ECONOMIA
L'economista della Fondazione Istud, sul caso-Grecia.
Guandalini: "Salvare la Grecia? Per motivi politici"
“Sia che si raggiunga un accordo alle condizioni dei Greci, ovvero tagliando drasticamente il debito pubblico (vale a dire inchiodando nuovamente, per la terza volta, i creditori), sia che non si raggiunga un accordo e la Grecia dichiari fallimento, l’esito non cambia: i creditori non riavranno i loro quattrini".
“Qualcuno si ricorda i parametri quali sono? Ormai tenere la Grecia dentro l’Europa è un fatto simbolico. Importante. Ma simbolico. La Grecia è da molto che non è più tra di noi. La sua dipartita risale a molto tempo fa. Ora è un malato terminale che si tiene in vita artificialmente e si sta trovando la formula per non far vedere che qualcuno dei contraenti perde la faccia. Si va a consunzione. Il punto è non creare un precedente. Il fallimento e l’uscita della Grecia riaprirebbe i giochi dentro l’Unione. Il punto di equilibrio raggiunto in Europa è prezioso meglio non spostare delle pietre proprio ora”.
E per i creditori, che siano Stati o Istituzioni internazionali, cosa succede?
“Sia che si raggiunga un accordo alle condizioni dei Greci, ovvero tagliando drasticamente il debito pubblico (vale a dire inchiodando nuovamente, per la terza volta, i creditori), sia che non si raggiunga un accordo e la Grecia dichiari fallimento, l’esito non cambia: i creditori non riavranno i loro quattrini. Potranno riaverli solo se l’Europa deciderà, per motivi politici (per evitare che la Grecia diventi un satellite della Russia di Putin), di finanziare nuovamente Atene e di allungare la scadenza del debito, ovvero se l’Europa metterà i quattrini per rimborsare se stessa e il Fondo monetario internazionale. In tutti e tre i casi (e quartum non datur), il risultato non cambia. Per questo la questione greca è ormai, nella realtà, ininfluente essendo la Grecia, come suol dirsi, “una boccia persa”.
Eppure la Grecia , in questo frangente ha i riflettori puntati come una grande diva…
“E’ vero. Tsipras è sempre sorridente, anche quando Junker si fa negare al telefono o la delegazione del FMI abbandona le trattative. E’ straordinario come la Grecia e il suo leader siano capaci di mobilitare l’attenzione massiccia su di loro. E usano tutti i mezzi, appunto anche la mielina con Putin. E’ dai tempi della zarina Caterina che la Russia cerca uno sbocco nel Mediterraneo (ci provò, con la flotta dell’ammiraglio Orlof), chissà che non sia la volta buona, grazie alla micragnosità dei Tedeschi. E forse su questo aspetto geopolitico, più che economico, gli Stati Uniti avrebbero qualcosa da ridire. Hanno qualcosa da ridire, non a caso spingono perché si trovi una soluzione al più presto”.
A parte il turismo, quali sono i fondamentali dell'economia greca? Sembra una domanda banale, ma nessuno li sa.
“Probabile che tutta la partita che stiamo discutendo sia rimandata a settembre. Vi immaginate bloccare le banche con l’inizio della stagione turistica? Da folli. Perché oggi l’industria del turismo è la sola che funziona a pieno ritmo: non a caso gli operatori greci del settore hanno già puntato i piedi contro l’eventuale aumento dell’aliquota dell’Iva che vorrebbe imporre l’Unione. Stiamo al quadro economico attuale: la più grande industria greca era la pubblica amministrazione, entrata in crisi dal 2009. Troppa gente, stipendi garantiti, da sommare alla corruzione strisciante, all’evasione, alla pensioni elargite a go go. Mentre cantieristica, infrastrutture e carbone sono tutti settori fermi”.
Quindi, cosa deve fare Atene per galleggiare?
“Europa o non Europa la Grecia le riforme le deve fare, non può più permettersi di crogiolarsi dentro. Mi sembra che Tsipras sia cosciente. Il punto è quando farle e come. E’ qui che l’Europa spinge, chiede conto perché essendo mosse antipopolari si tende a rimandare, ma così difficilmente ci saranno orizzonti di auspicabile crescita”.
Il caso Grecia ha evidenziato delle falle nel sistema Europa, quali le più urgenti da sanare?
“La questione greca come la questione dei migranti svelano la domanda epocale: a cosa serve questa Europa? Domanda dal sapore antico che molti politici anche di rango e con responsabilità vanno ripetendo ma alla quale non riescono dare risposta. Non tolgo valore al ruolo comunque importante dell’Unione, da supplente dei singoli stati ‘giamburrasca’: non è tutto deleterio il fare di Bruxelles, i richiami europei a far le riforme, a far meglio, è un monito utile che serve a degli stati indisciplinati, incapaci di agire per il meglio, per il bene comune dei cittadini dei loro paesi (e dentro c’è anche l’Italia). Detto questo l’Europa non ha fatto quella autocritica necessaria sul versante delle ricette economiche da applicare. Il rigorismo di marca tedesca e nord europea ha dimostrato tutte le sue falle non solo sui problemi economici ma anche su quelli sociali. Ne sono un esempio l’avanzata di movimenti contro l’austerità come Podemos in Spagna o quelli contro l’immigrazione nelle recenti elezioni in Danimarca. L’Europa, quando dico Europa mi riferisco agli singoli paesi, ai leader politici, alle istituzioni come il Parlamento europeo, devono decidere cosa fare da grandi. Paradossalmente c’era più Europa quando non c’erano tutti questi vincoli di oggi, ma non è un’ottica giusta quella di reclamare i tempi andati, si stava meglio quando si stava peggio però di certo la statura del personale politico era di tutt’altro taglio”.
Atene può risalire la china senza dover pagare un prezzo troppo alto per la sua economia disastrata?
“Per la Grecia ci sarà un duro e inevitabile purgatorio, sia con le buone che con le cattive. Lo farà Tsipras, lo farà qualcun altro. Chi lo sa. E vero che le promesse elettorali del leader greco sono già svanite al sole. La sua è una battaglia di posizione. Per il minimo. Però fino a quando regge. E soprattutto può essere una strategia valida per far ripartire l’economia di un paese? La sfida è questa. Se conteggiamo tutti i miliardi andati in fumo nelle Borse per la crisi greca si poteva fare un megaprestito a fondo perduto con i fiocchi. Si vuole proseguire sulla china della agonia continua col rischio già presente di mettere una pietra tombale sul futuro. Il punto è il prezzo da pagare. La tensione sociale in un paese a pezzi è a mille: la troppa attenzione costante sul suo futuro fa si che l’Europa è condannata ad adottarne il destino. E probabile che la conclusione della storia sia questa”.