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Salute e privacy
Coronavirus, Singapore traccia contatti via app. In Italia ipotesi sul tavolo
La città-Stato registra le prime due morti a causa dell'epidemia: il Governo lancia un'applicativo ufficiale per tenere conto degli spostamenti. In Italia allo studio misure per il tracciamento, afferma Rezza (Iss): ipotesi concreta
Secondo l’ultimo bollettino ufficiale, diramato venerdì dalle autorità sanitarie, nella città-Stato sono 385 i casi di infezione.
L'app TraceTogether
Intanto, il Governo ha deciso di far ricorso alla tecnologia per tenere conto dei contagi con un’applicazione per il ‘contact tracing’. Singapore ha lanciato l’app per smartphone TraceTogether per tracciare i contatti degli utenti e consentire alle autorità di identificare quelli che sono stati esposti a persone infette da coronavirus e cercare di frenare la diffusione della malattia.
L'app registra lo scambio di segnali via Bluetooth tra altri telefoni, e rileva chi si trova in prossimità, entro i due metri di distanza. I dati vengono archiviate sullo stesso dispositivo tramite l'app, che è stata sviluppata dall’Agenzia per la tecnologia del Governo di Singapore (GovTech) e dal Ministero della salute.
Memorizzati sui dispositivi e crittografati, non sarà possibile accedere ad altre informazioni, come la geolocalizzazione dell’utente. In caso di necessità, saranno gli utenti a dover trasmettere i dati registrati dai loro smartphone alle autorità sanitarie, che non potrà accedervi autonomamente, recita una nota ufficiale.
L'opzione contact tracing
Nella strategia di Singapore nella lotta contro il virus non c’è solo il ‘contact tracing’ ma un mix di iniziative, dagli investigatori della polizia alle telecamere di sicurezza per rintracciare i sospetti portatori del virus.
L’uso della tecnologia per identificare, in forma anonima, gli spostamenti dei cittadini per mezzo degli smartphone viene utilizzata anche in Italia, come è stato reso noto in Lombardia. L’uso della tecnologia per tenere traccia dei movimenti con dati aggregati e non riconducibili a singoli utenti non viene escluso dalle Autorità per la privacy, purché rispettino i limiti di legge.
Tracciare in Italia? "Ipotesi concreta"
Tracciare da remoto i contatti dei positivi, ma anche dei positivi stessi, "è un'ipotesi sul tavolo, concreta, si sta vagliando la fattibilità ma se fosse possibile usare tecnologie innovative per contenere l'epidemia perché no".
Così Gianni Rezza, capo del dipartimento malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, conferma all'Agi che il progetto "modello Corea" va avanti, e non solo per la fase emergenziale: "Una volta che saremo riusciti a contenere il virus, bisognerà pensare anche al dopo, e un sistema da remoto così efficace potrebbe anche aiutarci ad alleggerire altre misure.
D'altra parte - ricorda Rezza - noi abbiamo due modelli: quello cinese, dove hanno messo in campo misure draconiane difficilmente replicabili da noi, e quello coreano, dove hanno deciso per meno chiusure ma appunto più controllo da remoto. Riuscendo ad appiattire la curva dei nuovi contagi".
L'aiuto della tecnologia
Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità incoraggia l’uso del ‘contact tracing’ - in questo caso tradizionale - fin dalla epidemia di Ebola in Africa, e nel 2017, spiegava perché è importante: "Osservare attentamente i contatti dopo l'esposizione a una persona infetta aiuta ad avere trattamenti e cure e impedisce un'ulteriore trasmissione del virus". Il processo di monitoraggio è suddiviso in 3 fasi: individuazione della persona a contatto con malati, individuazione dei suoi spostamenti e interazioni, follow-up. La speranza, per molti, è che la tecnologia possa aiutare ad accorciare questi passaggi e a rendere la risposta alla diffusione del virus più veloce.