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ECONOMIA

Il caso

Salva Banche. Ecco la lettera dell'UE che impose la risoluzione

Alcuni lanci dall'agenzia Ansa svelano brani della lettera con cui i commissari Vestager e Hill bocciarono la linea morbida che avrebbe tutelato gli obbligazionisti giudicandola un aiuto di stato e imponendo, di fatto, il contestato salva-banche. Intanto oltre 40 parlamentari dem firmano per avviare un'inchiesta sugli ultimi 20 anni di vita del sistema bancario italiano

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Riteniamo non ci sia contraddizione tra le direttive" per la risoluzione delle banche e quella per la tutela dei depositi. cosi' la lettera dei commissari ue hill e vestager al ministro Padoan, secondo cui l'uso del fondo di garanzia dei depositi rientra nella materia degli aiuti di stato e fa scattare la risoluzione.
 "se uno stato membro opta per lo schema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca" allora "e' soggetto alle regole ue sugli aiuti di stato". quindi "se la valutazione porta a concludere che l'uso di questo schema e' aiuto di stato, scattera' la risoluzione della direttiva Brrd". Al contrario se e' "un puro intervento privato" non scatta la
risoluzione. Cosi', secondo l'agenzia Ansa, recita la lettera inviata dalla Commissione europea al Ministero dell'economia e delle Finanze, quella lettera con cui Bruxelles chiuse ad ogni soluzione diversa dal criticato salva-banche.
La missiva inviata a Roma da Margrethe Vestager e Jonathan Hill, commissari Ue alla Concorrenza e alla Stabilità finanziaria, bocciò in quanto "aiuto di stato" il salvataggio di Banca Etruria, Banca MArche, Cariferrara e Carichieti, con il Fondo interbancario di garanzia sui depositi.

La lettera
Il governo aveva pensato di far fronte ai dissesti di Banca Etruria, Banca Marche, e delle casse di risparmio di Chieti e di Ferrara senza ricorrere al Fondo di risoluzione di modello europeo, che implicava il colpo di forbice sul risparmio, come è invece poi avvenuto scatenanto le ire dei risparmiatori e aspre polemiche politiche. L'esecutivo aveva individuato la soluzione, che avrebbe tenuto in salvo gli obbligazionisti, nel Fondo interbancario di garanzia sui depositi. Uno strumento alimentato con 2,2 miliardi di contributi di 208 banche italiane, che serve come garanzia dei conti correnti e - secondo il governo - poteva essere usato per Etruria, Ferrara, Chieti e Banca Marche evitando a Bruxelles la contestazione di un aiuto di Stato. Si trattava infatti di risorse private. La speranza era che dunque non sarebbe stato necessario colpire i risparmiatori, cancellando le loro obbligazioni (peraltro già svalutatissime sul mercato). 

Dopo diverse contestazioni verbali da Bruxelles, di fatto su richiesta del governo italiano, arriva nero su bianco la spiegazione del perché questa soluzine non va bene. Una risposta che non avrebbe mai dovuto diventare oggetto di uno scontro politico alla luce del sole e che era solo l’atto finale di una lunga contesa sotterranea. Vestager e Hill, commissari Ue alla Concorrenza e alla Stabilità finanziaria ritengono che un atto di legge che obblighi il Fondo interbancario di garanzia a versare risorse nelle quattro banche produrrebbe comunque un aiuto di Stato: c’è intervento pubblico - pensano - perché lo Stato di fatto espropria risorse private e le dirige dove vuole. Nella lettera che accettano di inviare a Roma il 19 novembre i due commissari scrivono: "Nel caso venga usato un meccanismo di garanzia dei depositi e questo meccanismo venga riconosciuto come aiuto di Stato, la risoluzione delle banche scatta autonomamente in base alla direttiva Brrd (sulla ristrutturazione degli istituti, ndr)". 

Il salva-banche
L'alternativa dopo la bocciatura Ue è la "risoluzione" delle banche come è poi stata realizzata: le parti sane delle quattro aziende vengono separate e diventano nuove "banche-ponte", ricapitalizzate per 1,8 miliardi da parte del resto delle banche italiane attraverso il nuovo Fondo di risoluzione previsto dalle direttive europee. Alle parti malate vengono invece addossati i crediti in default, svalutati ad appena il 17,6% del valore teorico, e per coprire le perdite di questo disastro di malagestione e clientelismo servono 1,7 miliardi, sempre forniti dal resto del settore del credito attraverso il Fondo di risoluzione. In più, secondo le regole di questo meccanismo europeo, c'è azzeramento di tutte le azioni e di tutte le obbligazioni subordinate delle banche "risolte". 

La commissione d'inchiesta
"Il Pd vuole chiarezza assoluta, per salvaguardare i risparmiatori. Il sistema del credito è solido, vogliamo difenderlo, indagando sulle cose che non funzionano. Per questo abbiamo depositato un disegno di legge per istituire nel più breve tempo possibile una commissione d'inchiesta bicamerale sugli stati di crisi e di dissesto degli istituti bancari a partire dal 2000". Così il senatore del Pd Andrea Marcucci, presidente della commissione Cultura, primo firmatario del testo. "L'obiettivo della commissione - spiega Marcucci - è quella di valutare la condizione del sistema nel suo complesso e di verificare l'efficacia delle attività di vigilanza e controllo negli ultimi 15 anni, anche ai fini della prevenzione e della gestione delle crisi bancarie". La commissione, nelle intenzioni del Pd, avrà un anno di tempo, per concludere i propri lavori ed il suo Presidente verrà scelto dai presidenti delle Camere.
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