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ITALIA

Dopo 5 mesi e mezzo di prigionia in Siria

Le due volontarie italiane rapite tornano a casa. Greta: scusate non volevo provocare dolore

Le cooperanti sono giunte nelle loro abitazioni a Gavirate e Verdello. Vanessa: "Felice di essere qui". Greta: "Non tornerò in Siria per ora, ma vanno aiutati". E sul riscatto il presidente del Copasir Stucchi: "Dodici milioni? È inverosimile" 

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La giornata si chiude con il ritorno di Greta Ramelli a casa. A Gavirate, in provincia di Varese, insieme ai genitori Antonella e Alessandro e al fratello Matteo. E con l'arrivo, salutato con un benvenuto appeso sulla porta, si chiude definitivamente il suo incubo e quello di Vanessa Marzullo, l'altra cooperante rapita insieme a lei il 31 luglio scorso nel nord della Siria, entrambe liberate dopo 5 mesi e mezzo di prigionia.

Greta: "Chiedo scusa"
''Chiedo scusa a tutti, non volevo provocare dolore'', ha detto ai giornalisti Greta, parlando brevemente fuori dalla sua casa. In buone condizioni di salute ha detto di essere ''felice'' di essere a casa. ''Per ora non voglio tornare in Siria perché la situazione laggiù è insostenibile" ha aggiunto. ''Bisogna continuare comunque ad aiutarli. Ringrazio la Farnesina''.

Vanessa a casa: "Felice di essere qui"
Poco prima era giunta a casa Vanessa a Verdello (Bergamo), a bordo di un'auto. Una volta scesa, è entrata in casa protetta dai familiari, dai numerosi giornalisti e cameramen presenti, senza rilasciare dichiarazioni. Vanessa si è poi affacciata alla porta per salutare i tanti giornalisti presenti. La ragazza, visibilmente stanca, ha fatto un gesto di saluto e si è limitata a dire "Sono felice di essere qui. Grazie". 

Il presidente del Copasir, Stucchi: 12 milioni di riscatto è inverosimile
Nessuna della due ragazze ha voluto parlare dell'ipotizzato pagamento di un riscatto. "Penso che su questo abbia già chiarito tutto Gentiloni. A noi non interessa", ha detto il fratello Matteo che era con Greta. Non ha dubbi l'onorevole Giacomo Stucchi (Lega Nord), presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, organo di controllo dei servizi segreti italiani: "Non è stato pagato un riscatto da 12 milioni di euro per la loro liberazione. Una cifra inverosimile, diffusa per destabilizzare l'opinione pubblica".

I presunti contatti tra le due ragazze e una rete in Siria
Da un'informativa del Ros, con conversazioni intercettate prima della partenza di Greta e Vanessa, emergerebbero i contatti tra le due cooperanti e una 'rete' di siriani che abitano in provincia di Bologna. Persone alle quali le ragazze si rivolsero prima del loro viaggio e che hanno attirato l'attenzione degli investigatori. Dalla documentazione, di cui ha dato notizia Il Fatto Quotidiano, si ricaverebbe che Greta e Vanessa sarebbero partite anche con l'intenzione di distribuire 'kit' di salvataggio destinati ai combattenti anti-Assad e "offrire supporto al Free Syrian Army".

Siriani in provincia di Bologna: non le aiutammo a partire
Una di queste telefonate riguarda una conversazione di Greta con Mohammed Yasser Nayeb, pizzaiolo di Anzola Emilia, comune tra Bologna e Modena. Una persona che, secondo le indagini, potrebbe aver aiutato le due in buona fede e che è in contatto con altri connazionali. È lui stesso a spiegare le circostanza: Greta lo chiamò in quanto presidente della comunità siriana in Emilia-Romagna, "così come ci chiamano tanti volontari per chiedere consigli, aiuti e partecipazione ai loro progetti". Ma Nayeb non fornì loro nessun aggancio in patria: "I contatti li avevano già, non li hanno chiesti a noi. Non volevano nessuna interferenza nella loro missione. Mi hanno detto che sapevano tutto quello che dovevano fare in Siria, punto per punto. Gli interessava solo l'associazione qui, sul territorio italiano". 
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