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ITALIA

La classifica dei Consulenti del Lavoro

Lavoro e retribuzioni, Bolzano la città dove si guadagna meglio. Ascoli Piceno maglia nera

La Provincia con più occupati è Bolzano (73%). Ultima in classifica, Reggio Calabria (37%). Roma è solo al 57esimo posto

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E' il Nord il posto migliore dove lavorare in Italia. Buste paga più pesanti e tassi di disoccupazione più bassi. Lo rileva l’Osservatorio Statistico dei consulenti del lavoro in un report presentato oggi a Napoli, nell’ultima giornata del congresso nazionale della categoria. In cima alla classifica c'è la città di Bolzano dove in media lo stipendio si aggira sui 1.476 euro mensili ed il tasso di persone occupate raggiunge il 72,7%. Seguono nella classifica stipendi Varese, Monza, Bologna e Lodi. In fondo alla classifica delle province dove si guadagna meno c'è a sorpresa Ascoli Piceno con 551 euro.

Anche sul fronte occupazione in testa c'è Bolzano (73%). Ultima in classifica, Reggio Calabria (37%). Roma è solo al 57esimo posto.

La classifica delle province in base alla retribuzione
Bolzano è la provincia italiana dove si guadagna in media di più con 1.476 euro mensili. Quella dove si guadagna meno è invece Ascoli Piceno con 551 euro: la busta paga del lavoratore marchigiano è inferiore di un terzo rispetto a quella del collega di Bolzano. Dopo Bolzano, le province con gli stipendi mensili più elevati sono Varese (1.471 euro), Monza e Brianza (1.456 euro), Como (1.449 euro), Verbano Cusio Ossola (1.434 euro), Bologna (1.424 euro) e Lodi (1.423 euro). La prima provincia del Mezzogiorno con la retribuzione media più elevata è L'Aquila (1.282 €), che si colloca al 55esimo posto della classifica.

Il divario tra uomini e donne
Quanto allo squilibrio tra tasso d'occupazione maschile e femminile, quest'ultimo è strettamente correlato allo sbilanciamento nella suddivisione del carico familiare tra donne e uomini. Nonostante la differenziata presenza sul territorio nazionale di strutture dedite ai servizi per l'infanzia, spesso non è conveniente per le mamme lavorare, perché il costo dei servizi sostitutivi per la cura dei bambini e per il lavoro domestico è decisamente elevato.

Il tasso d'occupazione femminile più alto si osserva nella provincia di Bologna dove due terzi delle donne sono occupate (66,5%), mentre quello piu' basso si registra a Barletta-Andria-Trani, dove lavorano meno di un quarto delle donne (24,1%). Tassi d'occupazione femminile superiori al 63% si registrano anche in altre tre province tra le quali Bolzano (66,4%), Arezzo (64,4%) e Forlì-Cesena (63,3%), mentre solo un quarto della popolazione femminile lavora a Napoli (25,5%), Foggia (25,6%) ed Agrigento (25,9%).

Il tasso di occupazione maschile è, ovviamente, più elevato: la provincia di Bolzano si colloca al vertice della classifica con piu' di tre quarti degli uomini occupati (78,9%), mentre a Reggio Calabria lavora meno della metà della popolazione maschile (44,5%), seguita da Vibo Valentia (48,1%), Palermo (48,8%) e Caserta (49,9%).

Il fenomeno dei Neet
La ricerca, nell'analizzare a fondo i dati sull'occupazione e sulla disoccupazione, fornisce un'analisi molto dettagliata anche sul fenomeno dei Neet: i giovani con un'età compresa fra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione.

Nel 2016 erano 2,2 milioni di unità (1,1 milione di donne e 1 milione di uomini) in diminuzione rispetto al 2015 di 135 mila unità (-5,7%), come risultante della flessione sia delle donne che si trovano in questa condizione (-49 mila unità, pari a -4%) sia degli uomini (-86 mila unità, pari a -7,6%).

La riduzione maggiore si registra nelle regioni del Nord (- 8,4%), rispetto a quelle del Centro (-5,9%) e del Mezzogiorno (-4,2%). Il tasso di Neet nel 2016 (24,2%) diminuisce di quasi un punto percentuale rispetto al 2015 (25,5%): il valore di questo indicatore nel Sud (34,0%) è superiore di 13 punti percentuali rispetto a quello del Centro (30,3%) e di 17 punti rispetto a quello del Nord (16,8%).

Il tasso di Neet più  elevato nel 2016 si registra nella provincia di Medio Campidano (46,2%) e quello piu' basso in quella di Bolzano (9,5%), con una differenza di oltre 36 punti percentuali. Il tasso di Neet è superiore al 40% nelle province di Cosenza (41,5%), Palermo (41,3%) e Catania (40%). Valori elevati di questo indicatore si osservano anche a Napoli (37,6%), al 10 posto fra le province con il tasso di Neet più elevato.

Il rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro anche attraverso un "indice sintetico di efficienza e di innovazione (Labour market efficiency and innovation index)" e stila una graduatoria delle province italiane in base al loro livello di competitività occupazionale, derivato da cinque indicatori che meglio rappresentano e spiegano la capacità del tessuto economico e sociale di produrre maggiore e migliore occupazione.

Al primo posto si colloca Bologna, che cresce di una posizione rispetto al 2015 pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori; segue Milano, che occupava la prima posizione nel 2015 e che presenta la quota più alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. Valori elevati anche nelle altre province lombarde: Lecco (3 posto), Monza e Brianza (4 posto), Lodi (9 posto), Como (10 posto), Pavia (11 posto), Cremona (18 posto) e Varese (20 posto).

Il gruppo con le peggiori performance (dall'89 al 110 posto) vede 5 province del Sud Italia: Agrigento, Barletta-Andria-Trani, Crotone, Medio Campidano e Caltanissetta. La provincia di Barletta-Andria-Trani (con il più elevato gender gap
nell'occupazione) è una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell'indice, insieme a Foggia, Taranto, Lecce e Brindisi. Nel gruppo anche tutte le province calabresi e due capoluoghi regionali: Napoli al 97 posto e Palermo al 100 posto (in compagnia della maggioranza delle province siciliane)

I dati Istat sulla disoccupazione
Negli ultimi anni sono molto le attività e le aziende che hanno chiuso i battenti cancellando migliaia di posti di lavoro. Secondo dati Istat - a gennaio - il tasso di disoccupazione nel nostro Paese si attesta all'11,9% con notevoli differenze tra nord e centro-sud. Dato che si evince anche dall'ultimo dossier realizzato dai Consulenti del lavoro, analizzando il tasso di occupazione delle diverse province.
 
Ascesa sociale, missione impossibile secondo l'indagine Censis
Secondo il Censis l'84,7% degli italiani ritiene che oggi sia difficile salire nella scala sociale (per il 52,2% è "molto" difficile). In particolare, è difficile per l'87,3% dei giovani (per il 52,5% è "molto" difficile), per l'85,7% dei baby boomers (per il 53,2% è "molto" difficile), per il 78,8% dei longevi (per il 49,5% è "molto" difficile). Siamo una società di persone convinte di avere sulla testa tetti insuperabili e sotto i piedi pavimenti friabili. Ritengono molto facile salire nella scala sociale quote residuali di giovani (solo il 12,7%) e di baby boomers (il 14,3%).

L'ascesa sociale è considerata difficile dall'83,5% delle persone appartenenti al ceto medio, dall'86,6% delle persone che si autocollocano nella classe lavoratrice e anche dal 71,4% dei più abbienti. Niente mobilità in alto e tanta paura di cadere in basso. E' questa l'origine dell'insicurezza diffusa che gli italiani provano a curare accumulando cash subito pronto: dal 2007 a oggi è aumentato di 133 miliardi di euro, pari al triplo del Pil di un Paese comunitario come la Croazia.

Gli italiani di oggi hanno alle spalle storie familiari di ascesa sociale. Tra le persone del ceto medio ben il 43,7% proviene da famiglie di livello socio-economico più basso: l'8,5% da famiglie popolari e il 35,2% da famiglie della classe lavoratrice. Per il restante 49,6% della classe media di oggi la famiglia di provenienza apparteneva già al ceto medio e solo il 6,4% proviene da famiglie abbienti. I benestanti attuali provengono per il 35,5% da famiglie del ceto medio e per il 22,6% da famiglie lavoratrici: un eloquente esempio di mobilità sociale verso l'alto. La mobilità sociale verso l'alto era il motore trainante della vitalità economica e sociale. Oggi il blocco verso l'alto e lo scivolo facile verso il basso generano inerzia da paura.
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