POLITICA
Roma
Caso Marino, Orfini: "Se ritira le dimissioni lo sfiduciamo"
Il commissario del Pd capitolino commenta la manifestazione di domenica in Campidoglio a sostegno del sindaco dimissionario e avverte: "I consiglieri sono tutti allineati"
commissario del Pd della capitale, guarda la piazza che ieri ha sostenuto il sindaco dimissionario Ignazio Marino ma non si fa impressionare. "Non mi è sembrata una rivolta popolare. Né mi sembra che Marino sia vissuto dalla città come un martire" dice Orfini a Repubblica. Da dove lancia anche un appello a Marino: "Spero che non ritiri le dimissioni. Che eviti questo tritacarne al suo partito e preferisca l'amore per la città. Altrimenti vorrà dire che lo sfiduceremo".
Ma Sel fa sapere, attraverso il capogruppo in Campidoglio, Gianluca Peciola: "Non voteremo mozioni di sfiducia" nei confronti del sindaco di Roma, Ignazio Marino, "insieme ai fascisti e alle persone che hanno distrutto Roma". Peciola lascia invece aperto uno spiraglio sulla possibilità di appoggiare il sindaco dimissionario qualora decidesse di andare avanti.
Orfini definisce ridicolo l'atteggiamento di chiamare a raccolta la piazza e charisce che il sostegno del Partito democratico è la condizione necessaria per andare avanti. Un sostegno che Marino non ha perché "al Campidoglio - sostiene Orfini - c'era un pugno di persone, Roma ha 2,5 milioni di abitanti". E aggiunge che la causa delle dimissioni non sono gli scontrini "ma per tutti gli altri errori".
Il sindaco 'marziano' intanto studia l'ultima mossa. E se il Pd gli è ormai contro, con tutti i consiglieri allineati e pronti a sfiduciarlo, minaccia senza più molti veli il ritiro delle dimissioni e il passaggio in Aula Giulio Cesare per il faccia a faccia finale con il suo partito. La palla ora passa ai dem in questo braccio di ferro con il sindaco dimissionario. Insomma Marino non sembra aver abbandonato l'idea di portare la crisi politica in consiglio comunale. Anzi. Il chirurgo dem rilancia, non ci sta quindi ad essere etichettato un sindaco "inefficiente" ma soprattutto non vuole finire minimamente accostato al calderone di Mafia Capitale. E se il Pd
non gli concederà una resa onorevole, l'onore delle armi su ciò che ha fatto in due anni e mezzo di governo, Marino è pronto ad usare l'assemblea capitolina come il palcoscenico del suo ultimo atto. Una scena che il chirurgo dem, a questo punto, pensa di interpretare nelle vesti di sindaco, quindi ritirando le dimissioni. Ma lì, tra gli scranni dell'Aula Giulio Cesare, ci sono i consiglieri dem pronti a dimettersi in massa.
Addirittura rumors parlano di un'ipotesi azzeramento giunta subito dopo il ritiro delle dimissioni: una mossa in extremis per spuntare un eventuale controffensiva del Pd. Di sicuro il Pd, fiaccato ed estenuato da questo braccio di ferro, vorrà allontanare a tutti i costi l'epilogo in Aula con annessa sfiducia del sindaco. Che da oggi inizia i suoi, forse, ultimi sette infuocati giorni da primo cittadino della capitale.
"È una storia finita". Matteo Orfini, il
Ma Sel fa sapere, attraverso il capogruppo in Campidoglio, Gianluca Peciola: "Non voteremo mozioni di sfiducia" nei confronti del sindaco di Roma, Ignazio Marino, "insieme ai fascisti e alle persone che hanno distrutto Roma". Peciola lascia invece aperto uno spiraglio sulla possibilità di appoggiare il sindaco dimissionario qualora decidesse di andare avanti.
Orfini definisce ridicolo l'atteggiamento di chiamare a raccolta la piazza e charisce che il sostegno del Partito democratico è la condizione necessaria per andare avanti. Un sostegno che Marino non ha perché "al Campidoglio - sostiene Orfini - c'era un pugno di persone, Roma ha 2,5 milioni di abitanti". E aggiunge che la causa delle dimissioni non sono gli scontrini "ma per tutti gli altri errori".
Il sindaco 'marziano' intanto studia l'ultima mossa. E se il Pd gli è ormai contro, con tutti i consiglieri allineati e pronti a sfiduciarlo, minaccia senza più molti veli il ritiro delle dimissioni e il passaggio in Aula Giulio Cesare per il faccia a faccia finale con il suo partito. La palla ora passa ai dem in questo braccio di ferro con il sindaco dimissionario. Insomma Marino non sembra aver abbandonato l'idea di portare la crisi politica in consiglio comunale. Anzi. Il chirurgo dem rilancia, non ci sta quindi ad essere etichettato un sindaco "inefficiente" ma soprattutto non vuole finire minimamente accostato al calderone di Mafia Capitale. E se il Pd
non gli concederà una resa onorevole, l'onore delle armi su ciò che ha fatto in due anni e mezzo di governo, Marino è pronto ad usare l'assemblea capitolina come il palcoscenico del suo ultimo atto. Una scena che il chirurgo dem, a questo punto, pensa di interpretare nelle vesti di sindaco, quindi ritirando le dimissioni. Ma lì, tra gli scranni dell'Aula Giulio Cesare, ci sono i consiglieri dem pronti a dimettersi in massa.
Addirittura rumors parlano di un'ipotesi azzeramento giunta subito dopo il ritiro delle dimissioni: una mossa in extremis per spuntare un eventuale controffensiva del Pd. Di sicuro il Pd, fiaccato ed estenuato da questo braccio di ferro, vorrà allontanare a tutti i costi l'epilogo in Aula con annessa sfiducia del sindaco. Che da oggi inizia i suoi, forse, ultimi sette infuocati giorni da primo cittadino della capitale.