MONDO
Scheda
Chi era la mente del male, Abdelhamid Abaaoud, capo del supercommando che ha seminato il terrore
La presunta "mente" degli attentati
L'uomo, presunta "mente" degli attentati, formalmente riconosciuto grazie alla comparazione delle tracce di campioni di DNA, era probabilmente coinvolto in almeno quattro dei sei attentati sventati dalla primavera scorsa in Francia: lo ha detto il ministro francese dell'Interno, Bernard Cazeneuve. Tra questi gli attentati falliti contro almeno una chiesa della regione di Parigi e quelli del Thalys.
Sulla scala del terrore, il jihadista Abaaoud figurava al top. Il belga di 28 anni guidava con tutta probabilità una cellula chestava preparando nuovi attacchi all'aeroporto Charles de Gaulle e nel quartiere d'affari parigino della Defense, secondo l'intelligence francese.
Il nome del marocchino di nazionalità belga cresciuto a Molenbeek, e conosciuto anche con gli alias Abu Omar al-Baljiki, Abu Omar Al Belgiki, Abd Al-Hamid Abaaoud e Abou Omar Soussi, ricorre nei fascicoli di molte delle inchieste per gli attentati degli ultimi anni in Belgio e Francia.
Emerge nell'attacco al museo ebraico di Bruxelles per i contatti avuti con l'autore Mehdi Nemmouche, è collegato ad un fallito attentato contro una chiesa di Villejuif, e viene fuori anche nell'attacco sventato al treno Thalys Amsterdam-Parigi, poiché Ayoub El-Khazzani era legato ad un gruppo a lui vicino.
Nel suo curriculum c'è anche una rapina commessa assieme a Salah Abdeslam, a Bruxelles, nel 2010.
L'anno scorso Abaaoud aveva convinto il fratello di soli 13 anni a seguirlo in Siria, facendolo diventare uno dei più giovani jihadisti al mondo, e qualche tempo dopo era apparso in un video postato su Youtube, alla guida di un pick up, mentre trascina alcuni corpi mutilati di 'infedeli' verso una fossa comune.
Il terrorista aveva fatto perdere le sue tracce in Grecia, nel gennaio 2015, dopo lo smantellamento della cellula belga di Verviers di cui era a capo. Lo ha raccontato lui stesso in un'intervista pubblicata su Dabiq (l'organo di propaganda del Califfato) in cui si faceva vanto di aver beffato la polizia belga, che dopo averlo fermato per un controllo, non riconoscendolo, lo aveva lasciato andare.
"Sono inseguito da molte agenzie di intelligence, ma non mi hanno preso. Il mio nome e la mia foto sono esposti in tutto il mondo, eppure sono riuscito a rimanere nella loro patria e a pianificare operazioni contro di loro e poi, quando è stato necessario, a riuscire ad lasciare il Paese". Questa volta, però, sembra che non sia andata così.