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POLITICA

Cernobbio

Conte: non siamo una banda di scriteriati. Non vogliamo le nazionalizzazioni

Il presidente del Consiglio alla platea del Forum Ambrosetti assicura: governo coeso

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"Non siamo per le nazionalizzazioni, non siamo per le privatizzazioni ma per una gestione efficiente delle risorse pubbliche". Lo dice il premier Giuseppe Conte a Cernobbio, parlando del crollo del ponte Morandi a Genova e della revoca della concessione. "Delle volte sarà necessario affidarsi ai privati - ha aggiunto - ma d'ora in poi consentiremo la remunerazione dell'investimento. Sappiamo cos'è il rischio di impresa e lo sconteremo ma sappiamo anche cosa significa depredare le risorse pubbliche e non lo consentiremo più".

Vedremo se ci sono gli estremi per revoca concessione
"Sono stato accusato - ha argomentato - di minare lo stato di diritto  perché avevo detto che di fronte a una catastrofe del genere, non vi  sto a dire quante segnalazioni sono arrivate al governo di ponti che  stavano cadendo, ho avviato procedura di revoca della concessione.  Sono stato definito un irresponsabile, uno che fa scappare gli  investitori dall'Italia. E' questo il capitalismo che vogliamo? Ci   saranno - ha aggiunto - tutte le garanzie di legge, non siamo fuori  dallo stato di diritto. La giustizia penale la fa la procura. Ci  confronteremo, sono arrivate le repliche, e poi decideremo con  fermezza e risolutezza. Discuteremo poi se ci sono gli estremi per arrivare alla revoca".

Governo coeso, non siamo una banda di scriteriati 
Poi Conte rassicura: il governo "è coeso, non siamo una banda di scriteriati". Davanti alla platea di imprenditori e manager del Forum Ambrosetti il premier respinge le ricostruzioni dei giornali su "discussioni, fibrillazioni" all'interno dell'esecutivo quando invece nelle riunioni di messa a punto dei provvedimenti "non ci sono grandi discussioni ma un franco dialogo". Il fatto di non essere una banda di scriteriati, prosegue Conte "lo dimostreremo anche con la manovra che stiamo varando". Il presidente del Consiglio ricorda che il Paese ha dei vincoli che ci derivano "dalla consapevolezza di avere ereditato il debito pubblico, vincoli che stanno nella capacita di convincere i risparmiatori ogni anno a sottoscrivere 400 miliardi di titoli da rinnovare". Conte quindi aggiunge: "Piu' alto è il debito, maggiori sono le risorse pubbliche che vanno sottratte alla spesa sociale e alle infrastrutture". Secondo il premier affrontare i problemi di povertà, equita sociale e produttività "tenendo conto del problema della sostenibilità del debito non ha nulla di rivoluzionario". 
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