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ECONOMIA

La crisi greca

Grecia, il piano B di Varoufakis. Intervista al prof. Minenna

Una moneta fiscale per "mantenere l'ordine pubblico" e poi arrivare "quasi inevitabilmente" all'abbandono dell'euro. Marcello Minenna, docente di Finanza Matematica alla Bocconi, ci aiuta a capire quale era il piano Varoufakis-Galbraith

Marcello Minenna
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di Luca Gaballo Ci può spiegare in cosa consisteva il piano B di Varoufakis?
Dalle informazioni disponibili sembrerebbe che il piano B sviluppato da Varoufakis con l’aiuto di Galbraith fosse connesso ai crescenti problemi di liquidità della Grecia, derivanti dalla riduzione nella erogazione della liquidità di emergenza (la ELA) da parte della Banca Centrale, e dal rischio (poi verificatosi) di chiusura prolungata delle banche. La circolazione del denaro sarebbe stata garantita da una moneta parallela almeno inizialmente denominata in euro.

Come può funzionare una moneta parallela nel rispetto delle regole europee?
Con l’Euro i vari Stati hanno rinunciato alla sovranità monetaria ma non alla politica fiscale; una moneta fiscale potrebbe quindi teoricamente essere adottata per regolare i rapporti con l’erario.
Il piano Varoufakis-Galbraith interviene su questo punto consentendo ai residenti di trasformare in moneta fiscale le proprie disponibilità liquide bloccate nei conti correnti bancari da utilizzare per liquidare debiti verso l’erario o pagare propri debiti verso terzi i quali a loro volta utilizzeranno questa moneta per liquidare i propri debiti fiscali. Il meccanismo funziona ovviamente anche con i crediti fiscali; ad esempio se un’impresa ha un credito di 1.000 euro verso il fisco e un debito verso un suo fornitore per 200 euro, potrà pagare il fornitore con la moneta fiscale e quest’ultimo a sua volta utilizzare questa moneta per liquidare eventuali debiti verso il fisco; se poi il fornitore ha proprio 200 euro di debito verso il fisco si possono compensare le posizioni e terminare la triangolazione con un credito dell’impresa verso l’erario di soli 800 euro e l’estinzione delle altre posizioni.
È evidente quindi che una soluzione di moneta fiscale agevolando le transazioni finanziarie avrebbe permesso alla Grecia di bypassare in larga misura i problemi derivanti dal “blocco” del sistema bancario.

Mi sembra che l’ipotesi di base sia l’esistenza di un significativo ammontare di debiti e crediti verso il fisco. Corretto?
Certamente. La circolazione della moneta fiscale è tanto maggiore quanto più elevato è il livello delle posizioni debitorie/creditorie dei cittadini verso il fisco com’è appunto in Grecia: i debiti verso l’erario sono elevatissimi stante la difficoltà di riscuotere le tasse e il sistema bancario è stato ricapitalizzato per il 50% circa da crediti fiscali; in altri termini la moneta fiscale è stata già utilizzata per mantenere in piedi le banche ed evitare di aggredire i conti correnti dei depositanti. Per non parlare del problema dei debiti della Pubblica Amministrazione.
In più lo schema può funzionare anche relativamente a debiti/crediti fiscali futuri. In questo caso la moneta fiscale potrà circolare solo con opportuni incentivi, magari con uno sconto che tenga in debita considerazione i rischi ed il valore finanziario del tempo. In Grecia però lo sconto sarebbe tutt’altro che marginale, direi nell’ordine del 40% dato l’elevato spread sul debito pubblico.

Con quali strumenti Varoufakis contava di realizzare il suo Piano B?
In linea teorica sarebbe sufficiente l’informativa sui contribuenti che in Grecia fa capo al Segretariato Generale sulle entrate pubbliche. Però questa informativa sembrerebbe gestita da un software curato dalla Troika e quindi fuori dal controllo del Governo.

Su questo punto c’è stata però la smentita da parte del FMI, o sbaglio?
Non la definirei esattamente una smentita quanto piuttosto una precisazione dato che nel comunicato stampa si legge che “la Commissione e il Fondo monetario si limitano a fornire un'assistenza tecnica”, cioè esattamente il software di cui parlavo.

Ci può spiegare perché alcuni hanno collegato il piano B al ritorno alla dracma?
L’ operatività fiscale conseguente alla moneta parallela riporta la gestione dei flussi di liquidità sotto il controllo del Governo con una velocità tanto maggiore quanto maggiori sono le limitazioni all’accesso dei residenti ai propri conti correnti.
Ripreso, tramite la moneta fiscale, il controllo di buona parte della base monetaria in circolazione nel Paese, il Governo è nelle condizioni di abbandonare definitivamente l’Euro passando ad una nuova valuta in brevissimo tempo o come ha detto lo stesso Varoufakis che “at the drop of a hat”.
La Grecia con il blocco delle banche rappresenta quindi il Paese ideale per questo progetto-pilota il cui esito finale è però quasi inevitabilmente l’abbandono dell’euro.

La moneta parallela poteva essere anche un mezzo per uscire dalla crisi?
Al massimo per mantenere l’ordine pubblico, per uscire dalla crisi direi di no. Infatti, nel momento in cui si dovessero riaprire le banche e rimanere nell’euro, l’apparente duplicazione di ricchezza – generata ad esempio dalla possibilità di utilizzare il denaro bloccato sui conti correnti per effettuare dei pagamenti – svanirebbe. Allo stesso modo questa circolazione monetaria parallela nel rimpinguare le casse dello Stato ridurrebbe le disponibilità finanziarie dei residenti e quindi difficilmente potrebbe generare inflazione e ricchezza tramite i moltiplicatori fiscali a livelli tali da riportare sotto controllo il rapporto debito/PIL. In altri termini i problemi della Grecia, cioè PIL in picchiata e deflazione consolidata con le nefaste conseguenze sul debito, rimarrebbero tutti sul tappeto.

Ma quanto può durare un simile esperimento?
La moneta fiscale ha una sua liquidabilità solo nell’ambito dei pagamenti nazionali e non certo per i pagamenti verso l’estero come ad esempio quelli dovuti per il rimborso del pesante debito pubblico di circa 320 miliardi di euro, oltre il 180% del PIL.
Per i pagamenti verso l’estero, semplificando, si aprono due scenari: nel primo l’euro rimane l’unica unità di conto fino alla decisione di cambiare valuta mentre nel secondo scenario (direi meno probabile) i creditori esteri accettano la moneta fiscale ma evidentemente con uno sconto in grado di compensare i rischi impliciti del cambio di valuta e di possibili speculazioni. Speculazioni che potrebbero presentarsi anche nella vita di tutti i giorni con mercati neri in cui si scambierebbero euro con moneta fiscale a sconti tutt’altro che trasparenti.
Questa situazione precaria troverebbe un nuovo equilibrio nel momento in cui si dovesse stabilire una nuova unità valutaria ovvero, essendo il Paese uscito dalla crisi, il Governo fosse in grado di riassorbire completamente il sistema della moneta parallela.
Francamente resto dell’avviso che si dovrebbe ragionare diversamente e rivedere l’architettura dell’eurozona su tre livelli: una BCE che operi per azzerare lo spread tra i titoli di stato dei vari Paesi membri, trasferimenti fiscali per riequilibrare gli scompensi finanziari derivanti dall’introduzione dell’euro e quanto alla Grecia abbandonare gli indugi e dimezzare il debito pubblico greco attraverso una sua ristrutturazione a valori di mercato.
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