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POLITICA

Palazzo Madama

Jobs Act, discussione in Senato. Renzi: "Possono contestare, ma il paese lo cambiamo"

"Al Senato porteremo a casa il risultato oggi" il premier non arretra sul Jobs Act, sul quale l'Aula voterà la fiducia. Bagarre in Senato, il M5S contesta il Ministro Poletti e la seduta è sospesa. Il Governo: "La fiducia è sull'art.18". Civati: "Ma se la delega non cita l'articolo 18, come farà il governo a 'decretare' sull'art. 18?"

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"Al Senato porteremo a casa il risultato oggi, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: non molliamo di un centimetro e con tenacia raggiungeremo l'obiettivo". Non arretra il premier sul Jobs Act, sul quale oggi il Senato voterà la fiducia. Stamani è ripresa la discussione in Aula sul ddl delega e la seduta è stata sopesa per le poteste e le interruzioni dei senatori M5S durante la presentazione del Ministro Poletti del maxi-emendamento. Espulso dall'Aula il capogruppo del Movimento 5 Stelle Vito Petrocelli. Sulle tensioni e le contestazioni il Presidente del Consiglio Renzi, a margine di una visita alla squadra femminile di pallavolo ad Assago, commenta: "Possono contestare e fare polemica ma la verità vera è che questo paese lo cambiamo".

Nodo articolo 18
Nell’emendamento al Jobs act, il governo fa marcia indietro rispetto a quanto trapelato ieri dopo l'incontro con i sindacati e agli accordi con la minoranza del Partito democratico. 
Secondo fonti di palazzo Chigi infatti il voto di oggi sulla fiducia al Jobs Act riguarda evidentemente l'articolo 18. Contrariamente a quanto riportato da notizie di stampa, spiegano dal governo, la delega attribuisce all'esecutivo il dovere di superare l'attuale sistema e il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione. Che la delega sul lavoro riguardi l'articolo 18 lo si è spiegato per mesi ovunque, persino nelle
sedi di partito, affermano fonti di Palazzo Chigi. Chi vota la fiducia al testo vota la fiducia al presidente del Consiglio e al Governo, che sostengono la necessità di riformare l'intero mercato del lavoro, come è esplicitato nella delega. In quanto delega, sottolineano infine, non può che avere la portata definita dal testo normato.

La minoranza Dem
E mentre a Palazzo Madama si discute sul un maxi-emendamento interamente sostitutivo del provvedimento, alla notizia arriva la reazione della sinistra dem, con il deputato Pippo Civati che sul suo blog scrive: "Ma se la delega non cita l'articolo 18, come farà il governo a 'decretare' sull'art. 18? Prima di presentare emendamenti (che non emendano granché) e di mettere la fiducia su una legge delega vaga e imprecisa, varrebbe la pena di rileggersi l'articolo 76 della Costituzione (e magari anche l'articolo 77). E aggiunge: "La furbizia di non mettere in delega alcun riferimento all'articolo 18 per ottenere la fiducia comporta una banale conseguenza. Che in base a questa delega il governo non potrà legittimamente modificare l'articolo 18. E, se lo farà, chiunque potrà ricorrere alla Corte costituzionale e avere ragione, come dimostra una vasta giurisprudenza in questo senso". "Ma tanto -conclude il democratico- non è importante essere, importante è sembrare".

Il documento votato dalla direzione Pd
La sorpresa di Civati è dovuta all'accordo che era stato raggiunto in occasione della direzione del Pd e dopo l'incontro di ieri con le parti sociali. Dal pacchetto, otto pagine che ieri sera hanno avuto la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato e stamattina saranno depositate formalmente in Senato, era rimasto fuori ogni riferimento alle nuove regole sui licenziamenti e all’articolo 18.
La questione sarebbe dovuta rimanere confinata ad un semplice discorso del ministro del Lavoro Giuliano Poletti in Aula. Dichiarazioni spontanee, nessuna votazione a seguire. Nel documento votato nella direzione del Pd, il ministro si impegnava a mantenere il reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti disciplinari, quelli addebitati al comportamento del dipendente, che dovessero essere giudicati ingiustificati dalla magistratura. Ma solo in alcuni casi limite e comunque rimandando i dettagli al 2015, quando il Jobs act sarà stato approvato anche alla Camera e il governo scriverà i decreti attuativi. 
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