La lotta alla pandemia
Covid-19, ecco come funziona il vaccino Johnson&Johnson
Via libera dell'Ema per la commercializzazione del vaccino monodose contro il coronavirus prodotto da Johnson & Johnson. Si tratta del quarto siero anti Covid approvato in Europa dopo Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Il primo marzo era stato già approvato negli Usa, dove l'Fda aveva confermato "la sicurezza e l'efficacia della dose singola del vaccino contro il coronavirus di Johnson & Johnson, in particolare contro i casi gravi". Inoltre, già a luglio scorso, uno studio pubblicato su Nature rivelava che questo vaccino, basato su vettori derivati da adenovirus di serotipo 26 (Ad26), aveva indotto una "forte risposta immunitaria" come provato dagli anticorpi neutralizzanti, riuscendo a prevenire infezioni successive e proteggendo completamente o quasi completamente dal virus i polmoni di primati non umani (NHPs) nello studio pre-clinico. Era stato grazie a questi dati che era stato poi avviato un trial clinico su volontari sani negli Stati Uniti e in Belgio.
Si tratta di un vaccino che utilizza appunto un adenovirus, cioè un virus "del raffreddore" delle scimmie, inattivato, che serve per trasportare nell'organismo le informazioni genetiche utili a sviluppare la difesa contro le spike, ossia le "coroncine" che il virus utilizza per attaccare le cellule.
Lo scorso gennaio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati dello studio di fase 1/2a che hanno mostrato che, dopo una singola vaccinazione, gli anticorpi neutralizzanti contro COVID-19 sono stati rilevati in oltre il 90% dei partecipanti allo studio al 29 giorno e nel 100% dei partecipanti di eta' compresa tra i 18 e i 55 anni al 57 giorno.
Per quanto riguarda lo studio clinico di Fase 3 ENSEMBLE, disegnato per valutare l'efficacia e la sicurezza del candidato vaccino nel fornire protezione nelle forme da moderate a gravi già a 14 e 28 giorni dalla vaccinazione, è stata osservata l'insorgenza della protezione al quattordicesimo giorno.
Il siero della Johnson & Johnson è prodotto in diversi Paesi: parte dal New Jersey e arriva in Belgio, passando dall'Olanda e dall'Italia. Il quartier generale della multinazionale farmaceutica è a New Brunswick, nella piana industriale dello Stato del New Jersey, a meno di 80 chilometri da New York, ma e' tra Massachusetts e Europa che il vaccino è nato. Tre sono i luoghi chiave: il centro di ricerca Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, dove i ricercatori hanno lavorato in sinergia con quelli del centro vaccini Janssen Pharmaceutical di Beerse, in Belgio, e del Centro biologico Janssen di Leiden, in Olanda, a cinquanta chilometri da Amsterdam. In questo triangolo si sono concentrate le tre fasi obbligatorie di sperimentazioni del vaccino sui volontari. Ma la seconda fase, quella operativa, ha visto l'allargamento della rete di produzione. Per aumentare la produzione l'azienda americana ha stretto dal 2020 una partnership con la Catalent, che ha sede in New Jersey.
L'accordo prevede che una parte della produzione dei vaccini venga fatta in Usa e in Italia, nello stabilimento di Anagni della Catalent, in provincia di Frosinone. Un altro accordo, per la produzione quinquennale di vaccini, è stato siglato con la Emergent BioSolutions, i cui stabilimenti si trovano in Maryland. La società farmaceutica francese Sanofi ha inoltre offerto a J&J il proprio stabilimento di Marcy l'Etoile per la produzione del vaccino Janseen (controllata J&J) a un ritmo di 12 milioni di dosi al mese. Un quarto vaccino potrebbe arrivare a breve: Sanofi e GlaxoSmithKline hanno annunciato la sperimentazione su 720 adulti. Se la risposta sarà incoraggiante, le prime dosi potrebbero essere disponibili da ottobre.