SPORT
Cento anni fa
1915, la migliore gioventù al fronte: la Grande Guerra degli sportivi
Tra quelle centinaia di migliaia di giovani che andarono al fronte nel maggio 1915 c'erano anche campioni dello sport, come il pilota Tazio Nuvolari. Dario Ricci, autore di un libro sulle loro storie: "Alcuni, come lo schermidore Nedo Nadi, tornarono a vincere. Altri, come il canottiere Giuseppe Sinigaglia, persero la vita"
Roma
“In seguito mobilitazione per criteri opportunità sospendesi ogni gara”. Con questo telegramma di nove parole domenica 23 maggio 1915 la Federazione Italiana Giuoco Calcio comunicò alle squadre della Prima Categoria, l’equivalente dell’odierna Serie A, la decisione di fermare il campionato a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. I calciatori restarono negli spogliatoi e, come moltissimi altri sportivi, furono costretti a diventare i protagonisti di un gioco assai più grande e drammatico.
Carriere interrotte e sogni finiti nel cassetto
La Grande Guerra, con il suo carico di morte e disperazione, colpì anche il mondo dello sport. Carriere interrotte, sogni di gloria finiti nel cassetto, stelle affermate e giovani promesse che non fecero mai ritorno dalle trincee. Alle storie dei campioni italiani che parteciparono al conflitto è dedicato il libro “La migliore gioventù” (Infinito Edizioni), scritto dal giornalista Dario Ricci e dall’alpinista Daniele Nardi, che lo ha accompagnato in un viaggio della memoria sulle Dolomiti, sui luoghi del conflitto. “L’ingresso in guerra era ormai nell’aria, ma fu comunque un trauma – racconta Dario Ricci – Quando si interrompe l’attività sportiva vuol dire che gli eventi sono eccezionalmente seri”.
Ferrari mulattiere e Nuvolari pilota di ambulanze
Il giorno successivo, il 24 maggio, un’intera generazione si avviò al fronte. A indossare la divisa, in quegli anni, furono anche personaggi celebri anche oggi, a cento anni di distanza. “Enzo Ferrari trascorse sei mesi al fronte come maniscalco di muli – prosegue Dario Ricci – Tra l’altro, in seguito avrebbe mutuato il cavallino rampante dalla Prima guerra mondiale: gli sarebbe stato donato dai genitori del grande aviatore Francesco Baracca. Insieme a Ferrari avrebbe scritto la leggenda dell’automobilismo mondiale anche Tazio Nuvolari, che ricoprì il ruolo di conducente di ambulanze. C’è anche un aneddoto leggendario a proposito di un suo superiore che, vistolo alla guida, gli disse ‘Nuvolari, andiamoci piano. Secondo me lei con i motori non ci sa proprio fare’”. Superò indenne la guerra anche lo schermidore Nedo Nadi, che vinse 5 medaglie d’oro ad Anversa nel 1920 dopo aver già vinto un oro nell’Olimpiade del 1912 a Stoccolma.
Il grande canottiere che non poté mai andare alle Olimpiadi
Ad altri invece andò decisamente peggio. Fernando Altimani, prima medaglia olimpica della marcia azzurra con il suo bronzo a Stoccolma 1912, fu ferito all’anca destra: sopravvisse, ma non poté tornare alle gare. Il canottiere Giuseppe Sinigaglia invece non tornò mai a casa. “Ebbe un destino particolare perché non partecipò mai alle Olimpiadi, ma nel luglio 1914 fu vincitore dell’importantissima Diamond’s Sculls Cup sul Tamigi – racconta Dario Ricci - Venne premiato da alcuni membri della famiglia reale e il suo trofeo è ancora esposto alla Canottieri Como”.
Nell'esercito inglese due battaglioni di calciatori
Anche negli altri eserciti impegnati nel conflitto gli sportivi condivisero il destino dei loro coetanei. “Ci sono infinite storie – continua Dario Ricci - Nell’esercito inglese ci furono addirittura due battaglioni composti da calciatori e si ha testimonianza di almeno tre attacchi che vennero lanciati calciando un pallone verso le trincee nemiche al grido ‘andiamocelo a riprendere’, un’ambizione a cui spesso le mitragliatrici nemiche non permisero di dare seguito”.
Ritorno alla vita e allo sport
Terminata la guerra, le attività sportive ripresero piuttosto rapidamente, anche perché erano sinonimo di normalità, di ritorno alla quotidianità. Già nel 1919 a Parigi fu organizzata una sorta di Olimpiadi militari, i Giochi interalleati, che riunirono gli atleti militari di tutte le potenze vincitrici. Molti campioni ripresero la loro vita, spesso con percorsi sorprendenti. “Erminio Spalla prima del conflitto si divideva fra la passione per il pugilato e quella per la scultura – dice Dario Ricci - Quando tornò divenne anche campione europeo dei pesi massimi. Negli anni successivi sarebbe diventato anche cantante lirico, pittore e attore in una cinquantina di film diretti anche da registi importanti come Dino Risi e De Sica. È una storia straordinaria, un esempio di una persona che è riuscita ad attraversare la tempesta e a continuare la sua parabola”.
di Andrea Bettini
Carriere interrotte e sogni finiti nel cassetto
La Grande Guerra, con il suo carico di morte e disperazione, colpì anche il mondo dello sport. Carriere interrotte, sogni di gloria finiti nel cassetto, stelle affermate e giovani promesse che non fecero mai ritorno dalle trincee. Alle storie dei campioni italiani che parteciparono al conflitto è dedicato il libro “La migliore gioventù” (Infinito Edizioni), scritto dal giornalista Dario Ricci e dall’alpinista Daniele Nardi, che lo ha accompagnato in un viaggio della memoria sulle Dolomiti, sui luoghi del conflitto. “L’ingresso in guerra era ormai nell’aria, ma fu comunque un trauma – racconta Dario Ricci – Quando si interrompe l’attività sportiva vuol dire che gli eventi sono eccezionalmente seri”.
Ferrari mulattiere e Nuvolari pilota di ambulanze
Il giorno successivo, il 24 maggio, un’intera generazione si avviò al fronte. A indossare la divisa, in quegli anni, furono anche personaggi celebri anche oggi, a cento anni di distanza. “Enzo Ferrari trascorse sei mesi al fronte come maniscalco di muli – prosegue Dario Ricci – Tra l’altro, in seguito avrebbe mutuato il cavallino rampante dalla Prima guerra mondiale: gli sarebbe stato donato dai genitori del grande aviatore Francesco Baracca. Insieme a Ferrari avrebbe scritto la leggenda dell’automobilismo mondiale anche Tazio Nuvolari, che ricoprì il ruolo di conducente di ambulanze. C’è anche un aneddoto leggendario a proposito di un suo superiore che, vistolo alla guida, gli disse ‘Nuvolari, andiamoci piano. Secondo me lei con i motori non ci sa proprio fare’”. Superò indenne la guerra anche lo schermidore Nedo Nadi, che vinse 5 medaglie d’oro ad Anversa nel 1920 dopo aver già vinto un oro nell’Olimpiade del 1912 a Stoccolma.
Il grande canottiere che non poté mai andare alle Olimpiadi
Ad altri invece andò decisamente peggio. Fernando Altimani, prima medaglia olimpica della marcia azzurra con il suo bronzo a Stoccolma 1912, fu ferito all’anca destra: sopravvisse, ma non poté tornare alle gare. Il canottiere Giuseppe Sinigaglia invece non tornò mai a casa. “Ebbe un destino particolare perché non partecipò mai alle Olimpiadi, ma nel luglio 1914 fu vincitore dell’importantissima Diamond’s Sculls Cup sul Tamigi – racconta Dario Ricci - Venne premiato da alcuni membri della famiglia reale e il suo trofeo è ancora esposto alla Canottieri Como”.
Nell'esercito inglese due battaglioni di calciatori
Anche negli altri eserciti impegnati nel conflitto gli sportivi condivisero il destino dei loro coetanei. “Ci sono infinite storie – continua Dario Ricci - Nell’esercito inglese ci furono addirittura due battaglioni composti da calciatori e si ha testimonianza di almeno tre attacchi che vennero lanciati calciando un pallone verso le trincee nemiche al grido ‘andiamocelo a riprendere’, un’ambizione a cui spesso le mitragliatrici nemiche non permisero di dare seguito”.
Ritorno alla vita e allo sport
Terminata la guerra, le attività sportive ripresero piuttosto rapidamente, anche perché erano sinonimo di normalità, di ritorno alla quotidianità. Già nel 1919 a Parigi fu organizzata una sorta di Olimpiadi militari, i Giochi interalleati, che riunirono gli atleti militari di tutte le potenze vincitrici. Molti campioni ripresero la loro vita, spesso con percorsi sorprendenti. “Erminio Spalla prima del conflitto si divideva fra la passione per il pugilato e quella per la scultura – dice Dario Ricci - Quando tornò divenne anche campione europeo dei pesi massimi. Negli anni successivi sarebbe diventato anche cantante lirico, pittore e attore in una cinquantina di film diretti anche da registi importanti come Dino Risi e De Sica. È una storia straordinaria, un esempio di una persona che è riuscita ad attraversare la tempesta e a continuare la sua parabola”.