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ECONOMIA

Lo rileva uno studio di Confesercenti

La crisi del commercio non si arresta: 630 mila negozi sfitti, 1 su 4

Nei primi 8 mesi del 2015 sono scomparse circa 30 imprese commerciali al giorno. L'associazione propone, per agevolare nuove aperture, l'introduzione di canoni concordati e cedolare secca così come avviene per le abitazioni

Negozi chiusi (Ansa)
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La crisi morde ancora, soprattutto nel settore del commercio. Sono infatti oltre 627mila i negozi sfitti in tutta Italia, quasi uno su quattro e in alcune periferie si sfiora anche il 40%. E' quanto emerge da uno studio di Confesercenti in base alle rilevazioni effettuate dalle imprese di intermediazione immobiliare. "I consumi ripartono, seppure lentamente, ma la crisi del commercio non si arresta", osserva l'associazione.

Le strade sono sempre più deserte e meno sicure, denuncia il presidente di Confesercenti, Massimo Vivoli. Su quelle strade e su quelle vie prima c'era il regno dello shopping: oggi le saracinesche delle botteghe sono abbassate, questi sono i segnali della resa. Vivoli attribuisce la desertificazione commerciale alla crisi, ma anche alle liberalizzazioni e agli affitti sempre più elevati, soprattutto nelle aree di pregio. Nei primi otto mesi 2015 sono sparite così circa 30 imprese commerciali al giorno. L'associazione propone, per incoraggiare nuove aperture, l'introduzione di canoni concordati e cedolare secca, un sistema già previsto per le abitazioni e che potrebbe essere declinato anche per il commercio portando nell'arco di due anni alla nascita di circa 190mila negozi.

"Serve patto tra comemrcianti e proprietari di negozi"
Secondo il presidente, Massimo Vivoli, "serve patto tra commercianti e proprietari di negozi, amministrazioni comunali e Stato per rivitalizzare le città e favorire la nascita di nuove imprese". Per l'erario, l'associazione stima che sarebbe "un affare da 1,5 miliardi di euro" tra gettito Irpef, Tari e Irap pagate dalle imprese.
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