ITALIA
Si cerca compromesso per il vertice del 25
Migranti, strada in salita sulle quote. Viminale: perse le tracce di 50 mila
Mentre continuano gli sbarchi e negli scali ferroviari delle due principali italiane si rischia l'emergenza sanitaria, con casi di scabbia segnalati, l'Europa si avvia ad un passo indietro rendendo la redistribuzione dei migranti non più obbligatoria. Si cerca un compromesso per il vertice del 25 giugno
I dati del Viminale
I numeri, pubblicati dal Corriere della Sera, si basano sui dati relativi agli sbarchi degli ultimi due anni incrociati con le presenze registrate nello stesso periodo. Tenendo conto di chi non è stato identificato e di chi, nonostante abbia avuto un esito negativo della procedura è riuscito a sfuggire ai controlli.
Nel 2014 sono arrivate 170 mila persone e le richieste di asilo sono state 64.886. La media si è alzata nei primi mesi di quest’anno. In particolare a giugno gli sbarchi hanno registrato un’ulteriore impennata: alle 8 di venerdì 12 giugno risultano 56.813 arrivi, la media delle istanze è rimasta pressoché invariata. Tenendo conto che nei centri governativi e nelle diverse strutture ci sono 80.150 persone, e sommando anche la parte di chi si è visto respingere la domanda, il calcolo "per difetto" è di almeno 50 mila persone sfuggite senza lasciare traccia, non escludendo che possano essere anche 10 mila in più.
La Francia chiude i confini
Parigi ha deciso di sospendere il trattato di Schengen e di ripristinare i controlli ai confini per fermare l’esodo di immigrati sbarcati sulle coste italiane che da Ventimiglia cerca di raggiungere la Francia. Alcune decine di migranti hanno dato vita a un sit-in per protestare contro le politiche del governo francese nei confronti dei migranti arrivati nel nostro Paese e che vorrebbero ricongiungersi ai propri parenti in Francia e in Europa. Alcuni hanno dormito in stazione e stanno rifiutando acqua e cibo offerti dalla Croce Rossa.
Il vertice Ue del 25 giugno
Sul fronte politico l''attenzione ora è tutta puntata sul 25 giugno e le speranze sono riposte su Matteo Renzi e, soprattutto, su Angela Merkel. Nel pantano diplomatico nel quale sta annaspando il piano approvato dalla Commissione Ue per ridistribuire tra i ventotto i 40mila migranti sbarcati in Italia e Grecia, il summit di fine mese assume un ruolo cruciale.
Di fronte alle resistenze di numerosi Paesi rispetto all'obbligatorietà del meccanismo, la presidenza lettone del Consiglio europeo (che fino ad oggi non ha fatto il lavoro tecnico per far avanzare il dossier) mette sul tavolo della riunione dei ministri degli Interni di martedì, un invito a presentare proposte alternative sul meccanismo, "prendendo in considerazione le preoccupazioni emerse".
Le proposte
Si pensa a proposte "win-win", dove vincono sia gli Stati in prima linea, alle prese con l'emergenza, ma anche quelli che non vogliono perdere consenso politico nazionale, "facendosi imporre un nuovo diktat da Bruxelles". Ma l'esecutivo Ue si dice pronto "a difendere il suo piano fino all'ultima parola", obbligatorietà compresa.
Il presidente Jean Claude Juncker ammonisce: "Se la solidarietà europea ha una chance di manifestarsi con fermezza e generosità è sull'immigrazione". Non si parla di quote, afferma. "I governi devono ripartirsi in modo equo e solidale chi chiede protezione internazionale. Persone che non possono essere lasciate alle sole cure di Italia, Grecia, Spagna e Malta. E' un problema di ciascun europeo".
Una conta formale degli Stati sulla questione ancora non c'è stata e anche a Lussemburgo martedì non ci sarà (per questo si dovrà aspettare il summit di fine giugno), ma gli orientamenti sono già emersi nelle riunioni al livello di ambasciatori: "C'è forte divisione, moltissima polemica e tantissime domande sulla fattibilità pratica e legale", spiegano fonti diplomatiche. E come rivela lo stesso documento della presidenza lettone, al di là del nodo dell'obbligatorietà, si mettono in discussione "i parametri scelti per la ripartizione il numero delle persone da ricollocare, i fondi a disposizione, e la capacità delle strutture degli Stati". Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, che godono di regimi speciali, si sono chiamate fuori.
Molti Paesi sono arroccati sulle proprie posizioni, e a seconda dello schieramento di appartenenza, si propongono visioni diverse, in unrisiko psicologico.
Stando alle analisi che vengono fatte circolare dalle capitali nettamente contrarie al meccanismo obbligatorio, come Paesi baltici, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, ci sarebbero già i numeri per un blocco di minoranza. Dal fronte opposto si vedono i margini per una maggioranza qualificata. E non manca chi si lancia in ipotesi ultra-tecniche: "La maggioranza qualificata c'è se si utilizzano i criteri di calcolo previsti dal Trattato di Lisbona, non c'è se si fanno valere quelli di Nizza, in teoria utilizzabile fino al 2017". Altri ancora ritengono che un terzo di Paesi sia tuttora incerto sul da farsi, e per questo parlano "di una situazione molto fluida, di una partita molto complessa, ma ancora tutta da giocare".
Intanto c'è chi sottolinea ancora una volta il concetto di "solidarietà in cambio di responsabilità", facendo riferimento ai fotosegnalamenti e alla raccolta delle impronte digitali, così come previsto dal regolamento di Dublino. Per l'Italia la proposta della Commissione è "il minimo che può essere accettato". E se dovesse saltare la solidarietà, anche tutto il resto del pacchetto sarebbe da rivedere, hotspot compresi.