ITALIA
Pedofilia
"No a WhatsApp prima di 16 anni. Rispettare la direttiva europea"
Paolo Picchio, presidente della "Fondazione Carolina", chiede che i social rispettino la Direttiva Ue che vieta l'utilizzo di WhatsApp ai minori di 16 anni nell'ambito dell'Unione europea
La Fondazione è dedicata a Carolina Picchio, la ragazzina quattordicenne che si suicidò a Novara dopo essere stata vittima di cyberbullismo. Per la vergogna e l'avvilimento e per le offese ricevute sui social, la giovane decise di farla finita gettandosi dalla finestra di casa.
Quella di Lodi è "una storia terrificante che spaventa genitori e insegnanti. Eppure i media preferiscono soffermarsi sulle 'capacità di manipolazione del criminale', piuttosto che informare l'opinione pubblica sulle responsabilità e sulle violazioni che sottendono questo caso", ha osservato Ivano Zoppi, direttore della Fondazione. "A undici anni non si può stare su WhatsApp. Neppure a 13 - ha proseguito Zoppi -. L'età minima per frequentare la chat più diffusa a livello globale, per gli Stati dell'Unione europea, è pari a 16 anni" secondo la Direttiva europea.
Situazione in Italia
Rispetto ai social network, WhatsApp è considerato tale, l'Italia ha recepito il regolamento sulla Privacy - entrato in vigore il 19 settembre 2018 e conosciuto come GDPR- che stabilisce che il consenso al trattamento dei dati personali potrà essere espresso al compimento dei 14 anni considerandola l' 'età del consenso'. Il Garante della Privacy ha proposto di abbassare da 16 a 14 anni il limite d'età per l'iscrizione ai social network in linea con l'età prevista dalla legge italiana per l' 'imputabilità' (cioè quando un minore può essere accusato di un reato) ed in linea con la stessa legge 71/2017 ispirata e dedicata a Carolina (se a 14 anni si può chiedere in autonomia la rimozione di contenuti offensivi e contattare il Garante, di conseguenza ci si può iscrivere ad un social). Ciò non toglie che prima dei 14 anni è sempre necessario il consenso esplicito e l'autorizzazione di chi esercita la responsabilità genitoriale. Il problema è: come si verifica se c'è il consenso genitoriale?
Paolo Picchio, papà di Carolina sottolinea: "Cosa fanno i social network per rispettare questa direttiva? Cosa fanno i colossi del web per contrastare le false identità nel web?" evidenziando che "in una chat di gruppo, mentre si gioca su internet, all'interno di un social network, ogni ' amico on line ' dovrebbe corrispondere ad una persona reale, conosciuta e coetanea dei propri figli. Invece sono i genitori stessi ad iscrivere a priori i bambini sui social... 'così stanno buoni' ". La Fondazione Carolina mette a disposizione delle scuole la sua équipe interdisciplinare per garantire alle scuole un supporto nei casi più gravi di bullismo e cyberbullismo. "Ma tutto questo non basta - prosegue il direttore Zoppi - serve un patto di corresponsabilità, in cui nessuno si può sottrarre".
Il fronte delle indagini sul caso di Lodi
Il pedofilo di Lodi intanto resta in carcere. L'uomo, un 48enne, utilizzando in modo criminale WhatsApp e creando un falso profilo da bambina sotto le mentite spoglie di 'Giulia' ha abusato, terrorizzandole, per almeno tre anni di 3 bimbe tra gli 11 e i 13 anni. Gli inquirenti stanno svolgendo indagini tecniche sul materiale raccolto in casa dell'orco. Parrebbe che il pedofilo potrebbe aver fatto molte più vittime delle tre bambine che hanno svelato gli orribili ed angoscianti abusi e violenze. Il fatto che l'uomo soffrisse da tempo di disturbi psichici, pare che non sia direttamente collegabile con la sua condotta criminosa.
Gli inquirenti parlano di materiale pedopornografico molto vasto e servirà parecchio tempo per ricostruire esattamente quanti minori siano caduti nella sua rete virtuale. Soltanto alla fine delle indagini sarà instaurato il processo e giudicato con il rito immediato.