ITALIA
La prima intervista da direttore generale
Rai, Dall'Orto: "Usciremo dalla dittatura degli ascolti. Porterò discontinuità culturale"
Il ruolo del servizio pubblico, la direzione dell'azienda, i contenuti, il futuro del talk show. "Ragionare prima sulla qualità del prodotto poi alla distribuzione, che non può più essere rappresentata solo dall'apparecchio televisivo" afferma il dg
"Quando parlo di discontinuità per la Rai - spiega nell'intervista al Foglio - parlo di un concetto semplice che riguarda in modo profondo questa azienda. L'impressione è che la Rai, e questo accade ormai da molti anni, sia costantemente due passi indietro rispetto alla velocità della società. La prima missione del direttore generale non può che essere questa".
Da broadcast a media company
"Dobbiamo trasformare la Rai da broadcast a media company. Dobbiamo portare avanti un grande progetto di digitalizzazione culturale dell'azienda Rai per permetterle di diventare un riferimento rispetto ai comportamenti e ai linguaggi contemporanei. Io vorrei rovesciare il ragionamento, focalizzando ancor di più l'attenzione al ruolo di editore pubblico che genera contenuto rilevante per poi valutare al meglio tutte le opportunità distributive che ormai non possono più essere rappresentate solo e soltanto dall'apparecchio distributivo: negli Usa per dire si ragiona prima pensando alla qualità del prodotto che si vuole poi alla distribuzione".
Verso un nuovo linguaggio
"La Rai deve trovare e sperimentare un nuovo linguaggio capace di essere al passo con i cambiamenti della società. Provo a spiegarlo mettendo in fila un po' di dati: Vice News oggi, in pochi anni dalla sua fondazione, vale due miliardi e mezzo di dollari. Periscope, di Twitter, a cinque mesi dal suo lancio, ha dieci milioni di utenti registrati in giro per il mondo. Netflix considerando anche gli utenti non solo americani ha superato i 65 milioni di abbonati. Buzzfeed ogni mese porta sulle sue pagine circa 108 milioni di utenti unici solo in America e circa 202 milioni a livello globale".
Serve discontinuità, penso ad una Rai pop
"Quello che deve cambiare prima di tutto è la mentalità di chi lavora nella nostra azienda, si tratta di una discontinuità culturale non tecnologica. Mi verrebbe da usare una parola forse abusata ma che sintetizza bene quello a cui mi sto riferendo: pop". Dall'Orto spiega che dal suo punto di vista "essere pop significa essere in sintonia con la contemporaneità. La Rai deve guardare anche al pubblico che ormai non la segue più. Si deve sperimentare un nuovo racconto popolare in cui non si ha paura di spiegare a chi guarda i nostri canali che i miti di un tempo non sono miti assoluti ma sono miti che vanno accostati a quelli più moderni".
Fuori dalla dittatura degli ascolti
"La Rai non è una televisione commerciale ma è un servizio pubblico e in nome di questo principio prendere qualche rischio con gli ascolti non è un opzione ma è parte della propria missione, quasi un dovere morale. Oggi questo concetto è in realtà ambiguo e non del tutto definito ma esiste un'occasione importante in cui il nuovo corso potrebbe essere certificato anche dal punto di vista formale". Il riferimento è ovviamente al rinnovo della convenzione tra Rai e Stato nel 2016.
Direttori e palinsesti
"Non c'è fretta - spiega Dall'Orto -non avverranno troppo in là ma ci saranno solo una volta messo a fuoco lo schema di gioco. Per il resto, per quanto riguarda i palinsesti mi sento come gli allenatori che arrivano a inizio stagione con una squadra messa in gioco da altri. Da qui a fine anno il Prime Time è tutto programmato e da qui alla prossima primavera anche il Day Time è già incardinato. Diciamo che tra marzo e maggio ci sarà lo spazio per cominciare a disegnare una Rai più simile a quella che immagino".