ITALIA
Il ritratto
Primo Greganti, il "compagno G" di Mani Pulite in carcere 20anni dopo
Classe 1944, ex operaio della Fiat, Greganti entra nel Pci da giovanissimo arrivando sino alla segreteria della Federazione di Torino e alla collaborazione con la direzione nazionale. Identificato come il "compagno G", diventa famoso durante la stagione di Mani Pulite per la sua irremovibilità nel non collaborare con i magistrati
Nato nel 1944 a Jesi, in provincia di Ancona, Greganti è a Torino già a 14 anni dove lavora come operaio in casa Fiat. Ma la passione politica s’affaccia presto e prende le forme dei primi incarichi nel partito comunista che scalerà con il tempo fino alla segreteria della Federazione di Torino e alla collaborazione con la direzione nazionale, per poi seguire Occhetto nel progetto del Pds.
Il primo marzo 1993, il compagno G, viene arrestato in esecuzione di un ordine di custodia cautelare firmato dallo “storico” gip di Mani Pulite Italo Ghitti, su richiesta del pm Antonio Di Pietro, con l’accusa di corruzione, per aver ricevuto in Svizzera, tra il 1990 e il 1992, 621 milioni dal gruppo Ferruzzi per appalti Enel. Denaro che, secondo l'accusa, rappresentava la prima delle due quote riservate al Pci-Pds delle tangenti concordate con il sistema dei partiti (l’1,6 per cento sul valore delle commesse). A fotografare quella ripartizione di mazzette ai magistrati milanesi era stato Lorenzo Panzavolta, amministratore della Calcestruzzi di Ravenna, l’uomo che fece materialmente i versamenti estero su estero. In seguito, i versamenti accertati “lievitarono” a tre: 621 milioni depositati il 21 novembre 1990 sul conto “Gabbietta” intestato a Greganti alla Banca di Lugano; 525 milioni nel settembre 1992 sul conto 294469 alla Banca del Gottardo di Zurigo, sempre nella disponibilità di Greganti; 100 milioni consegnati personalmente nello stesso 1992 al compagno G.
Greganti negò sempre ogni addebito e continuò a ripetere che si trattavano di consulenze personali. Alla fine di un’inchiesta “contrastata” che vide gli inquirenti milanesi dividersi e scontrarsi sul capitolo Pci-Pds, il cassiere del Pci venne condannato a 3 anni e 7 mesi per finanziamento illecito al suo partito, pena successivamente patteggiata e ridotta a 3 anni e confermata dalla Corte di Cassazione nel marzo 2002, ulteriormente ridotta di sei mesi dopo che Greganti aveva già scontato in regime di carcerazione cautelare a San Vittore durante le indagini.
Il suo arresto fece presagire che anche il Pci avrebbe seguito il destino di Dc e Psi, schiacciati dalla scoperta del sistema di corruzione che avevano messo in piedi. Ma non andò così, anche grazie all’atteggiamento “granitico” di Greganti. L’arresto del compagno G parve infatti, a molti, il momento in cui sul banco degli imputati sarebbe finalmente finito anche il terzo grande partito della Prima Repubblica, il Pci, fino a quel momento rimasto fuori. Ma Greganti, in carcere, tenne duro e non ammise nulla. L’allora procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio scavalcò di fatto il pm Tiziana Parenti nelle indagini e concluse che Greganti, i soldi, se li era tenuti per sé, per comprarsi vari appartamenti. Così, il Pci-Pds nazionale uscì illeso anche in quella circostanza. Conclusione delle indagini che decisamente non piacque a democristiani e socialisti, che accusarono D’Ambrosio di benevolenza nei confronti dei comunisti con Tiziana Parenti che finì addirittura in parlamento con Forza Italia.
Il “compagno G”, dopo quegli anni turbolenti, è di fatto uscito di scena ed ha abbandonato la politica, pur mantenendo la tessera del partito, dedicandosi ad affari privati. Almeno sino a stamattina.