tra la popolazione: erano 9 milioni nel 2012 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell'ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagare di tasca propria le prestazioni. Al cambiamento "meno sanità pubblica, più sanità privata" si aggiunge il fenomeno della sanità negata: "niente sanità senza soldi". Riguarda, in particolare, 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennials.
Boom della spesa sanitaria privata
Il boom della spesa sanitaria privata nel 2015 sale a 34,5 miliardi di euro - rivela la ricerca Censis -con un aumento reale di +3,2% rispetto al 2013, praticamente il doppio della spesa totale per consumi. L'incremento di spesa sanitaria privata è tanto più impressionante se si considera la dinamica deflattiva che, nel caso di alcuni prodotti e servizi sanitari è rilevante. Del resto pensando ai consumi sanitari e non alla spesa il 37,0% degli italiani dichiara che sono aumentati negli ultimi anni, il 56,7% che sono rimasti inalterati e solo il 6,3% che sono diminuiti. Più sanità soprattutto per chi può pagarsela.
Drammatiche liste di attesa
La crescita del ricorso al privato è ascrivibile ad una ragione fondamentale che prevale su tutto il resto: la lunghezza delle liste di attesa (72,6%). E' questa la ragione che più di ogni altra spiega perché i cittadini si rivolgono ad una struttura privata, seguono poi anche ragioni di comodità legate agli orari lunghi o all'apertura nel weekend o alla contrazione della matrice di prestazioni offerte nel servizio sanitario pubblico.
Sempre le liste di attesa spiegano il ricorso all'intramoenia da parte di 7 milioni di italiani in un anno. Se la ragione fondamentale è la lunghezza delle liste di attesa e quindi la volontà di accedere più velocemente alle prestazioni, tuttavia colpisce la quota di cittadini che esplicitamente dichiara che è stato il medico a consigliare il ricorso alla sanità a pagamento dentro le strutture pubbliche (22,9%).
Le prestazioni inutili
Gli italiani ammettono di ricevere prestazioni inutili ma sono contrari a sanzionare i medici che le prescrivono. Sono 5,4 milioni i cittadini che nell'ultimo anno hanno ricevuto prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici che si sono rivelati inutili. Tuttavia, oltre il 51,3% si dichiara contrario a sanzionare i medici che fanno prescrizioni inutili. Il decreto sull'appropriatezza, si legge, "incontra l'ostilità dei cittadini, che sostengono la piena autonomia decisionale del medico nello stabilire le terapie, anche come baluardo contro i tagli nel sistema pubblico".
Riguardo, in generale, al decreto anti prescrizioni inutili, che fissa le condizioni che rendono una prestazione sanitaria necessaria e dunque pagabile con ticket invece che per intero, il 64% degli italiani è contrario. di questi, il 50,7% perché ritiene che solo il medico può decidere se la prestazione è effettivamente necessaria e il 13,3% perché giudica che le leggi sono motivate solo dalla logica dei tagli. Prevale quindi la sfiducia nelle reali finalità dell'operazione appropriatezza, interpretato dagli italiani come "uno strumento per accelerare i tagli alla sanità e per trasferire sui cittadini il costo delle prestazioni".