Coronavirus
Green Pass, i nodi da sciogliere: scuola, mense e lavoro
Landini, invitiamo a vaccinarsi ma no a logiche punitive. I presidi chiedono 8mila assunzioni per le segreterie delle scuole
Ad affermarlo è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che in un'intervista a Repubblica critica le multe previste nel decreto per il personale scolastico che si presenti al lavoro privo di Green Pass e la norma che di fatto equipara le mense aziendali ai ristoranti.
"Mi domando se chi ha deciso questa regola sia stato negli ultimi tempi dentro una mensa aziendale", si è chiesto Landini. "Beh, dovrebbe andarci" perché "dopo i protocolli sulla sicurezza che abbiamo sottoscritto attraverso il distanziamento, l'uso delle mascherine, la sanificazione, lo smart working e diversi turni di lavoro, i luoghi di lavoro sono sicuri. Nessuno può sostenere che gli uffici o le fabbriche costituiscano oggi potenziali focolai per la diffusione del virus. Non deve passare il messaggio sbagliato che i vaccini e il Green Pass, pur fondamentali, da soli siano sufficienti a sconfiggere il virus. Non è così, purtroppo".
"Noi proponiamo una grande campagna di informazione e sensibilizzazione perché le persone si vaccinino", ha concluso Landini, "da tempo chiediamo di rafforzare e mettere in sicurezza il trasporto pubblico locale, le ferrovie regionali, di superare il sovraffollamento delle classi anche attraverso nuove assunzioni di personale docente. Invece rischia di rimanere tutto fermo allo scorso anno".
Speranza: 20 milioni di pass scaricati in tre giorni
"Venti milioni di green pass scaricati negli ultimi tre giorni. È un numero straordinario che dimostra la sensibilità e la partecipazione dei cittadini del nostro Paese alla lotta contro il Covid". Lo afferma Roberto Speranza, ministro della Salute, in un post su Facebook.
Presidi: servono ottomila nuovi segretari
Per gestire l'introduzione del Green pass nelle scuole serve un "plotone" di 8 mila nuovi segretari. Il rischio, altrimenti - avvertono i presidi - è che mentre si scarica sugli istituti un'altra mole di compiti, non ci sia il personale a gestirli, e che i dirigenti scolastici vengano schiacciati da una nuova mole di responsabilità, mettendoli a rischio burn out, ovvero esaurimento.
"Per i presidi che omettono il controllo ci sono sanzioni, e questo è normale. Noi siamo d'accordo con il Green pass ma chiediamo strumenti per i presidi: serve una unità di personale di segreteria in più in ogni scuola e serve una banca dati per consentire di conoscere chi non è in possesso del Green pass. Va fatto subito, altrimenti non è possibile garantire il controllo", dice il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.
Il rebus dei controlli divide i giuristi
Divide i giuristi l'attribuzione ai ristoratori - che ospitano clienti al chiuso - dei compiti di controllo del possesso del Green pass e dei documenti di identità della clientela.
Non ha dubbi Gianluigi Pellegrino, tra i più esperti legali di diritto amministrativo, che rientri nel pieno diritto dello Stato chiedere a ristoratori e titolari di esercizi aperti al pubblico di controllare i documenti sanitari e di identità dei clienti.
"È chiaro che non possono esercitare poteri coercitivi ma non per questo i ristoratori possono sottrarsi ad esercitare i controlli sul Green pass che oggi gli vengono richiesti: la loro attività libera e commerciale nel suo esercizio viene condizionata da questo fatto. Le loro autorizzazioni a vendere, ad esempio patatine, sono delle autorizzazioni amministrative che oggi hanno una condizione: possono vendere patatine solo a chi esibisce un documento che ha determinate caratteristiche".
Così Pellegrino sottolinea che rientra nel "consentito" da parte dello Stato chiedere agli esercenti di attività aperte al pubblico di controllare i certificati sanitari dei clienti e anche i documenti di identità. "I documenti di identità sono già richiesti negli alberghi, su certi mezzi di trasporto, per gli acquisti con carte di credito: insomma non è mica una novità", aggiunge Pellegrino. "Certo poi non è che gli esercenti possono verificarne l'autenticità o che non si tratti di un documento artefatto, di tutto questo non possono certo rispondere. Ma nei limiti dell'attività privata, e sostanzialmente come condizione dell'autorizzazione amministrativa che hanno nei vari settori, questo controllo lo Stato glielo può chiedere", assicura Pellegrino che non ha dubbi sul fatto che nessun giudice riterrebbe eccessiva questa norma.
Per il costituzionalista Michele Ainis, invece, delegare i controlli a soggetti non "titolati" è un altro indizio della "militarizzazione della società civile" e la crescente limitazione di spazi di libertà mette in circolo "pulsioni anti-statali". "Questa vicenda dei titolari di locali pubblici costretti a verificare i green pass e i documenti dei clienti, fa il paio con quella dei presidi che rischiano di pagare multe se anche loro non controllano che non ci sia del personale scolastico non vaccinato. Questo significa - ragiona Ainis - trasferire a dei soggetti privati, o anche a dei soggetti pubblici come sono i presidi e che però hanno funzioni diverse, dei compiti di polizia. Sono compiti di controllo, sostanzialmente di polizia". "La conseguenza - sottolinea Ainis - è quella di una sorta di militarizzazione della società civile, capisco che può sembrare una espressione forte però di questo si tratta".
Chi sono i "no Green Pass"
Parlano di "dittatura sanitaria" e sfilano al grido di "Norimberga Norimberga", alcuni indossando una stella di David con la scritta "non sono vaccinato". Sono pensionati, artigiani, lavoratori dipendenti, non tutti No-Vax, ma anche commercianti preoccupati dalle ricadute economiche.
È un popolo eterogeneo quello tornato a sfilare a Roma come a Milano, a Torino come a Firenze e Napoli, per dire no al green pass. Nel mirino un governo che, a loro dire, "frega le persone" e i giornali, contro cui ieri hanno sfogato la loro rabbia a suon di insulti. All'informazione tradizionale preferiscono il web, dove scovano qualunque documento sostenga le loro tesi, non importa quale sia la fonte, "perché noi che abbiamo deciso di prendere una direzione diversa dobbiamo imparare, leggere e ricercare", sostiene Simone, uno di quelli in prima linea.
È suo un video pubblicato oggi su Telegram: la app di messaggistica istantanea utilizzata finora solo per autoconvocarsi in piazza è diventata il mezzo per dotarsi di "strumenti utili e pratici per affrontare questo momento particolarmente difficile". Il nome del canale è "Liberi in piazza", ma ce ne sono tanti altri, tra cui 'Io aprò, che riunisce i locali della Romagna, una dozzina, contrari al green pass. Rispetto ai cortei e alle manifestazioni improvvisate, come quella che l'altra sera a Torino si è conclusa perché il palco allestito in piazza Castello è rimasto senza luce, il tutorial con i consigli per "difendersi dagli altri" sembra un salto di qualità nella strategia di un movimento dai modi fin qui spontanei. "Impareremo a conoscerci", dice nel video Simone, che parla in camicia bianca davanti a uno sfondo blu privo di loghi e simboli. Nove minuti durante i quali il termine vaccino viene sempre accompagnato dalla definizione di "terapia genica sperimentale" e chi lo ha fatto viene psicanalizzato senza essersi neppure sdraiato sul lettino.
Con oltre 34 milioni di italiani che hanno già completato il ciclo vaccinale, le piazze no Green Pass sono una minoranza che - sottolineano investigatori ed esperti che monitorano il movimento - non va comunque trascurata. Nè vanno sottovalutati i rischi di infiltrazione, le ingiurie, la rabbia e le minacce. Gli insulti e gli slogan sono rivolti soprattutto verso il governo, la struttura del commissario per l'emergenza e, sempre di più, gli organi di informazione: "giornalisti terroristi" urlavano ieri i manifestanti sfilati davanti alle redazioni di alcuni giornali.
Come a Torino, dove il corteo è arrivato sotto le finestre della Stampa e della Repubblica, o a Firenze, sotto la sede del quotidiano La Nazione. "Una folla rabbiosa che manifesta contro un organo di informazione è un pessimo segnale per la democrazia", scrive oggi il direttore della Stampa, Massimo Giannini. "È curioso - aggiunge - che le proteste siano rivolte proprio a noi che, essendo fermamente convinti della necessità dei vaccini e dell'obbligatorietà del Green Pass, abbiamo comunque avviato da giorni un dibattito alto e serio sul tema, chiamando a confrontarsi filosofi e scienziati, politologi e sociologi. È vergognoso, dunque, che l'ignoranza e l'intolleranza di questa gente si spinga fino a questo punto".
Un "chiaro tentativo di creare un clima di intolleranza nel Paese, attraverso l'intimidazione costante nei confronti di chi fa il proprio dovere", per Raffaele Lorusso, segretario della Federazione nazionale della stampa, secondo cui "è paradossale che chi scende in piazza per rivendicare una libertà che non esiste in Costituzione, perché stiamo parlando di una questione che attiene alla sanità pubblica, se la prenda con chi sta esercitando legittimamente la libertà di espressione, sancita dall'articolo 21 della Costituzione".
"I giornalisti non possono diventare bersagli", ammonisce l'Associazione stampa Toscana. "È una regola giustificata dalle autorizzazioni amministrative che hanno i pubblici esercenti, ognuno di loro svolge la sua attività nei vari settori grazie a delle autorizzazioni che possono avere delle condizioni in generale, purché siano condizioni proporzionali e ragionevoli e in questo caso credo che qualsiasi giudice direbbe che l'obbligo di controllare il Green pass è ragionevole e proporzionale. Mi sembra un onere giustificato. Chi svolge attività aperte al pubblico può essere sempre condizionato a degli oneri da rispettare purché siano ragionevoli, e in questo caso mi sembrano oneri ragionevoli", conclude Pellegrino.