MONDO
Intervista al ministro degli Esteri
Migranti, Gentiloni: la strage del Tir ha convinto tutti, è un dramma Ue
Lo spiega in un'intervista a 'La Repubblica' Paolo Gentiloni che racconta come "nelle ore in cui si scopriva la tragedia ero a Vienna, per un vertice di Europa e Balcani. Bastava guardare in volto i colleghi per capirlo: siamo tutti coinvolti. Fino a poco tempo fa c'era l'idea che fosse solo un'emergenza italiana e greca. nelle ultime settimane si è diffusa la consapevolezza che il problema investe l'Europa intera".
Consapevolezza che per il ministro degli Esteri ha iniziato ad aprire gli occhi anche ai 'falchi' Ue: " "Negli ultimi due mesi la percezione è cambiata in modo significativo. Anche governi che avevano resistito al principio della distribuzione dei rifugiati, come quelli di Austria e Slovenia, stanno modificando le posizioni".
Il quotidiano ricorda però al ministro che restano ancora alcuni governi del tutto sordi alla crisi umanitaria, come la Polonia e l'Ungheria, solo per citarne alcuni. Gentiloni ne è consapevole ma allo stesso si agura "che cambino idea molto presto, che non siano necessarie emergenze sulla porta di casa loro, perché si rendano conto di ciò che è sotto gli occhi di tutti".
Per il titolare della Farnesina bisogna seguire la strada tracciata dal premier Matteo Renzi e dal cancelliere tedesco Angela Merkel: "La democrazia, la civiltà e l'economia europea non possono essere ostaggio di minoranze di destra, o dell'idea che chi cavalca la paura possa incassarne i dividendi elettorali. Ci sono tre passi molto semplici che l'Europa deve fare: 1) prendere consapevolezza del carattere permanente - per almeno 10/15 anni - e da certi punti di vista persino necessario delle migrazioni, che ovviamente vanno regolate. 2 ) lavorare sulle cause: a novembre ci sarà un vertice a Malta di Europa e Africa per mettere in pista
investimenti e progetti nei Paesi di transito e in quelli in crisi. 3 ) cambiare registro sulle regole e sulle politiche di accoglienza".
In particolare, ha ribadito nuovamente Gentiloni, "bisogna modificare norme concepite 25 anni fa (il Trattato di Dublino, ndr), introducendo gradualmente un concetto rivoluzionario: i migranti non entrano più in Italia, in Grecia, in Ungheria, o dove la geografia o la sorte li fannoarrivare, ma in Europa. E questo vuol dire che serve in prospettiva un diritto d'asilo europeo valido per tutti i Paesi. Dev'essere l'Unione a definire quali sono i Paesi cosiddetti sicuri, e quali invece quelli alla cui popolazione è garantita una tutela internazionale".
Partendo da questo principio, "per esempio, i rimpatri devono essere gestiti a livello europeo. E ovviamente che ci vuole equilibrio nella distribuzione dei rifugiati, senza il quale la maggior pressione potrebbe spostarsi dai Paesi di primo arrivo come Italia e Grecia ai Paesi dove il welfare è più generoso, come Svezia o Germania".
Parole che valgono per chi è già arrivato mentre per gestire i flussi migratori "Servono canali di immigrazione legale, perché l'Europa ha bisogno di alcuni tipi di manodopera. Serve soprattutto maggior determinazione nella lotta contro la barbarie degli schiavisti. In parallelo agli sforzi europei c'è un'escalation di infamia dei trafficanti, tanto che si moltiplicano le partenze dalle coste libiche con barche sempre più inaffidabili, incapaci di tenere il mare e con i più derelitti fra i derelitti rinchiusi nelle stive. Si è conclusa la fase 1 della missione Eunavfor Med, ora l'Ue avvii il dibattito sulla fasi seguenti", ha concluso Gentiloni.