ECONOMIA
Il parere dell'economista sulla crisi ellenica
Grecia, Salvatore Biasco: "Non credo che l'Europa abbia capito la lezione"
“Ci vorrebbe un’Europa più attenta alla crescita, alle ristrutturazioni, alle economie più deboli - dice il professore - Il referendum greco poteva essere un campanello d’allarme sulla disaffezione che sta montando per l’Unione europea. Ha prodotto un irrigidimento più che uno spavento. Io sono un po’ scettico su questa presa di coscienza"
Scongiurato il contagio (almeno per ora) cosa resta di tutta questa vicenda?
“L’accordo ancora non c’è, siamo tutti ottimisti, ma in Europa ci sono ancora molti falchi. Tsipras ha chiesto qualche rinvio per attuare le riforme in modo più soft. Certo questa nuova situazione riporta molta tranquillità nei mercati e nell’economia europea. Osservando, in questi giorni, l’andamento delle Borse e dei tassi di interesse, mi sono convinto che il mercato non abbia mai preso in seria considerazione un’uscita della Grecia dall’euro. Se questa ipotesi si fosse materializzata, i valori non sarebbero questi. Era noto anche a Obama che ci sarebbe stata, in caso di Grexit, una ripercussione internazionale, di un certo rilievo, che avrebbe riguardato tutti”.
Perché Obama era favorevole al fatto che la Grecia restasse nell’euro?
“Perché Obama, che è forse l’unico leader occidentale ad avere una visione sistemica, vedeva quanto questo evento avrebbe inciso sull’economia mondiale: quando una palla di neve comincia rotolare non si sa in quale valanga si possa trasformare. La rottura dell’euro poteva essere una conseguenza possibile, anche se non immediata. E la rottura dell’euro avrebbe amplificato quello che fu l’effetto Lheman Brothers nel mondo e non si sarebbe fermato ai Paesi più deboli e indebitati dell’Europa”.
La minaccia della Grexit, per il governo greco, non è un’ arma spuntata avendo Atene un’economia fragile e poco attrezzata che non le avrebbe permesso una vita economica “solitaria”?
“Questo penso che Tsipras l’abbia percepito. Immaginiamo una Grecia che esce con le banche che falliscono tutte quante, un’economia che si blocca e una moneta che va sostituita e necessariamente svalutata. L’economia greca importa quasi tutto, soprattutto sul piano energetico. Il quadro è quello di un’alta inflazione, con tutte le conseguenze sociali del caso, senza avere il sostegno dalla Banca centrale europea e dai Paesi partners, se non gli aiuti umanitari. Tsipras lo sapeva; per quanto avesse puntato in sede negoziale sulle conseguenze non certo indolori che la Grexit avrebbe avuto sugli altri stati europei. per lui sarebbe stata però una situazione difficilissima. Per questo, credo, abbia indetto il referendum”.
Ma il referendum non mette al riparo la Grecia da un’altra crisi? In Grecia gli armatori hanno agevolazioni fiscali, si pagano baby pensioni, le isole hanno vantaggi nell’Iva. L’Europa è diversa. Atene ce la può fare?
“Il dato sintetico che conta è il surplus primario, che consiste in entrate meno uscite statali, esclusi gli interessi. Fissato il livello del surplus primario (da cui si pagano gli interessi), come vengano distribuiti questi parametri dovrebbe essere un problema interno greco. Oggi che i creditori sono entrati nel merito delle questioni da lei citate, credo che Tsipras abbia dovuto accettarne i termini quale elemento di normalizzazione perché non aveva altra scelta per prendere il controllo dell’economia. Se la Grecia va messa su un piano di sostenibilità, c’è bisogno di qualche sforbiciata del debito. Sforbiciata sul debito o sull’allungamento delle scadenze, o interessi legati alla crescita si vedrà”.
Ora cosa può succedere alla Grecia o all’Europa?
“Ci vorrebbe un’Europa più attenta alla crescita, alle ristrutturazioni, alle economie più deboli. Il referendum greco poteva essere un campanello d’allarme sulla disaffezione che sta montando per l’Unione europea. Ha prodotto più un irrigidimento più che uno spavento. Io sono un po’ scettico sulla questa presa di coscienza. Se alla lunga l’Unione europea non capisce che deve governare la domanda effettiva, e, in generale, la macroeconomia dell’Unione, beh vuol dire che rimarrà con un approccio contabile che non porta una crescita, nel lungo periodo, e si ritroverà anche con una protesta popolare montante.