ITALIA
Parlamento
Vitalizi ai condannati, Grasso: "Non serve una legge per abolirli"
Il presidente del Senato replica a Mirabelli (Consulta): "Non sono un diritto legato all'indennità, è possibile revocarli". La Boldrini: "Inaccettabile continuare a erogarli a chi si è macchiato di reati gravi"
L'ex giudice della Consulta aveva parlato di "criticità costituzionali" e evidenziato un vulnus nella eventuale cessazione del trattamento previdenziale, che di fatto si configurerebbe come "la perdita di un diritto". Inoltre aveva espresso rilievi su possibili effetti retroattivi e sul fatto che non possa essere il Parlamento a stabilire una prassi senza passare da una nuova legge. Ma proprio su questo ha replicato Grasso parlando di un dubbio che "non è fondato" spiegando che l’abolizione dei vitalizi non sarebbe "una sanzione penale accessoria", quindi non c’è alcun "divieto di retroattività" di cui tener conto.
Ed anche la presidente della Camera Laura Boldrini ha espresso giudizi duri sulla concessione dei vitalizi ai condannati. "La mia posizione sui vitalizi agli ex parlamentari è chiara e nota da tempo - ha sottolineato -: ritengo personalmente inaccettabile che si continui ad erogarli a chi si è macchiato di reati gravi come mafia e corruzione"
Per la seconda carica dello Stato il parere di Mirabelli "non è fondato" perché la cessazione delle prestazioni non è una pena accessoria: la legge Severino "non ha previsto - sottolinea Grasso - una sanzione accessoria, ma una condizione per l'esercizio dell'elettorato passivo, in particolare una condizione di moralità, collegata alla condanna per determinati gravi reati. Se viene meno la condizione, il soggetto non può ricoprire la carica di parlamentare e cessa da ogni connesso diritto".
E a proposito della legge Severino, sottolinea Grasso che si tratta di un complesso normativo "che si fonda su una valutazione di indegnità a ricoprire cariche pubbliche degli autori di gravi delitti", l'entrata in vigore di questa disciplina "pone in capo ai due rami del Parlamento il dovere giuridico e morale di interrogarsi sulle ricadute che il nuovo regime di incandidabilità produce sull'ordinamento interno delle Camere. in particolare, alle modifiche che riguardano la normativa sui trattamenti previdenziali riconosciuti ai parlamentari cessati dal mandato".