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MONDO

Il giorno dopo la liberazione

Greta e Vanessa ascoltate dai pm: "Mai minacciate di morte"

Le due ragazze hanno raccontato ai magistrati di non essere state particolarmente maltrattate durante il sequestro e di non aver subito abusi 

Greta e Vanessa
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Roma Sono provate da cinque mesi di prigionia, mesi "sicuramente difficili e critici", ma Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, liberate ieri, hanno raccontato ai magistrati della procura di Roma di non essere state particolarmente maltrattate durante il sequestro e di non aver subito abusi o violenze. Inoltre i loro rapitori non le hanno mai minacciate direttamente di morte. 

Cinque ore di colloquio con gli inquirenti
Le due ragazze sono state ascoltate in contemporanea per oltre cinque ore dai magistrati e dagli investigatori dei carabinieri e hanno riferito di aver avuto paura. I pubblici ministeri hanno preferito sentire entrambe le giovani insieme proprio per dare coraggio. "Abbiamo sofferto, ma non ci hanno fatto del male. Bastava la situazione".

Tenute in più posti
Greta e Vanessa hanno poi riferito che sono state tenute in varie prigioni nella zona a nord della Siria. Le due ragazze hanno anche sottolineato che i loro carcerieri erano sempre a volto coperto, che parlavano arabo e che le hanno trattate con durezza, anche dando poco da mangiare. Ma è la privazione della libertà e la lontananza da casa e dagli affetti ad aver pesato di più. I verbali delle due audizioni sono stati secretati.  

Tra le braccia delle famiglie
Ieri, lontano dalle telecamere Greta e Vanessa hanno abbracciato i genitori. Chiuse in una saletta di Ciampino - senza giornalisti, fotografi e cameran ad immortalarli - hanno incontrato le famiglie - per Vanessa i genitori e il fratello, per Greta anche il fratello e la fidanzata - e un paio di amiche anche loro cooperanti conosciute fin dalle scuole medie. Sembra che le famiglie siano arrivate in lieve ritardo perché i Marzullo, durante il tragitto verso Ciampino, hanno bucato una gomma. In una ricostruzione pubblicata sabato dal quotidiano "la Repubblica", incontrando i familiari, le ragazze avrebbero affermato: "Chiediamo scusa all'Italia". Intanto, da lontano le comunità dei loro paesi di origine si stringono intorno alle famiglie e festeggiano, il Comune di Brembate anche con un cartello luminoso in strada, poi pubblicato su Facebook. 




Il nodo del riscatto
Continuano intanto a rincorrersi conferme e smentite, anche tra gli stessi jihadisti, sul pagamento di un riscatto per la liberazione di Vanessa e Greta. Un account twitter riconducibile ai miliziani siriani del Fronte al-Nusra smentisce che il gruppo, legato ad al-Qaeda, abbia ricevuto denaro dall'Italia.  "Il motivo del loro arresto è che molti agenti dei servizi segreti occidentali entrano (in Siria, ndr) come operatori umanitari. Le due ragazze sono state prese e sono state interrogate. E poi sono state rilasciate", ha twittato Abu Khattab al-Shami, che si definisce un jihadista nella file di "al-Nusra di al-Qaeda del Jihad nella terra di al-Sham".Il governo italiano nega di avere pagato un riscatto per la liberazione delle due giovani. Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, invece, ieri ha parlato polemicamente di un versamento di 12 milioni di dollari. Sull’argomento ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito alla Camera e ha smentito ogni voce di pagamento di un riscatto: "Solo illazioni", ha detto il ministro.  
      
Il rapimento
Le due giovani erano state rapite il 31 luglio del 2014 nel nord della Siria, fra Aleppo e Idlib. In seguito, erano state cedute dai rapitori al fronte Al Nusra, il ramo siriano di al Qaeda. Il 31 dicembre era stato diffuso un video in cui le due ragazze, vestite con un chador nero, chiedevano aiuto dal governo italiano e dicevano di rischiare di essere uccise.
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