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Coronavirus

Fase 2: Basta il 10% per le app di contact tracing, parola di Google

Il Ceo di Mountain View, Sundar Pichai: la piattaforma Google-Apple avrà un impatto positivo anche se scaricata da 10-15% degli utenti. Ma in Italia ci sono dubbi sulla bontà del progetto comune

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Il sistema di tracciamento del contagio da coronavirus "avrà un impatto positivo anche se solo il 10%-20% degli utenti lo userà. più saranno, meglio funzionerà".

A dirlo è il ceo di Alphabet, la casa madre di Google, Sundar Pichai, in una intervista all’edizione americana di Wired. Il sistema messo a punto insieme da Apple e Google, di per sé una notizia rilevante, sarà la base per lo sviluppo delle app contact tracing su cui stanno lavorando diversi governi del mondo.

Ed è quello su cui si basa l’app scelta dal governo italiano, Immuni. Apple e Google hanno consegnato la versione definitiva del loro progetto ai governi che ne hanno fatto richiesta e messo in pari i loro sistemi operativi (Android di Google e ios di Apple per far sì che gli smartphone di tutti i tipi possano utilizzarlo.

Google e Apple stavano lavorando separatamente ma poi – racconta ancora  Pichai - hanno capito che per funzionare bene c'era bisogno di un'integrazione. Sono stati gli stessi ceo, Sundar Pichai per Google e Tim Cook per Apple, a raccordarsi direttamente per stabilire le linee guida del progetto. E a quanto sembra ci sono delle possibilità che le due aziende collaborino in futuro anche su altri temi.

L'allarme dell'esperto di diritto informatico
Non è convinto della bontà del progetto il presidente di Anorc Professioni, Andrea Lisi, e del fatto che "da quanto si apprende", l'app Immuni scelta dal governo italiano "si appoggia totalmente su una infrastruttura sviluppata da Google e Apple".

Secondo l'esperto di diritto dell'Informatica, esiste il rischio che i due giganti possano potenzialmente disporre dei nostri dati, sia sanitari sia di geolocalizzazione, "e se potranno lo faranno", aggiunge.

Lisi è da sempre tra i più critici sull'adozione di Immuni e Anorc, l'associazione che presiede, l'11 maggio scorso ha posto al ministro per l'Innovazione, Paola Pisano, una serie di quesiti sull'app, ai quali il dicastero ha risposto direttamente sul sito ministeriale. "Risposte insufficienti e generiche", ha ribadito Lisi, perché "non corredate da documenti tecnici e contrattuali in grado di far comprendere la natura e il senso di questa complessa operazione".

"E' paradossale - conclude l'avvocato in un intervento l''Huffington Post - che si debba discutere di queste cose nel giorno in cui si festeggiano i due anni di operatività del Gdpr, il Regolamento europeo per la protezione dei dati. Se la normativa fosse presa come riferimento dal legislatore prima di compiere certe scelte, non staremo qui a parlare".


 
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